Attore di punta del cinema americano degli anni cinquanta, William Holden è stato l'interprete ideale delle commedie romantiche e dei melodrammi sentimentali molto in voga nella cinematografia hollywoodiana dell'epoca.
Non si considerava un grande attore, ma ha saputo rischiarare il suo volto, ambiguamente ed intelligentemente anonimo, con una serie di memorabili interpretazioni che hanno segnato la storia del cinema, aprendo la strada ad un filone nazional-popolare di qualità, che ha furoreggiato verso la metà del secolo scorso; prima, cioè, che arrivasse la generazione dei nevrotici 'belli e dannati', dei ribelli senza causa che avrebbero rivoluzionato la tecnica recitativa ed il modo stesso di fare cinema, portando sullo schermo l'angoscia, le frustrazioni, l'ansia, la solitudine e la tenerezza della gioventù postbellica, portatrice inquieta e problematica di quella che sarà definita 'la rabbia giovane'.
Nato a O'Fallon nell'Illinois il 17 aprile 1918 da una famiglia benestante, William Holden, che all'anagrafe si chiamava William Franklin Beedle jr., era figlio di un chimico industriale e di una insegnante che, secondo il suo albero genealogico, discendeva direttamente da George Washington.
Quando aveva tre anni la sua famiglia si trasferì a Pasadena, in California, dove William fu avviato agli studi di chimica presso lo 'Junior College'.
Mentre è ancora impegnato con gli studi ha l'occasione di partecipare ad una serie di spettacoli allestiti da alcune radio lacali ed a diverse rappresentazioni presso il teatro 'Pasadena Playhouse', dove nel 1937 viene notato per la prestanza del suo fisico da un talent-scout della Paramount che gli procura un contratto con la major hollywoodiana.
L'anno successivo interpreta il suo primo film, "PRISON FARM", per la regia di Louis King.
Nel 1939 ottiene il suo primo ruolo da protagonista nel film "PASSIONE - IL RAGAZZO D'ORO", di Rouben Mamoulian, in cui interpreta il ruolo di un violinista indeciso tra la musica e la boxe. Durante un incontro di pugilato, però, la morte sul ring di un avversario gli procura una profonda crisi, che riesce a superare con l'aiuto dalla donna amata (Barbara Stanwyck), e decidendo di lasciare la boxe per tornare al suo amato violino.
Nonostante si dimostri artisticamente poco maturo, l'insperato successo ottenuto dal film lo convince a dedicarsi a tempo pieno al cinema. Cinema che non amerà mai del tutto incondizionatamente, e che più tardi definirà 'un impero di cartapesta, un'attività industriale che produce immagini e incassa denaro'.
L'incontro con Barbara Stanwyck coincise con l'adozione del nome d'arte: fu infatti la partner del suo primo film come attore protagonista a suggerirgli di cambiare cognome e di assumere quello di Holden, molto più orecchiabile di Beedle.
Fattosi conoscere ad Hollywood, anche la Columbia Pictures comincia ad interessarsi al giovane attore dell'Illinois, rilevando la metà del suo contratto con la Paramount.
Holden cominciò così ad alternarsi fra le due case di produzione, girando una serie di film non di primissimo valore ma che contribuirono ad accrescere la sua popolarità ed a far diventare familiare tra gli spettatori il suo volto, ingannevolmente anonimo, ma intelligentemente disincantato.
Sono di questo periodo "LA NOSTRA CITTÁ", di Sam Wood; "I CAVALIERI DEL CIELO", di Mitchell Leisen; "TEXAS", di George Marshall; "LA FORTEZZA SI ARRENDE", di Victor Schrtzinger e "QUANDO ERAVAMO GIOVANI", di Edward H. Griffith, un western divertente ma eccessivamente convenzionale.
In "TEXAS" divide la scena e le avventure con un altro attore semiesordiente, Glenn Ford, destinato a diventare altrettanto popolare e famoso.
