babel regia di Alejandro Gonzalez Inarritu USA 2006
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babel (2006)

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locandina del film BABEL

Titolo Originale: BABEL

RegiaAlejandro Gonzalez Inarritu

InterpretiCate Blanchett, Brad Pitt, Gael García Bernal, Mahima Chaudhry, Mahima Chaudhry, Kôji Yakusho, Shilpa Shetty, Lynsey Beauchamp, Adriana Barraza, Elle Fanning

Durata: h 2.15
NazionalitàUSA 2006
Generedrammatico
Al cinema nell'Ottobre 2006

•  Altri film di Alejandro Gonzalez Inarritu

Trama del film Babel

Il film è diviso in tre storie; durante un viaggio organizzato in Marocco, una donna che si trova in vacanza col marito viene ferita da un colpo di fucile sparato per sbaglio da due ragazzi. La coppia ha affidato i propri figli ad una tata messicana a San Diego, ma la donna non può assolutamente mancare al matrimonio del figlio. Nel contempo un ragazza giapponese sordomuta, vive la sua adolescenza con i disagi del suo handicap.

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Voto Visitatori:   7,51 / 10 (225 voti)7,51Grafico
Voto Recensore:   7,50 / 10  7,50
Migliore colonna sonora
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Migliore colonna sonora
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior film straniero
Miglior film drammatico
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior film drammatico
Miglior regia (Alejandro Gonzalez Inarritu)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Alejandro Gonzalez Inarritu)
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Voti e commenti su Babel, 225 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  03/02/2011 17:52:39
   7 / 10
Sono convinto che tutti i film di Inarritu meritino più di una visione per essere valutati a dovere, Babel incluso. Dopo averlo visionato due volte ho avuto conferma dei pregi e dei difetti di questo film.
La bravura di Inarritu con la macchina da presa non si discute assolutamente, come le performances di tutto il cast. I miei dubbi però restano legati alla storia della ragazza giapponese, troppo slegata dal resto della trama principale e che non fa altro che rendere il film maggiormente prolisso.
Babel resta sicuramente un buon film, a cui manca però la linearità che ha reso, fino ad ora, Amores Perros il miglior film del regista messicano.

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Ultima risposta 22/02/2011 23.38.04
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Manu90  @  02/07/2010 10:21:18
   7 / 10
Buon film, ottimi gli intrecci. Pitt mi è sembrato un pò forzato in questa parte, onestamente non ce l'avrei proprio messo.

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Ultima risposta 09/09/2010 01.50.07
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goodwolf  @  18/06/2010 11:33:59
   7 / 10
Gran bel film, con un'impronta registica spiccata e con degli intrecci ben congeniati. Tutte le storie sono ben sviluppate, nonostante rappresentino dei mondi e delle prospettive estremamente diverse. L'unico difetto che gli trovo è che qualche sequenza si dilunga più del necessario, qualche accorciatina qui' e li' avrebbe sicuramente giovato. Eccezionali Pitt e la Blanchett (ma non è una novità, per lei)

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Ultima risposta 09/09/2010 01.44.20
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cepere  @  25/08/2008 18:08:18
   7½ / 10
4 storie, 4 intrecci tra umanità diverse, destini a volte amari, a volte tragici, tutti raccontati con una classe sopraffina e uno stile di regia impeccabile.
un altro bellissimo film del sempre più bravo Inarritu

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Ultima risposta 04/09/2008 05.17.26
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Wally  @  07/08/2008 02:20:41
   8½ / 10
Come si può dare 4 e mezzo a un film del genere? Ho avuto ansia e magone per tutta la durata del film... mi ha tenuto incollato alla poltrona! Fantastico e certe scene fanno star proprio male

