tutti lo chiamano ali' - la paura mangia l'anima regia di Rainer Werner Fassbinder Germania 1973
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tutti lo chiamano ali' - la paura mangia l'anima (1973)

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locandina del film TUTTI LO CHIAMANO ALI' - LA PAURA MANGIA L'ANIMA

Titolo Originale: ANGST ESSEN SEELE AUF

RegiaRainer Werner Fassbinder

InterpretiIrm Hermann, Brigitte Mira, El Hedi Ben Salem

Durata: h 1.33
NazionalitàGermania 1973
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 1973

•  Altri film di Rainer Werner Fassbinder

Trama del film Tutti lo chiamano ali' - la paura mangia l'anima

Emmi, donna delle pulizie vedova e cinquantenne si innamora del marocchino Alì di vent'anni più giovane di lei e lo sposa. La sua decisione getta nello scompiglio i figli e i suoi colleghi di lavoro.

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Voto Visitatori:   8,12 / 10 (17 voti)8,12Grafico
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Voti e commenti su Tutti lo chiamano ali' - la paura mangia l'anima, 17 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Filman  @  19/03/2023 18:54:24
   8 / 10
Molto didascalico, romanzato e fruibile veramente a tutti, ma non per questo meno potente: ANGST ESSEN SEELE AUF (La Paura Mangia l'Anima) è un film su una Germania colpita dal fenomeno migratorio e ancora legata ad un bigottismo e ad un razzismo mai cancellato ma soltanto ingabbiato, ufficialmente assente ma solo in pubblico. Rainer Werner Fassbinder immortala il suo spazio di mondo triste e malinconico testimoniando la forza dell'amore degli esseri umani ma anche l'odio malsano di una società che vuole il male del suo vicino, finché esso non diventa sconveniente.

Italo Disco  @  12/12/2021 20:56:50
   10 / 10
Remake di SECONDO AMORE. Toccante, sensibile e terribilmente reale. Brava la Brigitte Mira. Fassbinder è un autore immenso.

Zappash  @  06/08/2014 20:55:44
   8 / 10
Un Fassbinder lontano dai fasti barocchi dei suoi lavori più autoriali calibra con precisione un'opera cruda e diretta. I due "insoliti" amanti sembrano muoversi in uno spazio delimitato, soffocante, sempre più straziante man mano che le ostilità di un mondo ipocrita e bigotto divengono insopportabile isolamento. Un film glaciale, eppure umano e penetrante nel suo denunciare il fallimento di una civiltà che sembra regredire ai primordi dell'esistenza, uno spaventoso deragliamento della coscienza sociale fotografato nelle sue primitive manifestazioni d'intolleranza famelica.

Neurotico  @  16/05/2013 10:20:42
   7½ / 10
Il film, imperniato su una storia d'amore non convenzionale tra una dolce e simpatica donna cinquantenne addetta alle pulizie e un immigrato marocchino che fa il meccanico, può essere interpretato come una denuncia della classe borghese come razzista ed ipocrita. La storia coinvolge grazie alla caratterizzazione dei due personaggi principali: Emmi, in particolare, risulta davvero dolce e tenera, con un amore sincero verso Alì, il quale invece se all'inizio poteva sembrare spontaneo nei suoi sentimenti, in un secondo tempo dà l'idea di un furbo che pur palesando un amore sentito, mirava esclusivamenbte ad un matrimonio per interesse. La povera Emmi dovrà sopportare l'invidia e il rancore delle vicine di casa, l'ipocrisia dei negozianti, i tradimenti di Alì, la rabbia, la delusione e i pregiudizi dei figli, incapaci di accettare il matrimonio della madre con un immigrato di colore. Elegante regia di Fassbinder che appare in un cameo come il marito, maschilista ed indolente, della figlia di Emmi.

1 risposta al commento
Ultima risposta 16/05/2013 11.01.31
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Febrisio  @  27/02/2013 17:22:07
   7½ / 10
Quando guardi simili film, ti accorgi che il cinema è ipnotico anche nella sua semplicità. Da un acconciatura minimale, ne risalta la carne al fuoco, e la paura che si ne magia. No, no, non è un banchetto, descrive una sofferta convivialità tra l'autoctono e l'immigrato, il diverso, il pseudo sporco. Per tutta la durata si concede ad un filone completamente asciutto e concreto. La camera prevalentemente statica non vive di protagonismo, lasciando esprimere i protagonisti, ma non solo loro, anche i loro sentimenti. Si concentra su quest'ultimi due elementi, senza scadere sia nel buonismo che nello schierarsi.
Sicuramente umano.

Oskarsson88  @  25/01/2013 22:57:48
   7½ / 10
Classico 7 - 7 e mezzo da Fassbinder. Solo stile non troppo rapido, colori intensi, storia intensa ma mai troppo vivace. Però mi è piaciuta, un po' stereotipato ma molto riuscito nel razzismo e nella paura e nella sporca ipocrisia dei molto personaggi complementari ed in più la tristezza e la solitudine e l'incontro nel bene e nel male di una coppia poco possibile e accettabile nell'immaginario collettivo. Si un discreto films!

