vizio di forma regia di Paul Thomas Anderson USA 2014
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vizio di forma (2014)

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locandina del film VIZIO DI FORMA

Titolo Originale: INHERENT VICE

RegiaPaul Thomas Anderson

InterpretiReese Witherspoon, Sasha Pieterse, Jena Malone, Joaquin Phoenix, Josh Brolin, Owen Wilson, Benicio Del Toro, Maya Rudolph, Eric Roberts, Wilson Bethel, Martin Short

Durata: h 2.28
NazionalitàUSA 2014
Generethriller
Tratto dal libro "Vizio di Forma" di Thomas Pynchon
Al cinema nel Febbraio 2015

•  Altri film di Paul Thomas Anderson

Trama del film Vizio di forma

Joaquin Phoenix veste i panni di Doc Sportello, un detective privato dalla vita dissoluta che, nella Los Angeles di fine anni Sessanta, viene trascinato dalla sua ex-ragazza nel rapimento del suo attuale amante, un facoltoso proprietario terriero.

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Voto Visitatori:   6,56 / 10 (43 voti)6,56Grafico
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Voti e commenti su Vizio di forma, 43 opinioni inserite

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Mike91  @  02/02/2017 06:02:23
   10 / 10
Premessa: non sono un patito di Anderson. Magnolia l'ho rivisto dopo anni e m'ha un pò annoiato. Altri film mi sono piaciuti.
Con questo suo vizio di forma ho un rapporto strano. Quando uscì lo andai a vedere al cinema, da solo, come faccio sempre. Lo aspettavo da un pò. Non avendo letto il libro dal quale è tratto, ma conoscendo la reputazione di Pynchon di essere uno scrittore fluviale ma intraducibile e inacchiappabile, ero veramente curioso di sapere di cosa si trattava.
Sarò sincero. Vedendolo, nulla ci capì. Sullo schermo viaggiava un'atmosfera satura, situazioni e azioni gommose. Gommoso e denso è questo capolavoro. Poi c'è anche da dire che sapevo che di lì a qualche giorno avrei dovuto fare un qualche cosa di ansiogeno (andare a trovare mio padre (non chiedetemi!)) ed ecco che non riuscivo bene a concentrarmi, molto mi sfuggiva. Vi sarete resi conto che per apprezzare bene un film, o semplicemente per guardarlo attentamente, bisogna essere nel presente, fusi qui e ora con ciò che si sta facendo, cioè guardare il film, attenti, e quasi sciolti, col divenire del film, noi stessi proiettati nel divenire-film.
Mi spiego? Ecco, mentre lo guardavo non riuscivo a concentrarmi e mi sentivo un pò irritato e annoiato, tanto di aver pensato alla sua fine come una liberazione. Poi però nei giorni successivi ci pensai e qualcosa cambiò: mi resi conto di aver visto qualcosa di strano, forse un capolavoro. Non avrei saputo spiegarmi questa cosa, ma avevo questa sensazione, netta; che questo film era un capolavoro. Un opera fumosa, viscida, scivolosa, giocherellona, fluida, ma anche livida, cinica, nichilista, triturante. Da poco l'ho riguardato. E ho avuto voglia di dire la mia. A volte vedo un film e anche se mi piace non so cosa scrivere in questo sito eccetto frasi convenzionali che tappano il buco. Do un voto e scrivo qualche frase sciatta, e via...qui invece voglio dire qualche cosa di diverso. Poiché sento che questo film mi riguarda, e mi guarda anche, mi è venuta voglia di scrivere. Voglio prendere posizione e lottare per questo film.

Contesto particolare della pellicola sono gli anni burrascosi dell'icona vampirica di Nixon, e della sciagura Vietnam, e delle Black Panter, militanti neri pronti a riscattarsi. Sono anche gli anni in cui una generazione fricchettona, hippie, vedeva lentamente ma inesorabilmente marcire quelle illusioni romantiche e dolcemente collettiviste che aveva coltivato, di una fratellanza pura e utopica, contro l'utilitarismo americano. Venne Manson, non a caso più volte citato nella pellicola, ma non solo lui, e quell'epoca crollò, colpa anche dell'incapacità di questa controcultura di organizzarsi autonomamente, senza dipendere da quel sistema che poi l'avrebbe assorbita al suo interno superandola, cancellando la legittima domanda di una generazione a scoprire qualcosa di nuovo, per vivere in un modo diverso, in un mondo diverso.