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Ultima risposta 02/11/2008 22.52.59
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Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  06/07/2008 13:15:27
   7½ / 10
Non ho mai apprezzato gli eccessi melodrammatici del cinema di Inarritu –nel quala avverto sempre una certa tendenza all’autocompiacimento, tuttavia devo riconoscere che “Babel”, rispetto ai suoi antecedenti “Amores Perros” e “21 Grammi”, risulta più maturo e approfondito. Anche in questo caso, il film si presenta con una struttura episodica, in cui, tra flashback e flashward, si delineano quattro storie che, in conclusione, troveranno un loro punto di contatto. In ognuna di esse è descritta una tragedia personale che, dal suo piccolo e nel legame con le altre, si innalza a dramma universale dell’umanità, nella quale tutti sono a un tempo colpevoli e vittime nel solco di un’esistenza segnata inesorabilmente dalla incomunicabilità e dalla fatalità. Il fine di Inarritu è quello di rimarcare le distanze che intercorrono tra gli uomini, soffermandosi sia sulle grandi differenze culturali che dividono i popoli sia quelle particolari che si frappongono tra soggetti facenti parte di una stessa “comunità”: e in questa riflessione, la frontiera materiale tra il Messico e gli USA diventa metaforicamente il limite ideale che sottende ad ogni relazione interpersonale.
Tra le varie vicende, la più rappresentativa e (forse) la più riuscita è quella della ragazza giapponese sordomuta. Quale ambientazione migliore se non lo “spazio sconfinato” di Tokio ove mettere in scena l’angoscia umana generata dalla solitudine? Nel contesto dispersivo della metropoli, dove è già di per sé arduo riuscire a stabilire un “contatto umano” col prossimo, si muove spaesata una adolescente tormentata da un handicap (il dramma nel dramma causato dalla fatalità) che non fa che aggravare ed acuire in lei il senso di distanza e di incomunicabilità che affligge l’intera società odierna. La sua storia sembra dunque la più emblematica, in quanto in essa si amplificano le riflessioni che attraversano tutto il film. Di grande impatto emotivo e rappresentativo tutta la sequenza nella discoteca, nella quale il regista –dando peraltro prova delle sue notevoli capacità tecniche- rende perfettamente l’idea dell’”isolamento collettivo” che segna drammaticamente la “civiltà moderna”.
Il film, nonostante qualche licenza di troppo che ha destato in me qualche perplessità, è obiettivamente ben fatto: dalla struttura narrativa alle tematiche, alla fotografia, al montaggio fino alla recitazione (ottimo Pitt), tutto è concepito a regola d’arte. Inarritu non ha ancora partorito il suo capolavoro, ma è sicuramente sulla buona strada…

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Ultima risposta 28/09/2009 22.53.45
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benzo24  @  23/02/2008 00:46:27
   3 / 10
lo stile da telenovelas di inarritu colpisce ancora, con una sceneggiatura strampalata intreccia tre storie che più improbabili di così non si può. lo circondano attori noti e sopravalutati ( a parte Kôji Yakusho, che viene utillizzato malissimo), desiderosi di apparire impegnati e profondi, purtroppo il senso del ridicolo è sempre troppo forte, e la comicità involontaria è sempre dietro l'angolo. salvo solo la piccola muta ninfomane giapponese, in più di due ore di inutilità, l'unica cosa da vedere del film è la sua ****.

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Ultima risposta 09/09/2010 13.15.28
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  22/02/2008 14:37:40
   7½ / 10
Terzo capitolo della trilogia del dolore per Inarritu che si conferma un regista dotato e capace.
La frammentazione si sposta, oltre alla già nota sfera temporale, anche in quella geografica. Tre luoghi diversi che fanno da sfondo ad un'unica universalità del dolore sebbene affrontato in modi diversi. Stupendo il montaggio, così come la fotografia.
Bravissimi gli attori a partire dalla straordinaria Adriana Barazza che ha come spalla il talentuoso Bernal; convincente anche la giovane ragazza giapponese, forse i meno intensi, seppur bravi, sono Brad Pitt e Cate Blanchett.

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Ultima risposta 22/02/2008 15.29.52
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alestella  @  24/01/2008 16:41:10
   9 / 10
Babele nella Bibbia rappresenta un momento di rottura: Infatti gli uomini sfidano Dio Costruendo una torre per raggiungerLo in Cielo e per essere superiori a Lui! Per punirli Dio Fa parlare loro lingue diverse in modo che non si possano pi§ capire tra di loro...Il film parla Lingue diverse ma il soggetto é unico la sofferenza dell'uomo! Ne esce uno spaccato della realtà di oggi fatta di contraddizioni e di persone che anche se parlano la stessa lingua non si capiscono...In parte alcuni conflitti vengono sanati in parte no..meraviglioso film che lascia l'amaro in bocca!

