Dedico questo pezzo a coloro che credono di avere un disturbo ossessivo compulsivo verso un essere vivente. State calmi, per capire il da farsi e necessario riconoscere se l’oggetto della vostra maniaca ossessione ne è degno. Se la risposta è sì, come nel mio caso, brindate alla vostra salute. Ve lo siete meritato.
Questo 2013 sarà senza ombra di dubbio un anno entusiasmante per la sottoscritta, mi comprerò finalmente una libreria (non all’Ikea, che io non monto e smonto nulla, fatico già abbastanza a risorgere ogni mattina), mi prenderò il gatto dalla faccia all’inggiù (che sarà per forza una gatta e si chiamerà Nonna Jo Jo) e tornerò a sbavare senza ritegno al cinema con la faccia a forma di cuore, manine e piedini a cuore, cuori dappertutto. Mi siederò comoda comoda e come un’ebete mi godrò Only God forgives (di Nicolas Winding Refn), Gangster Squad (di Ruben Fleischer), The Place Beyond the Pines (di Derek Cianfrance) e Lawless
(di Terence Malick). Quattro film di quattro registi diversi, che hanno in comune Lui: Ryan Gosling
Probabilmente quello di Malick lo si vedrà nel 2014, ma checcifrega. Anzi, meglio. A me piace pensare in prospettiva. Il fatto è questo, un’ossessione ha diritto di esistere solo ed esclusivamente se si tratta di un qualcosa di perfetto. Non c’è spazio per difetti di alcun tipo, perciò razionalizzate. Credete di essere fissati col vostro barista di fiducia? O con la collega dell’ufficio accanto al vostro? O con il vostro compagno di banco? Non dite sciocchezze, uscite immediatamente dal tunnel. Prendete le medicine se necessario, ma svegliatevi. Quelli sono umani, immeritevoli dei vostri arzigogolati pensieri. Trovate una divinità ed amatela, ne verrete ricompensati.
Stolti. La perfezione non è affatto simboleggiata da addominali scolpiti e sguardi intensi. Certo che Lui è decisamente gnamgnam, che discorsi. Cito testualmente una mia amica che qualche settimana fa mi disse: “Quello lì mi fa talmente sesso che mi sono sparite le gambe. Sono una lumaca e sto lasciando la scia”. A parte il fatto che è una battuta straordinaria, ci siamo capiti. L’ormone è un grande protagonista. Ma c’è di più, per diventare una divinità da adorare devi essere bravo in quello che fai. Avete scelto di venerare Penelope Cruz? Comprensibile, è bella e brava. Avete scelto Ian McKellen? Come darvi torto. Avete scelto Keira Knightley? Andate a farvi curare da uno competente, ve ne prego.
Forse non tutti sanno che Lui suona e canta pure. Sì gente, esistono gli umani come noi che se si devono soffiare il naso mentre camminano si fermano, perché due cose contemporaneamente non si possono proprio fare. E poi esistono loro, esseri che di umano hanno solo il travestimento, quando in realtà sono creature scese sulla Terra per renderci questa vita più sopportabile. E nel caso di Ryan, beh, ha pure un travestimento pazzesco e perciò chapeau.
Nutrite le vostre ossessioni secondo logica come vi ho spiegato. Che la pace sia con voi, e con il vostro spirito.
Le ruote di una bicicletta diventano il simbolo dell'avanzare del tempo, oltre un mezzo per percorrere un tragitto, lo stesso tragitto reiterato, inesorabile, instancabile. Una poesia di immagini e musica della durata di 8 minuti, di incredibile impatto emotivo, racconta l'amore tra un padre e una figlia, interrotto un giorno dalla scomparsa del padre, ma mai terminato dalla potenza di un sentimento capace di andare oltre i limiti terreni. "Father and daughter" è un capolavoro impressionante dell'olandese Michael Dudok De Wit, il quale ci racconta di un rapporto indissolubile tra un padre e una figlia. Lei percorre la stessa strada, nella speranza di ritrovare il padre. Lo stesso percorso in bicicletta, mentre il tempo passa e le cose cambiano, i paesaggi mutano, lei stessa diventa prima ragazza, poi donna, poi anziana. Ma quell'amore non muta e vince lo scorrere del tempo. Quelle ruote sono i bastoncini legati in un mazzetto di cui ci parla Alvin Straight in "Una storia vera" di Lynch, sono allo stesso modo la cassetta delle lettere di Carl in "Up".
Sono i simboli di legami inscindibili tra genitori e figli, tra fratelli, tra coppie. E' l'Amore che non muore, nonostante tutto.
Ognuno di noi dovrebbe possedere un pezzettino di questa ricchezza, talvolta non ci facciamo caso e diamo per scontato il fatto di esistere. Giusto ieri sera ho ripensato a mia nonna, a quanti ricordi pullulano ancora nel mio cervello e nel mio cuore, malgrado avessi solo sei anni quando è morta. Ho ricordato anche improvvisamente come molte cose sono ineluttabilmente cambiate, andate perdute. Forse dovremmo fare di più, prenderci cura con più forza dei legami delle nostre vite. Un giorno non ci saranno più, perché il tempo sono le ruote di una bicicletta che avanza, che scorre. Ma noi possiamo sempre pedalare a ritroso e ripercorrere quello che abbiamo rinchiuso tra i ricordi.