Anderson utilizza un genere ancora degno di significati come il noir per regalarci una storia che attraverso lo scenario bizzarro di quegli anni cavalca la sconfitta e la perdita, la paura e la paranoia di un'intera società. Ne ricava un effetto straniante e inconsciamente metaforico che non si preoccupa tanto della chiarezza della trama, della sua risoluzione e così via, ma che è sopratutto interessato a comunicare, attraverso una trama abbastanza labirintica, la necessità di uno sguardo contraddittorio e distorto dove realtà e sogno (tutto il film sembra un sogno, e quando Sportello reincontra la sua ex c'è sempre qualcosa di strano; sopra il divano, sembra quasi in stato di sogno) bene e male, giusto e sbagliato, si combinino e e si confondano, per disegnare un affresco paranoico che cela sempre la sua matassa nascosta, la sua ombra non ancora del tutto chiarita: qualcosa di non pienamente visibile che però vedendo il film sembra quasi essere lì lì per essere scoperto.

E' questa forse una pellicola indispensabile ed iconica che dietro la sua apparente frivolezza vuole gettare uno sguardo su una certa antropologia americana di quegli anni lì e sulla sua deriva abbastanza triste; mettendosi a scavare per portare alla luce i relitti colorati di un epoca ormai terminata ma che in qualche strano modo ci riguarda ancora e riguarda tutti. In Vizio di forma tutto è strambo e deviato, tutto è così semplice e a un tempo così complicato e durante lo svolgimento si è come sommersi da una quantità infinita di rovesciamenti e fratture della trama, di inversioni e di rovesciamenti, con una straordinaria fluidità delle scene che scivolano l'una dentro l'altra, come se il film volesse un pò fuggire da se stesso e dalla sua documentazione storicistica mostrandoci l'assurdità di quella società (anche della nostra?)

C'è qualcosa, in questo neo noir così melodico, in questa Odissea semi-lisergica, che non è totalmente qui, c'è una differenza che non so nominare, che forse mi sto inventando, non lo so, non sono un critico, ma è uno slancio mattacchione che domina il film, di cui mi forse mi sono reso conto io perché sono mattacchione anch'io.

Però penso che la bellezza del film stia proprio in questa sua pedagogica complessità, questo continuo depistarci e depotenziarci per poi sbatterci sul grugno che non serve capire, che non c'era niente da capire: lasciando a noi il compito, e il piacere, di collegare le cose che devono essere collegate. O magari di rinunciare a farlo.
Con un Phoenix stralunato, strafatto e straordinario, e una femme non poi così fatale che è l'aggancio liquido e dolcemente *******sco della storia, e un altro personaggio femminile interpretato da un'arpista che è poi la narratrice sognante e sorniona di tutta la storia, un sortilegio arrapante ed esoterico, quasi mamma per il protagonista, credo che Vizio di forma per essere apprezzato, olte a necessitare di più visioni, come è stato nel mio caso, richieda che ci si lasci andare al suo ritmo non solo filmico ma anche umano; che ci si dimentichi beatamente del razionale e del particolare e ci si lasci finalmente sommergere da un'atmosfera generale difficile da descrivere, ma che nondimeno ha la singolare capacità di appiccicarsi all'inconscio di chi la sa riconoscere e apprezzare.

Film consigliato se avete voglia di abbandonare la banalità del significato e lasciarvi cullare dalla molteplicità e dalla preziosità dei suoi molteplici significanti.
Lo rivedrò ancora un giorno. Alla faccia di quelli che dicono che è noioso.

Bye Bye.

