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C'è una solitudine devastante in questo film di Araki. Le sei figure del film vagano in una Los Angeles che non offre orizzonti ma esistenze che solo l'aiuto reciproco mantengono un fragile equilibrio, che una volta spezzato li rende vulnerabili di fronte ad una società che a malapena li sopporta. L'omosessualità estremizza appunto questa debolezza, in quanto prede più facili per bigottismo, razzismo e ghettizzazione. Stilisticamente interessante questo lavoro di Araki, un misto di ripresa tradizionale ed amatoriale, quest'ultimo in particolare ci aiuta a capire meglio i personaggi ed osservarli nel loro quotidiano. Una realtà marginalizzata che funge in una certa misura da detonatore per il successivo Doom Generation, che considero una continuazione più estrema di questo film.