Il tempo non ci dà scampo, ma tenerlo a mente può aiutarci a non perdere per strada unioni preziose.
“Vola il tempo lo sai che vola e va, forse non ce ne accorgiamo ma più ancora del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo e per questo ti dico amore, amor io t'attenderò ogni sera, ma tu vieni non aspettare ancor, vieni adesso finché è primavera”
"I bambini percepiscono i problemi, pertanto non è giusto nasconderli. Ma ai piccoli di cinque anni non si può non mostrare la speranza."
Un alone di mistero aleggia sul prossimo lavoro del regista Hayao Miyazaki. Le ultime informazioni che ci giungono dai corridoi del web ci dicono sia alle prese con un biopic sul progettista dell'aereo Zero (utilizzato dal Giappone nella seconda guerra mondiale) Jiro Horikoshi. Non essendo trapelato altro, ci dobbiamo accontentare di questa affermazione dell'autore: "Non sarà un film che il pubblico può guardare in relax, ma sarà un'opera in qualche modo realistica" .
Attendiamo pazientemente la sua ultima fatica. Personalmente ne ho un estremo bisogno. Per chi non conoscesse questo straordinario regista e si ritrovasse a parlarne con me in salotto, tra un muffin, caffè ristretti e qualche sigaretta, probabilmente andrebbe a casa felice. Perché Miyazaki è il Dio dell'animazione giapponese. No, fermi. E' il Dio dell'animazione, punto. Ed è in grado di regalare la vera felicità, quella che ti permette di non pensare alle brutture insignificanti della microscopica esistenza, ma ti accompagna per mano in mondi e realtà incredibili, potenzialmente più veri e plausibili del talvolta mediocre reale. Il primo lungometraggio del Maestro che vidi fu La città incantata, ed incantata rimasi. Di lui, delle sue opere, non potei più fare a meno. E succede a tutti, anche a coloro che solitamente osservano i film d'animazione con sospetto, ritenendoli robetta per mocciosi o per nerd sfigati.
Ora, non mi metterò certamente a raccontare tutti i suoi film, se solo mi inoltrassi in questo probabilmente non ne verrei più fuori. Quello che mi preme maggiormente, è che venga finalmente accolto come un arricchimento culturale e umano il Miyazaki pensiero. Per chi ancora credesse che si sta parlando di un tizio che fa i cartoni animati, sappiate che stiamo parlando di un uomo laureatosi negli anni '60 in scienze politiche ed economia. Che nel 1985 mette definitivamente in piedi, insieme al socio Isao Takahata, il leggendario Studio Ghibli, permettendo a tutto il mondo di godere delle sue opere, avvalendosi di preziosi collaboratori, lasciando spazio a giovani leve. E' uno che nei titoli di coda inserisce il gatto degli studios e le donne delle pulizie. Parlo di un signore che recentemente protesta contro il nucleare, marciando in grembiule insieme a due amici e un border collie in assoluto silenzio. Vi sembra che stia parlando di uno che coglioneggia? Bene, finalmente ci siamo intesi.
La filosofia di pensiero miyazakiana prende forma comunicativa attraverso l'animazione, viene rivolta al mondo dell'infanzia, un mondo sensibile che apprende inconsapevolmente, ma che ha bisogno dell'adulto per rielaborare, per comprendere completamente ciò in cui viene magicamente introdotto. Credo fermamente che le opere di Miyazaki dovrebbero essere mostrate ai bambini già dalla seconda infanzia, sia a casa che nelle scuole, condividendole con genitori ed educatori. Spesso noi adulti ci dimentichiamo di quanta importanza abbia la condivisione, soprattutto in un mondo come il nostro attuale, dove l'intercultura è ormai un valore aggiunto. Ed è proprio il valore la parola chiave. Non al plurale, che quando sento parlare di valori mi viene un senso di nausea come quando vedo gli occhialetti in 3D. Si inciampa in stucchevoli banalità, ci si abbandona ineluttabilmente ai soliti bla bla bla, riempiendo di luoghi comuni le orecchie stanche di passivi interlocutori. No, io parlo del Valore, quello universale che si dà alla vita, al rispetto di essa in tutti i suoi aspetti. Dopodiché ognuno può fare liberamente le sue personali riflessioni al riguardo. Basterebbe sorteggiare a caso tra le opere del regista e ne avremmo esempi lampanti. I mondi fantastici in cui ci catapulta sono esperienze magiche, trasudano di verità e di epico coraggio, quello che serve un po' a noi tutti per crescere i nostri bambini in questo caotico presente, proiettandoli in un futuro possibilmente meno incerto. Ricordate quella canzone del nostro compianto Giorgio Gaber che ci illuminava sul non insegnare ai bambini?
"Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro
alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno
di un'antica speranza.
Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente."
Niente di più difficile. Ma sarebbe ora di incominciare.