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Ultima risposta 01/03/2018 02.11.50
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Matteoxr6  @  20/01/2016 14:35:22
   4½ / 10
Anderson e Phoenix mi piacciono molto. Sono, rispettivamente, la mente e il braccio perfetti. Con Paul ci eravamo lasciati a The Master, eccezionale dal punto di vista registico, con Phoenix e Hoffman perfetti nel trasmettere tutte le sensazioni e l'atmosfera emozionale che saturava la sceneggiatura. Di contro aveva, per quanto mi riguarda, una trama di per sé poco interessante in quanto estremamente limitata nelle "argomentazioni". Mi spiego: Anderson si era limitato a mostrarci degli stati mentali, uno spaccato narrativo in sé e per sé, prendendo uno spunto (il modo in cui può accadere che si venga tirati dentro una setta, apparentemente senza motivo) sì interessante, ma appunto solo in quanto tale, non come tematica di più ampio respiro, tanto da decidere di girarne una pellicola così lunga e pesante. Ecco, in quel caso faticai ad arrivare alla fine e assegnai un votaccio perché, per quanto le premesse che ho prima espresso fossero di alto livello, non mi può certo bastare come contraltare ad un film che nella sostanza offre molto poco. In Vizio Di Forma non ci si discosta dalla narrazione di uno spaccato di eventi vissuti dal protagonista. Intendiamoci, a me questo tipo di regia piace molto, in quanto non do un ruolo primario alla trama, anzi, lo assegno innanzi tutto alla capacità del regista di mostrarmi dei personaggi che sappiano trasmettere stati d'animo, emozioni, interrogativi, angosce, etc...all'interno di un soggetto interessante. Nel caso di specie mi è mancato il soggetto interessante. Da questo lato dico sinceramente di aver apprezzato maggiormente The Master, perché più sottile nell'addentrarsi all'interno della mente umana. Di contro aveva forse maggiore pesantezza rispetto a questo film, che è indubbiamente molto più disimpegnato e facile da far scorrere. Phoenix è eccezionale come sempre, Anderson ribadisce il suo grande talento, ma lo spunto, che dà anche la denominazione al titolo, non è certo di alto profilo. Il vizio di forma ce l'hanno tutti i protagonisti, da Brolin a Shasta a Penny. Il vizio di forma è intrinseco anche nel passaggio dal periodo hippie a quello del suo declino. Il vizio di forma è nella mente di Doc, che si fa portare a spasso dalla propria mente più o meno inconsapevolmente. È questa la parte più interessante del film: un viaggio onirico nella mente del protagonista, che vola con l'immaginazione tra i propri desideri e interrogativi più o meno inconsapevolmente (questo non possiamo saperlo con certezza). Il regista è bravissimo a trasportarci nella testa di Phoenix, il quale è altrettanto eccezionale a trasmettere allo spettatore l'immagine del protagonista. Peccato che non sia una novità nell'ambito cinematografico; peccato che abbia faticato a concludere l'ultima mezz'ora; peccato che lo spunto del soggetto non sia niente di eccezionale. Comprendo benissimo chi invece gli ha assegnato un voto, non dico eccelso, questo no, ma tutto sommato positivo. Da parte mia continuerò a seguire con molta attenzione Anderson, visto che mi permette di scrivere commenti così lunghi su un voto purtroppo così basso.

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Ultima risposta 20/01/2016 14.45.14
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jason13  @  13/07/2015 20:04:59
   1 / 10
Come buttare nel cesso 2 ore e mezza di cose inutili, dialoghi senza senso, interpretazioni nauseanti. Uno dei peggiori film della mia vita...41 anni di cinema alle spalle...

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Ultima risposta 07/08/2015 21.35.58
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Beefheart  @  28/04/2015 22:31:06
   7½ / 10
La versione tossica del noire. E' come se Philip Marlowe fosse catapultato dentro Paura e delirio a Las Vegas.
Nonostante sia leggermente ripetitivo, molto contorto e piuttosto lungo, rimane comunque un film col suo bel perchè, divertente, a tratti anche molto, con un
Joaquin Phoenix sopra le righe, eccezionale, due spanne sopra a tutti gli altri. Ottime ambientazioni e costumi.

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Ultima risposta 28/04/2015 22.50.02
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-Uskebasi-  @  17/04/2015 14:52:22
   8½ / 10
Il vizio intrinseco, nelle polizze delle assicurazioni marittime, è tutto quello che non si può evitare: uova che si rompono, cioccolata che si scioglie, bicchieri che si spaccano...
L'intricato groviglio di eventi in cui si ritroverà Doc Sportello è (per lui) inevitabile, perché nasce da una richiesta della persona che più conta nella sua vita. Nasce dall'altrettanto inevitabile motore dell'esistenza.
Amo Paul Thomas Anderson, diciamolo subito. Lo amo perché non viene mai incontro allo spettatore, fa sempre quello che vuole sapendo che molti si annoieranno, che altri non riusciranno a seguirlo, non fa alcun patto con noi. Lo amo perché è unico nel modo di utilizzare la musica. Lo amo perché spesso nei suoi film vedo un umorismo di alto livello quando forse passa inosservato o non dovrebbe nemmeno esserci. Soprattutto lo amo perché credo che tecnicamente sia uno dei migliori registi viventi. E' giovane, non ha sbagliato un colpo, e ha già sfornato un capolavoro assoluto.
In "Inherent Vice" racconta un'intera epoca tra le righe, tutte le sfumature dell'America in un determinato periodo storico sullo sfondo di un'investigazione complicatissima che cresce come una macchia d'olio. Quasi impossibile avere chiaramente tutto il quadro in testa, ma per questo c'è Doc, noi dobbiamo solo vivere questa esperienza coloratissima dalle mille sfaccettature, con i suoi alti e i suoi bassi. E quando in scena ci sono personaggi come il Dr. Rudy Blatnoyd o il detective Bjornsen, tutto diventa più facile. A proposito, un Josh Brolin immenso.
Riguardo al protagonista c'è poco da dire, è nel podio mondiale. E non nel terzo gradino.