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Ultima risposta 24/01/2008 16.51.22
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carisma  @  28/12/2007 22:32:55
   4 / 10
Intreccio inenarrabile senza alcun legame. Fuori contesto la storia della ragazza e del padre giapponese, meno male che quell'anno vinse CRASH, che è molto meglio riuscito!

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Ultima risposta 04/01/2008 14.34.17
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pig.floyd17  @  27/12/2007 14:38:01
   3 / 10
Stento a credere che la stragrande maggioranza dei votanti lo consideri un grande film, fattosta' che senon avesi visto prima 21 grammi potevo sicuramente pensare:"*****, bella trovata intrecciare le storie di diversi s****ti, tenerti per piu' di due ore con l'angoscia per scoprire alla fine, se gia' non ci eri arrivato, che sono tutti collegati...." Ma visto che e' piaciuto cosi' tnto, vi auguro che nel suo prossimo lavoro il nostro carissimo inarritu possa sbalordire tutti cn delle pensate geniali, tipo trovare quattro storie di s****ti forti, fermare il dito sul mappamondo a caso e farci sognare portandoci chissa' dove.Un consiglio, se vi trovate per caso sul punto di vederlo, trovate qualunque scusa per andarvene, ne sara' valsa la pena...

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Ultima risposta 31/12/2007 15.12.31
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  25/09/2007 09:56:48
   8 / 10
La solitudine dell'uomo di fronte alla propria incapacità di conmunicare nel mondo globalizzato di oggi, espressa in quattro storie che s'intersecano( a volte un po' forzatamente) e si toccano al vertice di una umana disperazione.
Inarritu ci emoziona intensamente, offrendoci un altro film doloroso e angosciante, il cui finale sembra sottolineare che il "mondo dei perdenti" è quello più compassionevole e autentico.

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Ultima risposta 26/09/2007 13.42.24
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Mauro Lanari  @  19/09/2007 23:09:42
   1 / 10
Nel giro di appena due lungometraggi, Alejandro Gonzáles Iñárritu ha abortito tutta la sua fenomenale poetica espressa nel 7° episodio di "11 settembre 2001"

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Ultima risposta 12/10/2008 17.54.07
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Invia una mail all'autore del commento francescofelli  @  13/07/2007 16:54:48
   6½ / 10
faccio molta fatica a commentare questo film: la trama è complessa, formata da 3 storie, con momenti alti ed altri meno.
Nell'insieme bene recitato. Discreta fotografia ed interessante scelta musicale.
Di certo un po', troppo, lungo.

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Ultima risposta 30/09/2008 16.14.02
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR quadruplo  @  11/06/2007 15:19:53
   7½ / 10
Inarritu è decisamente un regista che mi piace e confermo la mia stima per lui anche dopo aver visto il suo terzo lavoro.

Dal punto di visto della tematiche, questo credo fosse il più difficile da realizzare della sua trilogia: trattare temi come la compassione, l'incomunicablità e la sofferenza attraverso culture e situazioni completamente diverse ma legate da un sottile filo conduttore è un tentativo molto ambizioso.
Sinceramente le quattro storie sono molto toccanti e mi hanno appassionato ma non riesco a vedere il film in una visione d'insieme (forse è solo questione di doverlo assimilare meglio e di rifletterci maggiormente su).

Ad ogni modo, si rimane estasiati dalla magnifica fotografia, dalle suggestive locations e da una bellissima colonna sonora.

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Ultima risposta 28/06/2007 21.12.10
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Lory_noir  @  20/05/2007 09:38:30
   6 / 10
Considerando che non gradisco più di tanto i film che si dividono in più storie dico che questo film racconta temi attuali in una maniera davvero particolare. Il silenzio secondo me è il punto di forza in questo film, specialmente nella storia della ragazza giapponese. E' un paradosso quindi che il film abbia vinto l'oscar per la migliore colonna sonora? Secondo me no perchè la musica alternata agli importanti silenzi che proponeva un film tra la battuta di un attore e quella di un altro o ancora i silenzi che facevano vedere il mondo con gli occhi, o meglio le orecchie, della ragazza sordomuta, alternati a quegli istanti di musica e caos rendevano tutto molto particolare. Alla fine però, ho visto un film importante ma trp lento e noioso specialmente alla fine. Quindi do la sufficienza per il modo di saper raccontare di questo film e non di più perchè avrei preferito che si fosse dilungato di meno!