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  @  19/12/2012 23:03:40
   7½ / 10
"La paura mangia l'anima" è uno dei lavori più conosciuti ed acclamati del regista tedesco, anche se è indubbiamente atipico e meno autoriale, nella scelta di allontanarsi più del solito dallo stile kitsch/barocco a lui tanto caro.
Fassbinder porta sullo schermo un potente dramma sulla diversità e sul razzismo, disperato nel raccontare un amore (ma lo è davvero?) reso impossibile dalla xenofobia dilagante della Germania degli anni '70 e da una società in cui il pregiudizio e l'intolleranza sono radicati sin nei loro aspetti più assurdi.
L'opportunismo e la falsità di cui sono pregni i personaggi secondari (i figli, i vicini, le colleghe di lavoro) è sbattuto sullo schermo senza alcuna pietà, invidia odio ed intolleranza divorano le anime di tutti spingendo le diverse classi sociali ad ghettizzarsi: ma ci si tiene ben lontani dalla favoletta di un amore idealistico, totalizzante ed autentico che vince contro tutto e tutti. Il cinismo di Fassbinder non risparmia nessuno, nemmeno i protagonisti: sia Emmi che Alì sono spinti all'unione dall'opprimente solitudine, dalla carenza di affetto, dalla disperazione più che da un reale sentimento. L'incontro è casuale, sessuale, pietistico, utilitaristico: Emmi è una donna in crisi da abbandono, vecchia, vedova e povera, che sente il bisogno di un uomo forte e virile; Alì è un operaio immigrato dal Marocco (El Hedi Ben Salem, che era anche l'amante del regista ai tempi) che, schiacciato dal sistema, ambisce ad integrarsi nell'ambiente piccolo-borghese solo per scoprire che anzichè darle sollievo alimenta la sua infelicità, scontrandosi con la sua vera condizione, le sue origini, le sue abitudini. Sono insomma entrambi due vinti, fagocitati da una società che rende loro impossibile il raggiungimento dei propri sogni, che reagiscono alla sofferenza e alla paura in un attaccamento panico l'uno verso l'altro.
Il regista tedesco riprende il canovaccio di "Secondo Amore" del suo idolo Douglas Sirk, e lo rimodernizza col suo consueto stile vero, carnale, dal cromatismo impattante e dal gusto kitsch nella scelta dei costumi, dei trucchi e delle scenografie : uno stile che farà scuola nel successivo cinema tedesco ed europeo e che influenzerà profondamente il cinema di Pedro Almodovar.
Un film molto bello, anche se forse considerato un minore dagli aficionados di Fassbinder.

CitizenKane  @  08/09/2011 11:10:49
   10 / 10
Ad un certo punto del film mi sono chiesto: "perchè questa staticità negli attori? Perchè queste persone stereotipate?". Eppure è così: Fassbinder è riuscito a proporre il contrario di ciò che generalmente avviene (e ciò di cui, effettivamente, tratta il film): la stereotipizzazione dell'altro, del "diverso". Questa volta era l'anima razzista della media borghesia (bavarese, ma poteva accadere anche nella progressista Berlino Ovest) ad essere inclusa in una lunga serie di pregiudizi che tanto pre- poi non sono.
E' stato il secondo film di Fassbinder, e ne seguiranno sicuramente altri.

DarkRareMirko  @  11/04/2011 02:54:26
   8½ / 10
Altro filmone da parte del Fassbinder di Berlin Alexanderplatz; riuscito dramma antirazzista ed antiborghese con convincenti attori.

C'è forse qua e là un pò di retorica e di autoreferenzialità ma ad ogni modo è un film asciutto, intimo, personale, purtroppo non molto famoso ne molto trasmesso (e mi apre inoltre di non averlo mai visto in dvd).

Regia capace ed invisibile, che in questo caso serve ed è funzionale alla messa in scena.

Da recuperare.

Mpo1  @  22/05/2010 22:52:38
   8½ / 10
Uno dei film più conosciuti e più apprezzati di Fassbinder, indubbiamente superiore al film di Sirk a cui è ispirato. Perfetta l'interpretazione di Brigitte Mira. La solitudine degli individui, la bassezza della natura umana e l'ipocrisia della vita sociale sono come sempre messe in rilievo dal grande regista tedesco.

castelvetro  @  02/06/2009 14:08:38
   8 / 10
Lasciando stare le visioni e le interpretazioni personali
la storia scorre lineare pulita e precisa. Oltre a questo
ho visto solo un altro film di Fassbinder e sono riuscito
a riconoscere il suo tocco, nonostante questo (leggendo
i commenti qua sotto) pare essere un film un pò atipico.
Ho riconosciuto Fassbinder nelle immagini talvolta un pò
kitsch della periferia tedesca anni '70, nell'attrice che interpreta
la figlia di lei (l'avevo già vista ne "le lacrime amare di Petra von Kant")
che qui con mia gioia finalmente parla :) Infine ho riconosciuto il maestro
dalla costante "quadri" sullo sfondo degli appartamenti.