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Ultima risposta 06/05/2015 19.46.15
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_Hollow_  @  08/03/2015 14:37:56
   8½ / 10
Noto con piacere che tutti i voti bassi puntano a criticare il film su una questione che, conoscendo un minimo Pynchon, risulta del tutto secondaria (se non insulsa), ovvero la trama. Ma informatevi prima di vedere un film, trovate il tempo di scrivere commenti insulsi ma di leggere qualcosa prima di vederlo no?
Detto questo, e partendo così dal presupposto che "Vizio di forma" di Anderson non sia un film brutto o mal riuscito, quanto premiarlo risulta forse molto soggettivo. Tecnicamente è decisamente buono, tra piani sequenza come quello del footjob e quant'altro. Pure tutte le caratteristiche del lavoro postmoderno pynchoniano sono ben riprese, con i vari rimandi al pulp, al cinema ecc. Forse è più facile però (anche se da certi commenti non sembra) cogliere la secondarietà della trama rispetto all'atmosfera "sognante", liminale, come in perenne bilico tra realtà e trip acido (in un modo molto simile a "Il grande Lebowski" dei Coen).

Michael Connelly (mi pare) dette il benvenuto a Pynchon tra i colleghi del genere per questo lavoro, ma definirlo un thriller sarebbe del tutto inappropriato proprio per quanto detto. La trama c'è, è divertente, ma non dovrebbe (anzi dovrebbe, ma il lettore/spettatore non dovrebbe farsi ingannare) confondere dal vero intento, che è quello di portare a quella macchina nella nebbia, lontana dal mondo (in questo caso la California post Altamont) e, allo stesso tempo, al salvataggio di una famiglia (e di un amore) da parte di Doc Sportello ... insomma, al trionfo della dimensione privata.

"Just us. Together. Almost like being underwater. The world, everything gone someplace else."

Read more at:
Anche per quanto riguarda i simbolismi, i significati più reconditi, gli indizi ci sono (inferiori rispetto al libro, ma alcuni si possono cogliere facendo attenzione). Di rinascita si parla col sequestro della Golden Fang. Nel libro si può affidarsi alle telecronache NBA (non ho fatto caso a date nascoste durante la visione).

Insomma, un lavoro complesso come ci si poteva aspettare, bello da vedere in superficie (soprattutto se si pensa di andare a vedere del cinema d'essai, un cinema dello sguardo e non narrativo) ma anche profondo, sotto quella superficie (dell'acqua).

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Ultima risposta 09/03/2015 11.23.30
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  27/02/2015 02:12:40
   9½ / 10
Portare Pynchon al cinema e così bene non era impresa da poco. Ma Anderson si riconferma il grandioso cineasta che è. Lo sposalizio tra la pulitissima e rigorosa regia kubrickiana (come ignorare i lentissimi, quasi impercettibili movimenti di macchina che si avvicinano ai protagonisti? Sembra di vedere un Barry Lyndon della LA Infernale e postmoderna del celebre scrittore americano) con la scrittura, l'immaginario del grande punto interrogativo della narrativa statunitense riesce in maniera mirabile. Il film è un divertissement intossicante che riflette sui mali americani, sul vizio come elemento inevitabile e collante delle imprese di questi piccoli e fantasmatici criminali della città eterna del nuovo mondo. Frequenti citazioni felliniane, come la stupenda scena del ritrovamento di Mickey (Otto e mezzo) e la barca, questo crocevia dei sogni di un'intera popolazione criminale (Amarcord), si frammischiano a una narrativa filmica totalmente USA, con musiche di Neil Young e strizzatine d'occhio a Tarantino, grande fratello visionario di questo straordinario regista e visionario della settima arte. Brolin ci riporta alla migliore tradizione mistica dei Coen, No Country for old men e quando l'immenso protagonista viene umiliato, picchiato, falcidiato dagli organismi del controllo non facciamo che pensare al Grande Lebowski. Il vizio di forma è in definitiva il vizio di chi si è trovato in un mondo e in una storia criminale in cui drogarsi è meglio che essere lucidi, in cui seguire le mirabolanti promesse della Dope ti porta a vivere i momenti più poetici e autentici della tua esistenza. Quelli che rientrano nella cornice di una cartolina, da sempre il ricordo più bello che si manda a una persona assente ma viva nel ricordo del nostro viaggio sulla terra orlata dal mare.

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Ultima risposta 29/01/2016 17.57.17
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