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Ultima risposta 21/08/2007 00.56.05
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PetaloScarlatto  @  05/05/2007 00:19:54
   10 / 10
E' UN CAPOLAVORO!!!!

e' qualcosa di incredibile.... triste.. trascinante.. emozionante... intenso... avevo già apprezzato 21 grammi di questo regista...ora ho la conferma... adoro Irratau...!!!!

Stupende interpretazioni... Brad Pitt è bravissimo. Migliora film dopo film - Troy a parte -!!!

Ben lontano dalle scelte commercialmente facili che la sua bellezza potrebbe spingerlo a fare si cimenta in ruoli quasi mai banali: fight club. The snatch. Babel. Seven, sleepers, kalifornia, intervista col vampiro!!!

Cate Blanchett, memorabile anche qui come in altri films!!!!

Tutti gli attori, comunque, sono degni di nota....

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Ultima risposta 06/07/2007 15.21.59
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  04/05/2007 11:32:00
   8 / 10
Quattro storie,quattro segmenti di vite diverse tra loro ma piu’ simili di quanto una visione superficiale possa far pensare, si incrociano momentaneamente a causa di un avventato colpo di fucile.
Una coppia americana di turisti,due pastorelli marocchini,una tata messicana e una ragazza giapponese sordo-muta...sono questi i personaggi della Babele di Inarritu,che realizza uno stupendo affresco sottolineando l’incomunicabilita’ che vige tra le persone anche quando parlano la stessa lingua e che ovviamente aumenta quando queste provengono da culture e nazioni differenti.
Ma la Babele del regista messicano è anche quella dei sentimenti e quella di un inevitabile fato del quale tutti siamo in balia,costretti a piegarci alle sue bizzarrie ed ai suoi capricci.
In questo caso il destino risiede in un proiettile sparato per gioco e per sfida nella desolazione del deserto marocchino,un letale mix di metalllo e polvere da sparo che sara’ destinato a cambiare la vita dei personaggi in questione, a volte in meglio altre in peggio,perché ogni azione ha un proprio effetto imprevedibile.
Inarritu si conferma abile regista dotato di grande sensibilita’,la pellicola coinvolge moltissimo trascinando lo spettatore in un vortice di sensazioni,da segnalare l’ottimo montaggio e la perfetta scelta delle locations,bellissima la colonna sonora affidata alla chitarra classica di Gustavo Santaolalla,appare ben studiata la sceneggiatura del fido Guillermo Arriaga che pur presentato qualche leggera forzatura si puo’ definire riuscita e credibile .
Dopo “Amores perros” e “21 grammi” un altro ottimo lavoro per questo filmaker che sicuramente ha tutte le carte in regola per diventare un autore di grandissimo livello,qui il suo sforzo è ben supportato anche da un cast ispirato, che oltre alle notevoli interpretazioni di star consumate come Brad Pitt(invecchiato a puntino per l’occassione) e Cate Blanchett ,sorprende con attori meno conosciuti ma eccellenti come Rinko Kikuchi(la giovane giapponese) e Adriana Barraza(la tata).
Inarritu continua nell’approfondimento della sua (presunta) ossessione per coincidenze ed avvenimenti apparentemente lontani ma invece palesementi concatenati con un film corale assolutamente riuscito.

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Ultima risposta 04/05/2007 17.37.46
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Invia una mail all'autore del commento angel__  @  28/01/2007 17:24:01
   3½ / 10
un disastro. film lungo,noioso,sceneggiatura sconclusionata.imefficace.aggravano la situazione certe forzature e caricature di personaggi-istituzioni (la polizia in messico o in marocco,risibile).. interessante sapere ai fini del film il senso di parecchie scene (es. il bambino che si masturba).irreali e snervanti alcuni personaggi (ad esempio i turisti americani del bus sono eccessivi e improbabili nella loro indifferenza verso il ferimento della bionda,il poliziotto alla dogana sembra hitler reincarnato). proprio una bella americanata del c.a.z.z.o

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Ultima risposta 04/01/2008 15.15.37
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Zurlistuta  @  01/01/2007 20:11:44
   6½ / 10
Il film offre tantissimi spunti di riflessione,la difficoltà di comunicare la durezza della polizia, l'egoismo degli americani ma nn mi ha coinvolto nella giusta maniera. Bello il modo in cui si racconta la storia con le storie tutte intrecciate tra loro. A tratti mi è sembrato proprio lento.
Riflessivo
Per un commento eccezionale è da leggere quello fatto poco più sotto, veramente esauriente.

