Quella che doveva essere una manifestazione pacifica alla convention del partito democratico statunitense del 1968 si trasforma in una serie di scontri violenti con la polizia e la Guardia nazionale. Gli organizzatori delle proteste, tra cui Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Tom Hayden e Bobby Seale, vengono accusati di cospirazione e incitamento alla sommossa in uno dei processi più noti della storia americana.
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Aaron Sorkin è uno dei migliori sceneggiatori presenti ad Hollywood in questi ultimi anni, i titoli adattati per il grande schermo da lui si sprecano. Qui alla regia dimostra una volta per tutte di essere un autore universale, che predilige sì un certo tipo di scrittura, ma al tempo stesso è in grado di mettersi al servizio della storia (e, in questo caso, anche della Storia) e realizzare un'opera che possa essere pop, facilmente comprensibile, a volte perfino divertente, ma comunque densa di significato esattamente come quelle, ben più elitarie e snob, che l'hanno reso celebre e amatissimo dalla critica. Cast stellare che parla da solo
Un film candidamente "sorkiano": profluvio di battute, parole e gag senza soluzione di continuità per un film che è legal drama, resoconto storico e critica politica. Sorkin decide di essere politico fino in fondo (il film è dichiaratamente unilaterale, si schiera e lo fa con convinzione), ma più che optare per il dramma storico carico di pathos decide di stemperare il tutto in una sorta di commedia quasi macchiettistica. Vero, forse qua e la si storce il naso, ma se l'intento era quello di canzonare il potere, mostrarne le tendenze autoritarie e antidemocratiche e sferzare anche credenze consolidate, beh, allora il film è decisamente riuscito.
Processo a 7/8 dissidenti americani presi un po' a caso dalla folla di proteste per la guerra in Vietnam. Ne viene fuori un processo che rimarra' nella storia. Storia ahime' sconosciuta e che grazie al cinema vedo che ho sempre qualcosa di imparare. Un cast clamoroso dove spiccano i battibecchi tra Baron Cohen e Langella...valgono da soli l'oscar alla sceneggiatura. In generale un film scritto molto bene che conquista per tutta la sua lunga durata, non annoia mai e mostra il solito lato nascosto della giustizia americana. Grande intrattenimento in un misero spazio di un aula di tribunale.
Nulla di memorabile ma la storia (che non conoscevo) l'ho trovata piuttosto interessante e si è riusciti a raccontare un pezzo di storia americana in modo a volte anche ironico (grazie sopratutto a Sacha Baron Cohen) e mai noioso nonostante la durata non proprio "amichevole". Riuscito sotto molteplici aspetti e consigliato nel suo genere.
Piacevole legal movie principalmente ambientato nell'aula di un tribunale che parla di una vicenda decisamente sconosciuta al di fuori degli Stati Uniti. Sorkin, molto più bravo a sceneggiare che a dirigere, confeziona tutto a dovere, ma si perde alla fine più nella retorica che nei fatti storici. Molti bravi attori, che arrivano ad abbozzare i personaggi arrivando ad un finale abbastanza insoddisfacente (poche righe scritte su un paio di loro mi sembrano inadeguate rispetto allo scopo stesso del film)
Film didascalico che racconta una vicenda poco nota ma in qualche modo significativa della recente storia statunitense. Il tutto è strutturato nello stile di "legal movie", ovvero praticamente tutto girato in aula di tribunale. I tempi sono dettati dalle varie fasi di processo, deposizioni, interrogatori, obiezioni, ecc... Inclusi i vari stratagemmi di accusa e difesa per volgere a proprio favore il processo.
Tanti nomi, che non rimangono impressi, tante facce ma pochi caratteri che vengono a galla. Un buon racconto di un fatto storico, ma al livello di film può piacere principalmente agli amanti di questo genere.
