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Truce ed alietante protonico lungometraggio del maestro Fellini, il quale sin dalle prime inquadrature siderali ed osioalotiche impone con soave fierezza e pneutica parsimonia gli accidenti pigmentari della sua poietica retorica cinematografica, ferente il "corpus dominans" dell'opera stessa, estremamente compre(s)sa e contenuta nell'edonica, e alle volte tragodiuca, nella diatesi realismo/eidolia ( tema infinitamente ricorrente nella umquamente terminata ricerca della verità eterea ed eccelsa) del cinema, inteso come (dis)ordine finalisticamente organizzato e specivisalmente ritraibile delle parti di un insieme crupsico, celato al disadorno occhio umano, ancora in via di ingresso e degresso.E' un film piacevole, spesso anche sobriamente triclinico, ma, e questo è il "signum" di fondo della pellicola, assolutamente drammatico, non perchè sia già l'affermazione abeastratta dell'organica e quasi irrisoria crisi umana esistenziale, ma, altresì, perchè porreante il fabliostico e romantico " mondo dei sogni", che letteralmente si infrange, subisce una "vews phthonia" a tratti irreversibile nel lugubre, però, più profondamente, fiusicomo ed uparchico luogo terreno, che ( e ciò appare visibile con la graziosa apparizione della sensibile ed addolorata meretrice Cabiria), viene a manifestarsi come l'unica e sola "fable" non immortale, ma pregievolmente meisoica ed idiosincratica: la vita.La descrizione panegirica dell'idolico "Sceicco bianco" ( un'empiepersonale parascmesi del successivo e ben più opsoanalettico Richard Basehart de "La strada") è la massima trasposizione profetica citraformica del percorso immaginificativo della moglie che, ovviamente, non può che proseguire ad una transgressione ( in maniera temnica, eschemata nella virtù morale del marito) in volontà adpersonatica della propria esistenza, vaniscente, una volta compiuto il naufragio, sulla riva del mare ( dove, fra l'altro, avviene anche quella che il medesimo regista descriveva "giostra circense della vita").Come disse l'artista italiano più callistoleuco dello scorso secolo: "Il visionario è il vero realista".