In complesso un film più che buono

USELESS  @  01/05/2009 06:16:49
   8 / 10
Se c'è qualcosa che unisce la vecchiaccia e il marocchino non è amore, semmai disperazione.
Lei lo considera la possibilità di un amante bello, giovane e forte, lui cerca una donna con cui vivere una tranquilla quotidianità.
Ma lei lo metterà in mostra facendo palpare i bicipiti alle vecchiacce amiche sue, come un bell' esemplare di animale esotico.
Direi che Fassbinder voleva anche andare oltre il fatto dell' integrazione...
La promiscuità o la sessualità non è integrazione, ne amore.
L' "amore" nasce dalla condivisione di qualche interesse o qualche fine.
Non dalla disperazione della solitudine o dell' emarginazione.
Alì molla la vecchia e va dalla giovane barista bionda che è un bel putt.anone e che sa cucinare bene il couscous... :)

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Requiem  @  18/01/2009 13:00:24
   7½ / 10
Indubbiamente un minore nella filmografia di Fassbinder, questo "Tutti lo chiamano Alì" è comunque un melodramma tipico nel regista.
La storia, ispirata all'autore preferito di Fassbinder, Douglas Sirk e da confrontarsi con il recente "Far from Heaven", fantastico omaggio a Sirk , mischia il melodramma alla critica della società razzista.

E' asciuto e molto semplice, magari un po' schematico, con pochissima colonna sonora e con attori non troppo convincenti.
Penoso e pacchiano il doppiaggio, che si inventa i bilinguismi con l'italiano.
Mi ha deluso anche un po' il finale, che lascia uno spiraglio di ottimismo.

Fassbinder è il grezzo marito della figlia della protagonista.

donfabios  @  08/01/2009 00:31:15
   9 / 10
è il primo film di fassbinder che visiono e devo dire che mi ha colpito parecchio piacevolmente: gli sguardi delle persone e l'attenzione sulle inquadrature dicono molto più che tante parole messe a caso.
Un tema delicato trattato in maniera a volte dolce, a volte triste, e dove alla fine nessuno esce buono o cattivo. gradita sorpresa.

paride_86  @  22/11/2008 02:04:10
   7½ / 10
Film interessante e attuale, in cui Fassbinder fa una critica spietata della società di provincia negli anni '70. E' la storia di un'anziana donna che sposa un immigrato più giovane di lei, mettendo in subbuglio la famiglia e provocando uno scandalo nel quartiere. Il regista, col suo pessimismo cinico, forza un po' il finale.

Crimson  @  17/08/2007 13:10:18
   7½ / 10
Per entrare nel film bisogna necessariamente prendere in considerazione il fatto che è stato girato un solo anno dopo i ben noti fatti delle olimpiadi di Monaco del 1972. E' una fotografia di una Germania xenofoba e insicura, e più a fondo deperita di un certo rigore morale necessario ai fini dell'accettazione degli altri.
Il titolo è perfetto: la xenofobia è paura, che a sua volta è generata dall'invidia per qualcosa di diverso, che non si possiede e in cui non ci si vuol riconoscere, per ignoranza e coltivazione di una propria sadica autoghettizzazione.
L'accettazione è invece apertura mentale, è ampliare la propria conoscenza, e coltivare un'esistenza costruttiva all'insegna del rispetto: è quanto fà la protagonista, anche se a caro prezzo.
Credo che le reazioni di figli e vicini e i loro cambiamenti opportunistici siano stati rappresentati nel migliore dei modi, ma una certa impostazione rigidamente schematica (che evolverà alla grande negli ultimi film del regista) e una parte finale forse troppo frettolosa tolgono qualcosa ad un film che fondamentalmente rimane purtroppo attuale ed è interessante ancora oggi. Fassbinder qui nel ruolo del marito di una delle figlie della protagonista, come al solito fuma.

2 risposte al commento
Ultima risposta 17/08/2007 13.51.11
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  02/07/2007 20:42:53
   7½ / 10
Per una volta lo stile barocco e ridondante di Fassbinder viene messo da parte: la storia dell'amore tormentato tra una donna di una certa età con un magremino molto pià giovane è il pretesto per un'invettiva antirazziale davvero coraggiosa e lucida, anche se venata talvolta da un ritmo pedante e da uno stile un pò freddo e minimale.
Tuttavia è un film che emerge con forza, soprattutto grazie alla notevole protagonista, e dal modo con cui il regista riesce a condannare una certa borghesia, che del resto è uno dei suoi temi preferiti: la paura, la minaccia della "diversità" in un'estabilishment radicato nella sua ipocrisia

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