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Ultima risposta 02/01/2007 02.31.01
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR frine  @  19/12/2006 02:17:31
   7½ / 10
Quando un film mi strappa la lacrimuccia i casi sono due: o dò un voto esagerato, o mi prende un moto di diffidenza e resto bassina. Questa volta si è verificato il secondo caso, probabilmente a causa dell'epilogo troppo ma troppo sentimentalista:-(
Premetto che il film si basa tutto su un paralogismo (ossia su un astuto inganno nei confronti dello spettatore), ma per spiegare la questione bisognerebbe raccontare tutta la trama: mi atterrò quindi ad indicazioni generiche. Orbene: non ci sono TRE storie indipendenti, ma un'UNICA storia dislocata in tre diverse parti del mondo (Marocco, Messico al confine con gli Stati Uniti e Giappone). Il tutto prende le mosse da una più che perdonabile leggerezza di un turista amante della caccia.
MA: se non ci fossero quei cattivoni di Bush e Bin Laden, che fanno vivere il mondo nel terrore ricreando la "Babele" di biblica memoria, tutto quello che accade nel film accadrebbe lo stesso. Intendo dire: se un bambino maghrebino nasce con una vista prodigiosa, se gli metti in mano un vecchio e quasi innocuo fucile da caccia buono a mala pena per allontanare gli sciacalli, se il bambino gioca a tiro a segno con il fratello e per un imperscrutabile disegno del Fato becca un autobus turistico disgraziatamente carico di Americani, la colpa NON E' dei governanti malvagi e nemmeno degli sceicchi del terrore. In un caso del genere, CHIUNQUE penserebbe ad un attentato.
Quanto al resto, tutto lascia credere che il padre di famiglia Richard sia stato colpito dal malocchio, ragion per cui lo manderei a Sarsina a farsi benedire:-) Ma proseguiamo: PROPRIO MENTRE la turista americana versa in pericolo di vita in Marocco, la tata dei bambini deve recarsi al matrimonio del figlio in Messico e, non avendo nessuno cui affidare i pargoli, li porta con sé.
Nel frattempo, in Giappone, una ragazzina molto graziosa ma sordomuta, e molto complessata a causa del suo handicap, mendica un po' di amore...e naturalmente non riesce a trovarlo. E che c'entra tutto ciò? Be', bisogna vedere il film...
Spesso retorico e SEMPRE, elegantemente e sornionamente, terzomondista (ma non al punto di varcare i limiti del politically correct) , il film in sostanza intende evidenziare il disagio dei fanciulli di tutto il mondo: essi infatti vivono male la loro condizione, o perché troppo poveri (Messico, Marocco), o perché oppressi da un benessere che troppo spesso si rivela alienante (Giappone).
Premio dell'UNICEF assicurato;-)
Ora però ho finito con la pars destruens: perché, beninteso, il film ha anche molti pregi. A parte il messaggio pacifista, che mi induce sempre a dare un punto in più (anche se ciò ha poco a che vedere con le qualità propriamente filmistiche), devo riconoscere che la ricostruzione di ambienti, costumi, modi di vivere delle diverse popolazioni è eccellente. Perfino il ritmo narrativo cambia: alla vitale frenesia latino-americana subentra l'atavica, pigra lentezza della gente del deserto, quasi straniata dalla civiltà moderna e forse perfino inconsapevole della sua esistenza; e ancora, ecco l'alienente stile di vita di un Oriente ricco e tecnologizzato, lacerato dal contrasto fra la tradizione, che lo vuole cortese e riflessivo, e l'innovazione, che lo conduce al parossismo e perfino all'autodistruzione. Del tutto marginale la parte realtiva all' universo statunitense, coercitivamente (e con un pizzico di cattiveria) rinchiuso in un autobus, da cui naturalmente tutti desiderano uscire, rivelandosi egoisti, meschini e per nulla solidali nei confronti dei due connazionali in difficoltà.
Le cose però in qualche modo si bilanciano: la polizia americana non è così cattiva e violenta come quella marocchina, e in fondo (ma proprio IN FONDO) anche i gringos hanno un'anima. O meglio, un'anima ce l'hanno i DUE TURISTI vittime dell'incidente e i loro bellissimi, gentili e pazienti rampolli: già, perché il sistema non ci pensa due volte a liquidare una dolce e amorevole tata, per quanto adornata da "merito quadilustre" (Parini).
Le interpretazioni sono adeguate (Bernal un po' sopra le righe, ma la parte lo richiede; Pitt un po' impacciato nel ruolo non semplice di un americano TROPPO buono per i gusti del regista). Comunque, e qui vorrei chiarire il mio punto di vista: di film pacifisti ed educativi come questo abbiamo bisogno. Quindi ben vengano il Golden Globe e altri premi, se le varie giurie lo riterranno opportuno.