Un progetto rimasto nel cassetto per anni, passato di mano in mano a diversi registi e poi portato finalmente sullo schermo dal suo stesso sceneggiatore, che dirige dietro la supervisione di un certo Steven Spielberg. Sorkin, che è un guru della sceneggiatura ed un regista che va sgrezzato, si ricorda la lezione giudiziaria di "Codice d'onore", uno dei suoi primi successi, ed infonde al racconto un grande ritmo di dialoghi e situazioni, alternando l'azione in aula ai flashback della manifestazione incriminata. La storia è per noi occidentali poco conosciuta e ci appartiene poco anche a livello socio-culturale, visto che tratta della sporca guerra americana del Vietnam; nonostante ciò la pellicola riesce a fare presa nello spettatore e non arretra di un millimetro neanche quando le cronache delle giornate d'aula si susseguono le une simili alle altre. Il tutto anche grazie ad un cast corale di rara efficacia dove alla fine nessuna figura prevarica sull'altra ( ma la parte migliore spetta ad un bravissimo Baron Cohen ). Qualcuno lo potrebbe trovare un pò prolisso ma è invece cinema di grande livello, uno dei migliori della stagione.
Splendido film del solito Sorkin, un mago nel rendere appassionante qualsiasi tipo di storia solo grazie alla sua capacità di scrittura. Peccato stia preferendo dirigersi da sé, ultimamente, perché come regista rende meno giustizia di altri alle dieci sceneggiature.
Ottimo il cast, con Cohen, Rylance e soprattutto Langella da spellarsi le mani.
La presentazione dei personaggi grazie ad un ritmo incalzante aiutato da una musica e un montaggio ben studiati. Una miriade di nomi però difficili da associare immediatamente nei dialoghi. Ma quando comincia il processo ci sono una serie di botta e risposta che ci cala perfettamente nella pellicola. Non vediamo la protesta di Chicago fino a metà film. Un processo politico ingiusto messo alla berlina con un film di denuncia perfetto per ricordarci che a volte la manipolazione della realtà è più subdola di quanto immaginiamo. Gli imputati sono tutti dalla stessa parte ma hanno tutti opinioni e modus operandi differenti. Il comportamento della polizia non può che far pensare ad un 2020 catastrofico riguardo il rapporto tra manifestanti e minoranze, quindi persone che non hanno la pericolosità dei criminali insita, ed una polizia troppo confident. Una serie di grandi attori si susseguono uno dietro l'altro per dare il proprio contributo alla riuscita del film. Sacha Baron Cohen con la sua vena ironica ma profonda riesce a far ridere ma allo stesso tempo riesce a fare una opposizione pacifica che ho molto amato. E' il secondo legal thriller di quest'anno dopo Il diritto di opporsi (anche se Richard Jewell potrebbe rientrarci appieno), ed ho trovato questo lavoro di Sorkin più ironico rispetto alla pellicola con Michael B. Jordan, ma allo stesso modo incisivo.
Nulla da eccepire dal punto di vista tecnico, il film è curatissimo nella ricostruzione storico scenografica e si avvale di belle intepretazioni. Il processo dei 7 di Chicago, anzi per un po' 8, ha il pregio di mostrare continuamente il contrasto tra ciò che si afferma durante il tribunale e la ricostruzione degli scontri. Quasi sempre non c'è corrispondenza fra le parole e gli eventi di quella sanguinosa convention. Le parole stesse nei loro significati sono interpretabili. Quando il processo ha una chiara matrice politica è ben chiaro come andrà a finire. Il richiamo inoltre ai periodi attuali è piuttosto evidente con un presidente in carica controverso ed una polizia che abusa del suo potere coercitivo. Cohen da applausi per la sua interpretazione, peccato le scivolate nella retorica che potevano essere risparmiate.
Ennesimo film che tratta di un segmento di storia americana poco nota. Realizzazzione didascalica e lineare ripetto alle vicende reali , non offre grandi spunti e colpi di scena , nonostante il grande cast tutti gli attori sembrano un pò bloccati dentro ai ruoli .. Si svolge poi quasi tutto all'interno di un tribunale ,quindi piacerà agli amanti del genere legal movie e ad una prima parte molto tecnica e fatta di termini giuridici se ne aggiuge una seconda che vorrebbe aumentare l'interesse con qualche mezzo colpo di coda ma poco si discosta dalla precedente ,quindi la noia è dietro l'angolo.