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Un'altro mondo a parte, il più devastante massacro di civili della storia recente dell'universo, raccontato in un film. Avrei dovuto vederlo due anni fa, questo film, e per qualche oscura ragione ne ero profondamente scettico: di solito i film sull'Africa sono lastricati di buone intenzioni, e di retorica. Tutt'altro: per quanto io non possa perdonare l'idealismo di un fronte o dell'altro (con il milite Nolte pronto a prestarsi per tutti, e a dire il vero il personaggio non ha - nonostante l'ottimo attore - una profondità interiore che sarebbe stata legittima ed espressiva), per quanto a tratti il personaggio di Paul sia calcato un pò troppo nel suo aplomb e nella sua utopia democratica e fraterna, il film è sinceramente bello, toccante, di grandissimo realismo umano e sociale. Un film che fa riflettere sulla necessità delle azioni di guerra, o delle cosiddette "missioni di pace", specialmente quando il dramma necessita anche di un simile e suggestivo apparato ideologico pronto a far fronte con il linguaggio più diretto degli eserciti. Un film che, per quanto "la gente dirà Mio Dio è orribile, e poi continuerà a cenare", come suggerisce Joaquim Phoenix, ha la rara capacità di filtrare nel dramma autentico un riflusso di coscienze nello spettatore. Sapete cosa significa vivere con il solo scopo di sopravvivere? O sperare di poter evitare la morte ancora per qualche giorno? Non è tutto a fuoco, in effetti il film di George è abbastanza carente nell'introspezione psicologica dei personaggi, un poco affettati: la coraggiosa eroina della Croce Rossa, il militare bonario e stoico, il dipendente traditore e votato ai piaceri ludici di se stesso, unicamente. Ma le pagine finali, con quell'orgia di morte che tempesta le foto dei bambini, e la predestinazione alla fine di un'incubo (un pò alla Schindler's list direi) fanno gelare il sangue e strappare un senso di indignato dolore che difficilmente si dimentica