I due interpretano una coppia di amici reduci della guerra civile, i quali, dopo aver assistito all'assalto di una diligenza, assaltano a loro volta i banditi e si impossessano del bottino. Ma poi, complice la donna amata da entrambi, le loro strade si dividono definitivamente e, mentre l'uno diverrà allevatore, l'altro entrerà definitivamente in combutta coi malfattori.
In "QUANDO ERAVAMO GIOVANI", commedia brillante e divertente, invece, è uno dei sei giovani, tre maschi e tre femmine, tutti squattrinati e appassionati di teatro, che decidono di vivere insieme, giurando che non si innamoreranno mai tra loro.
Intanto, però, scoppia la seconda guerra mondiale e la sua carriera subisce una battuta d'arresto perchè viene richiamato sotto le armi per prestare servizio nel reparto paracadutisti nell'Air Force.
Al ritorno dalla guerra la sua carriera subisce una svolta radicale e si fa più solida e consistente.
Ma prima della grande occasione, che avverrà nel 1950, c'è tutta un'altra serie di film, di qualità artistica sicuramente migliore, anche se non ancora di valore assoluto.
Tra questi ricordiamo: "SESSANTA LETTERE D'AMORE", di William D. Russel; "ALL'ALBA SARETE VIVI - PAZZIA", di Rudolph Maté; "AMORE SOTTO I TETTI", di George Seaton; "IL VAGABONDO DELLA FORESTA", di Norman Foster; "ABBASSO MIO MARITO", di Richard Hayden; "SEGRETARIA TUTTO FARE", di Lloyd Bacon.
Nel 1950 Holden conosce Billy Wilder, che ben presto diventerà il 'suo' regista di riferimento.
Wilder lo definì 'l'attore ideale' e lo volle con sè in quattro dei suoi film.
Nel primo, "VIALE DEL TRAMONTO", che nel 1950 gli diede fama e ricchezza, è un giovane sceneggiatore disoccupato di Hollywood che, dopo aver conosciuto un'anziana e ricca diva del muto, ormai dimenticata, nella spasmodica attesa di una scrittura, ne diviene dapprima il mantenuto, quindi l'amante ed infine la vittima.
Melodramma cinico dai risvolti noir, il film è un caustico e crudele atto d'accusa del mondo di Hollywood ed una spietata rappresentazione della parabola umana in cui si mescolano disfacimento morale e follia, e rappresenta una pietra miliare nel percorso artistico sia di Holden che dello stesso Wilder.
Gloria Swanson, l'interprete femminile, era essa stessa sul VIALE DEL TRAMONTO, mentre von Stroheim, che interpreta il ruolo del regista del film, era stato veramente regista della diva in alcuni dei suoi film.
In seguito a questa interpretazione, che lo proiettò di diritto nella storia del cinema e che segnò una netta rottura con i ruoli del passato, l'attore fu interprete di tutta una serie di film in cui riuscì a mescolare sapientemente cinismo e buoni sentimenti, prestando il suo volto decisamente bello a tutta una serie di personaggi che presentano la doppia sfaccettatura, popolare ed artistica allo stesso tempo.
Ne è un esempio il ruolo sostenuto nel secondo film di Wilder, "STALAG 17 - L'INFERNO DEI VIVI", magistrale interpretazione del personaggio del sergente Saffon, prigioniero di guerra in Germania in un campo di concentramento nazista dove, per il suo modo di fare e di agire, cinico e opportunista con tratti di spregiudicato menefreghismo, viene ritenuto dai compagni una spia dei nazisti. Toccherà proprio a lui smascherare il vero colpevole che verrà usato come esca per la fuga.
Uno dei più bei film sui campi di concentramento, in cui il regista ha saputo sapientemente dosare drammaticità, tensione e comicità, e una delle più significative prove attoriali di Holden che ha saputo conferire al suo personaggio quell'aria di scanzonata tragicità che ne fanno la figura dell'antieroe per eccellenza.
Il film, uno dei migliori tra quelli ambientati nei campi di concentramento nazisti, un misto di ironia, dramma e suspense, ha regalato a William Holden, l'unico Oscar come miglior attore, della sua lunga e proficua carriera.
