Dal romanzo On the Beach di Nevil Shute: in un mondo in gran parte devastato da un conflitto atomico i pochi sopravvissuti in una zona dell'emisfero australe attendono la fine.
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Dopo mezz'ora pensavo tra me e me "ma quando parte questo film?", per poi scoprire dopo oltre due ore che non parte mai. Da una trama così mi aspettavo molta più suspense, la quale manca totalmente: tanta noia e assenza di evoluzione della trama, personaggi poco interessanti.
Un buco nell'acqua per Kramer, regista che solitamente apprezzo. Un grande cast non basta.
Una storia drammatica che procede a rlento, soprattutto nella seconda metà, dove si racconta, sostanzialmente, le aspettative di morte di una nazione, unica ancora vivibile in un mondo contaminato dalle radiazioni di una guerra nucleare globale. Si nota la critica socio-politica e il messaggio pacifista messi in evidenza, ma nel complesso il film non racconta nulla di veramente emozionante, nonostante un cast di nome a disposizione. Ritmo lento e durata eccessivamente dilatata ne fanno una visione appena sufficiente, checchè ne dica la critica benevola dell'epoca.
Un dramma che va catalogato in un filone post-apocalittico da guerra fredda molto presente nella cultura anni '60 americana, del quale il Cinema si è occupato spesso con pellicole ad esempio come "A prova di errore" e "il Dottor Stranamore", veri e propri capolavori senza tempo. L'opera di Kramer riprende i fantasmi del disastro nucleare collegandoli ad immagini inquietanti di un pianeta ormai diretto al collasso ( la San Francisco deserta vista dal periscopio del sottomarino fa un certo effetto ) ma in realtà non va oltre un piccolo bozzetto di umanità impaurita che attende la propria ora nei modi più disparati, amandosi o disperandosi a seconda dei casi. Il cast si impegna ed è credibile nei propri tormenti interiori tuttavia la staticità di un'azione a tratti addirittura stagnante e la durata impegnativa hanno un peso ( negativo ) non indifferente sulla visione.
Un film che, se condotto con mano diversa, sarebbe potuto essere all'altezza del Lumetiano "A prova di errore". Di spunti ce ne sono parecchi, ma il registro è troppo incostante e una musica spesso fuori luogo "ammazza" la suspense e il dramma
vedi, ad esempio, quella durante la scena del suicidio di Fred Astaire
. Cast di grandi nomi, messaggio forte e angoscia latente ma, una volta finito, il film lascia in bocca l'amaro sapore delle occasioni mancate. Nettamente migliore il romanzo omonimo.
Film terribilmente angosciante che rimane il punto di forza dell'intera pellicola considerando il soggetto, grazie anche alla splendida fotografia.... però in quel periodo Hollywood veniva quasi sempre catturata dal melodramma e dall'eccessivo sentimentalismo che, in questo caso, si presenta veramente deleterio alla riuscita definitiva del film. Troppa importanza al mega cast anche se Peck è immenso e Ava una gnocca irripetibile.... Rimane cmq uno degli esempi più interessanti del filone dei post-atomici, merita la visione.
L'unico difetto che ho trovato in questo film è l'eccesso di grandi divi che tolgono un po' di spontaneità alla recitazione. L'ho visto quaranta anni fa e l'ho rivisto anche oggi provando le stesse angosce. Alcune scene sono rimaste nella storia del cinema come l'uomo che decide di restare a pescare sul molo aspettando la morte, la delusione di chi sperava di aver trovato un telegrafista e invece trova un filo della tapparella legato al tasto. Forse bisogna aver vissuto il terrore atomico di quei tempi per apprezzarlo. La fotografia poi è splendida.
Poteva essere un gran film, il cast era perfetto. Con qualche accortezza in più, con meno scene inutili e con più energia nelle sequenze importanti si poteva raggiungere un punto fermo. Così com'è rimane un'idea campata in aria, anche se tremendamente triste, che non convince affatto. C'è da ammettere che non era comunque facile portare sullo schermo questo tipo di pellicola. Dramma finale.
Film riuscito solo in parte, in cui si è cercato di appiccicare in modo artificioso le vicende personali e sentimentali dei personaggi allo scenario postatomico. Il lato melodrammatico, infatti, è abbastanza banale e riflette poco l'angoscia e il fatalismo che invece quella situazione avrebbe richiesto. Alla fine è come se il regista , o chi per lui, non avesse avuto niente da dire, limitandosi al solito sterile messaggio antimilitarista. Peccato per il bel cast sprecato. E' comunque un film coraggioso, anche se innocuo, da apprezzare perchè è un film di fantascienza che non ricorre alla fantascienza.
C'è qualcosa che non convince fino in fondo in questo adattamento hollywoodiano (quindi inutilmente patinato) del romanzo di Shute (tra i più angoscianti della letteratura post-moderna). Del buon cast si salva solo Peck: ma qua e là resta un senso di perdita, di annientamento, di dolore che prevale nell'originale. Tanto ridondante esotismo, però, mi sembra fuori luogo