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Ultima risposta 21/12/2006 01.10.11
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Oblivisca  @  15/12/2006 21:05:59
   5 / 10
Sinceramente il film non mi è nè piaciuto nè non piaciuto. Insomma non mi ha detto nulla. Il tutto è risultato lento, l'intreccio delle storie poteva anche risparmiarselo, e nell'averlo fatto il tutto risulta grossolano e tirato. Il tema dell'impossibilità di comunicare, della solitudine espressa sotto diverse forme è da rispettare, ma a mio parere reso piuttosto male.

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Ultima risposta 23/12/2006 16.47.58
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devis  @  09/12/2006 02:04:07
   9 / 10
Gra bel film di Inarritu. E' riuscito a farmi apprezzare perfino Brad Pitt che consideravo prima di vedere questo film uno dei peggiori attori. Da vedere!

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Ultima risposta 06/02/2007 14.40.15
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viagem  @  02/12/2006 15:36:45
   6½ / 10
Premesso che è il primo film che vedo di Inarritu, sono rimasto in parte deluso. Non che il film sia fatto male, l'idea dell'incomunicabilità è resa bene (la frontiera tra america e messico, il caso dell'ambulanza marocchina, il mondo dei sordomuti per l'episodio giapponese), ma il meccanismo "a puzzle" mi è parso forzato e inutile, inoltre in molti punti dell'opera vi è della sofferenza davvero dispensata gratuitamente.
Particolarmente apprezzata invece l'ambientazione marocchina e la parte del film priva di dialoghi sul finale.
Ci riproverò con Amores Perros, dal trailer mi sembra accattivante.

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Ultima risposta 26/12/2006 22.46.06
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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  28/11/2006 13:12:13
   7½ / 10
uona prova di Inarritu, che mette a confronto quattro popolazioni differenti e le loro nerosi, ossessioni, punti deboli e peculiarità: c'è il Marocco con la sua semplicità, gli Stati Uniti con il loro allarmismo, il Giappone con la sua cultura pop ipercinetica ed il Messico con il suo calore. Inarritu procede quindi per deframmentazione delle singole caratteristiche, arrivando a delineare un perfetto quadro dei suoi suoi personaggi chiave. Dopo un primo tempo in cui non sarebbe stato eccessivo gridare al capolavoro, la storia subisce però una battuta d'arresto, e l'episodio ambientato in Marocco finisce per prendere il sopravvento sia sull'ambientazione messicana che su quella giapponese. Proprio l'episodio giapponese è poi l'anello debole del'intera struttura, risultando fuori contesto e fondamentalmente poco sfruttato salvo che per il contrasto con la realtà arida del Marocco, sottolineato da una fotografia sublime.
Rimane comunque un fim appassionante e sentito, sicuramente da vedere.