Nel terzo film sotto la regia di Wilder, la commedia rosa "SABRINA", interpretato nel 1954, Holden è il rampollo playboy di una ricca famiglia americana, che prima corteggia la figlia dell'autista di famiglia, AUDREY HEPBURN, e poi la lascia al fratello maggiore, il serioso Huphrey Bogart, che comincia a corteggiarla a sua volta, preoccupato che l'eventuale matrimonio del fratello possa non essere felice.
Nel quarto e ultimo film wilderiano, "FEDORA", del 1978, Holden è un produttore che tenta di riportare in auge una famosa attrice che si è ritirata da anni dagli schermi per rifugiarsi nell'isola di Corfù, dove è riuscita misteriosamente a rimanere giovane e bella. L'incontro con la diva lo porterà a scoprire un morboso segreto.
Testamento artistico di Wilder, il film è un mix di mystery ed ironia e, anche se non posside la perfezione stilistica di "VIALE DEL TRAMONTO", con cui, comunque, ha molti punti in comune, rappresenta il tentativo, riuscito, di Wilder di stigmatizzare i guasti provocati dal successo.
Divenuto di colpo popolarissimo negli anni cinquanta (primo nella top ten del 1956), l'idolo delle platee domenicali seppe valorizzare il suo indubbio fascino ed esprimere il meglio di sè, oltre che nelle commedie rosa, nei melodrammi sentimentali, ma seppe essere perfetto anche in alcuni kolossal a sfondo bellico girati a cavallo tra il 1950 e il 1960.
Un classico esempio di commedia briosa, nella quale l'attore si muove perfettamene a suo agio, è invece "NATA IERI" di George Cukor, in cui è il giornalista che insegna le buone maniere ed un accenno di cultura ad una ex ballerinetta, bella ma ignorante e mantenuta di un rozzo ed arricchito uomo d'affari, la quale si innamora del suo insegnante e riesce a mandare a monte un lucroso affare che il suo amante si accingeva a concludere.
Poi è tutta una serie di grandi successi, come "L'ULTIMA PREDA", di Rudolf Maté; "STRINGIMI FORTE TRA LE TUE BRACCIA", di Michael Curtiz; "FURORE SULLA CITTÁ", di Willam Dieterle.
Nel 1953 si cimenta nel western con il pregevole film di John Sturges, "L'ASSEDIO DELLE SETTE FRECCE", in cui è l'inflessibile comandante Roper, di Fort Bravo. In seguito alla fuga di un gruppo di sudisti, si mette sulle loro tracce, ma tutti insieme, inseguitori e inseguiti, dovranno allearsi per difendersi da un attacco dei feroci pellerossa Mescaleros.
Secondo degli otto western di Sturges, "L'ASSEDIO DELLE SETTE FRECCE" dà a Holden l'opportunità di esplorare nuove frontiere recitative, e gli permette di esprimere tutte le potenzialità espressive del suo volto, e non più solo ambiguità e cinismo.
Dopo il film di Sturges, nel 1953 è la volta della commedia sentimentale "ETERNAMENTE FEMMINA", di Irving Rapper, nella quale lo ritroviamo nel ruolo di un cinico sceneggiatore fallito di cui si innamora una matura attrice di teatro che pretende di interpretare un ruolo per il quale è troppo in là con gli anni. La parte e l'amore dello sceneggiatore andranno ad un'attrice decisamente più giovane, mentre la matura diva troverà conforto tra le braccia del comprensivo marito.
Con il film successivo, "STALAG 17 - L'INFERNO DEI VIVI", di Billy Wilder, William Holden vide finalmente riconosciuta la sua professionalità anche dall'Academy Award che gli assegnò il premio Oscar come miglior attore protagonista.
Ancora una commedia è la successiva pellicola, "LA VERGINE SOTTO IL TETTO", girata sempre nel 1953 per la regia di Otto Preminger; un film che all'epoca fece scandalo per l'audacia del tema affrontato: quello di una ragazza illibata che, tra giochi di equilibrismi erotici, tiene in scacco due uomini, barcamenandosi tra un dongiovanni (Holden) ed il padre dell'ex fidanzata di quest'ultimo (David Niven).