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Ultima risposta 26/03/2007 15.10.35
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Gruppo COLLABORATORI gerardo  @  12/11/2006 22:04:35
   7½ / 10
Confermando il suo stile personale, Inarritu, affiancato ancora una volta dal "suo" fidato, bravissimo sceneggiatore Arriaga, si spinge con Babel ad un'osservazione più globale delle meccaniche umane, in un vasto panorama di civiltà intercontinentali tra esse connesse. L'incontro può facilmente degradare nello scontro, in un affastellarsi di intrecci sempre più inevitabili e fitti di culture, a sottolineare l’imprescindibilità dei rapporti umani anche fra popoli diversi e lontanissimi, non solo geograficamente. Inarritu porta con sé la coscienza della “complicità”, per la quale le azioni di ognuno si riflettono (o possono riflettersi) all’altro capo del mondo. I continenti – e con essi le rispettive culture - non sono più isole autonome, slegate le une dalle altre, ma parti integrate di trama fitta, di una rete sempre più stretta e che rischia continuamente di far male. Alla base di questa rete c’è la comunicazione, difficile e impura, ambigua e distorta, poco democratica, ma ineluttabile. Le sofferenze che ciascuna componente etnica patisce sono dolorosamente uguali per tutti, ma le soluzioni ben differenti. E se per qualcuna di esse ci può essere il lieto fine, per altre non ce ne sarà mai uno, condannate a perpetuo vagare nei deserti del dolore.

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Ultima risposta 22/12/2009 15.40.57
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  11/11/2006 22:45:55
   8 / 10
E' fortissima la sensazione di essere davanti a un capolavoro, ma poi bisogna fare i conti con un finale che divide, ghettizza, reclama un mondo separato tra ingiustizie sociali e sospetta "conciliazione".
Di quel mondo, Inarritu esprime un'enorme "patologia del dolore", ma sembra rassicurarci che presto o tardi non ne faremmo parte, e quasi ci si dimentica, esattamente come nella realtà, di un uomo che ha perduto il figlio ucciso dalla polizia, e di una donna espulsa con un foglio di via dalla cosiddetta "democrazia perfetta" degli States.
Per essere un cinema che inaugura un nuovo linguaggio visivo e tecnico, occorre dire che a tratti è forte la sensazione che l'innovazione sia piu' apparente che reale.
Non è difficile capirne il perchè: se apparentemente è il film che non ti aspetti, se lo spettatore viene sottoposto a un'intensissimo mosaico dei mali del mondo, altrettanto consciamente è messo nelle condizioni di separarsene.
Complice una fotografia che definire splendida è poco (straordinaria la Tokyo filtrata in un gioco abbacinante di luci al neon à la Koyannisquatsi - magnifiche le immagini di certi anziani contadini marocchini, con le loro rughe e un senso infinito di bellezza genealogica), il film di Inarritu ha comunque un pregio difficilmente individuale nel cinema contemporaneo: le tre storie che si svolgono in tre località diverse sembrano magicamente celebrare anche una fortissima empatia con il cinema dei paesi preposti, quasi che l'analisi del regista messicano sia composta da un senso etnico-universale della rappresentazione cinematografica.
A Tokyo troviamo un'apologia della parola e del gesto che puo' ricordare Wong-Kar Wai, in Marocco le immagini fisse e il territorio brullo e silente fa pensare all'Iran di Kiarostami.
Non c'è quella che si reclama come "estetica del deserto" bensì una divisione collaterale tra il deserto oggettivo e quello soggettivo, che è il perno della (mancanza di) comunicazione delle tre storie.
Il "deserto individuale" puo' raggiungere anche lo spazio e il fragore di un disco-club quando il dono della parola non esiste, e la protagonista della storia cerca un contatto nello "spazio aptico" della sua mente.
C'è un deserto oggettivo, e un deserto umano, che è il piu' doloroso, perchè reclama voce al silenzio, al dolore, all'incomunicabilità
Per esempio, una coppia che sembra uscita da "the sheltered sky" di Bowles cerca di ritrovare il contatto perduto dopo un doloroso avvenimento che li ha separati per lungo tempo.
"Babel" vorrebbe assurgere all'affinità universale del dramma, esattamente quanto Resnais nel suo ultimo, bellissimo film, esibisce in pochi e ristretti spazi circolari, e per quanto assurdo possa sembrare entrambi i film sono complementari.
E' ovvio che nel "suo" Messico l'autore sia consapevolmente piu' a suo agio, e non a caso è il posto dove noi occidentali sentiamo di poterci sentire meglio.
Non è certo un paradosso: è appurato che la società di oggi funzioni in modo programmatico, essendo legittimo e prevedibile (certo non dovrebbe neanche esserlo) amare sempre il luogo dove la vita sembra (è?) tanto diversa dalla nostra.

La metafora di Inarritu è forzata, perchè è troppo specifico e forse banale che i contatti tra il mondo capitalista (Usa Giappone) e il cosiddetto "terzo mondo" sia diviso quotidianamente dalle barbare leggi dell'imperialismo (cfr. su tutti i due perni, i turisti occidentali cinici e senza cuore - la violenza della polizia marocchina per arrestare un presunto "colpevole" e quindi per non frenare l'impatto turistico.economico col mondo occidentale).
Lo stesso episodio della ragazza sordomuta è emblematico: non è forse coercitivo il bisogno (per quanto coraggioso e lodevole) di spingere lo spettatore a captare il senso di alienazione del suo handicap?
E ancora, possiamo forse negare che il gesto cosciente di un ricco (giapponese) provochi effetti terribili su un "mondo" meno fortunato di noi?
Dire che la risposta è no, significa accettare passivamente e con un senso di inevitabile fatalismo che questa realtà esiste, ma che non basta invitare noi stessi a riflettere e confessarla.

Stento comunque a credere di essere stato tanto duro: ho trascorso due ore appassionanti e dolorose, il cuore mi è andato piu' volte sottoterra, e quando ha ripreso a battere ha provato un certo disagio per le infinite sfumature che il mondo ci riserva. Un mondo che è aspro e violento come quello di Inarritu, ma che dovrebbe avere la forza di dirci di piu' di questo film.

Potrebbe non bastare, e allora anche un film a modo suo rappresentativo e spesso splendido come quello del regista messicano rischia di perdere la sua forza rivoluzionaria e approdare soltanto nel porto comodo fors'anche doloroso della nostra quotidianità

1 risposta al commento
Ultima risposta 24/12/2006 01.42.15
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cieloduro  @  10/11/2006 14:53:33
   7½ / 10
Se non siete limitati mentalmente come kadhia questo film non potrà che emozionarvi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 14/11/2006 14.06.01
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kadhia  @  09/11/2006 13:16:22
   4½ / 10
L'ho trovato veramente noioso, privo di ogni mordente, due ore e mezzo della mia vita buttate a vedere raccontare tre storie che non ti lasciano nulla, e ti comunicano ancora meno.

5 risposte al commento
Ultima risposta 12/11/2006 00.58.54
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andreapau  @  07/11/2006 09:36:43
   5½ / 10
babel,ovvero quando il sistema di narrazione si sostituisce al contenuto stesso del film.cio' che in ventuno grammi rese intrigante una improbabilissima vicenda umana,in babel,rabbercia alla bell'e meglio tre vicende altrettanto improbabili e decisamente banali.la grandezza di altman o di p.t. handerson,è quella di non scadere mai nella caricatura..errore nel quale inarritu persevera.certo,non mancano gli spunti di riflessione importanti e la realizzazione è praticamente ineccepibile,ma personalmente mi ha annoiato questa specie di americanismo mascherato da terzomondismo.non siamo a livelli di si buana,ma poco ci manca.niente di peggio che uan macchina da presa in mano a un chicano con i soldi e la coscienza sporca.

10 risposte al commento
Ultima risposta 15/11/2006 09.27.39
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Raff.x  @  05/11/2006 19:08:44
   7 / 10
Film che, alla maniera narrativa di 21 grammi, tratta il tema delle conseguenze causate dalle barriere sociali, stereotipiche e ideologiche ancor prima che linguistiche o geografiche.
Sebbene il tema in questione sia stato trattato, probabilmente in maniera più profonda, da film quali Crash Contatto Fisico, Iñárritu ci consegna una bellissima e toccante descrizione di mondi così differenti e culturalmente distanti.
Meno riuscito, purtroppo, il tentativo di correlazione fra gli episodi: solo un flebile elemento connette l'episodio giapponese al resto della storia, non riuscendo appieno a inglobarlo nella trama narrativa.
Ottime le interpretazioni (abbastanza marginale - in fin dei conti - quella di Kate Blanchett) di tutti gli attori, sebbene spicchino in particolare quelle, superlative, della ragazza giapponese e della badante messicana. 21 grammi è comunque lontano.

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Ultima risposta 06/11/2006 21.46.02
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