Il linguaggio ritenuto volgare (per la prima volta in una pellicola si pronunciano le parole vergine e amante) portò il film ad essere boicottato dalle autorità ecclesiastiche cattoliche e ad essere denunciato per oscenità.
La vittoria in tribunale, da parte di Preminger e della produzione, segnò l'inizio della fine del codice Haynes.
Il 1954, l'anno di "SABRINA", fu per Holden un anno di grossi successi commerciali, cominciati con la splendita performance, accanto alla bellissima GRACE KELLY, offerta nel bellico "I PONTI DI TOKO-RI", in cui è un tenente pilota dell'aviazione che trascorre una breve e serena licenza, non priva però di paure e insicurezze umane, assieme alla moglie e ai figli, prima di partire per una difficile missione, durante la guerra in Corea, dalla quale non tornerà più.
Segue un'altra grossa affermazione, conseguita ancora assieme a GRACE KELLY, con il melò "LA RAGAZZA DI CAMPAGNA", di Geroge Seaton, in cui è un regista di teatro che si innamora della moglie di un attore di successo ma alcolizzato (Bing Crosby) a causa del dolore causato dalla perdita del figlio. Ma uno shock improvviso e inatteso farà ritrovare all'attore le sue capacità professionali e alla coppia la forza di ricominciare.
La serie di straordianri successi prosegue con il drammatico "LA SETE DEL POTERE", di Robert Wise, sulla lotta senza esclusione di colpi che si scatena tra i cinque vicepresidenti di una grande azienda produttrice di mobili, per succedere al presidente defunto, che si concluderà con la scontata vittoria del più onesto/Holden, sul più agguerrito (Fredric Marc).
Anche il 1955 in fatto di popolarità e di successi non è avaro; basta pensare ai titoli di due film girati nel corso dell'anno.
Il primo è "L'AMORE È UNA COSA MERAVIGLIOSA", di Henry King, in cui Holden è un cronista americano che, inviato in Corea al tempo della guerra del '49, si innamora di dottoressa euroasiatica/Jennifer Jones. Amore contrastato dai pregiudizi razziali e dalla moglie di lui che non vuol concedergli il divorzio.
Il secondo titolo è il celebrato "PICNIC", in cui è un fascinoso vagabondo che, nel corso di una festa campestre, sconvolge la vita di una piccola cittadina del Kansas e, a torso nudo (il che lo consacrò nuovo sex symbol del pubblico femminile), fa perdere la testa a Kim Novak e a Rosalind Russell .
Successo straordianario e colonna sonora strepitosa e gettonatissima, la pellicola di Joshua Logan, al suo primo film come regista dopo una lunga carriera come attore, è apprezzabile per la capacità di rappresentazione sociologica dei vizi privati e delle pubbliche virtù della società americana, provinciale e retrograda.
Tornato al melodramma sentimentale, nel 1956 interpreta "ANCHE GLI EROI PIANGONO", di George Seaton, nel ruolo di un rude colonnello che, incontrata la crocerossina Debora Kerr, in cerca dello scomparso marito ferito a Guadalcanal, prima cinicamente la seduce, poi, ma troppo tardi, si accorge di amarla.
Contemporaneo è lo spettacolare "SOLI NELL'INFINITO", di Mervin LeRoy, sulla voglia di riabilitazione di un ex maggiore pilota che, uscito di prigione diventa collaudatore di aerei a reazione, di cui scoprirà difetti e manchevolezze, ma verrà creduto solo quando, per poco non ci rimette la pelle.
Un ulteriore, grosso successo lo aspetta nel 1957 con il bellico "IL PONTE SUL FIUME KWAI", su un gruppo di soldati alleati, prigionieri dei giapponesi in Birmania, durante la seconda guerra mondiale.
Holden vi interpreta il ruolo di uno dei prigionieri americani che, riuscito a fuggire, viene incaricato dai compagni di distruggere il ponte che erano stati costretti a costruire sul fiume Kwai. Finirà in tragedia per tutti.
Spettacolare e superpremiato (sette premi Oscar) questo megafilm è contemporaneamente una denuncia sull'assurdità della guerra in generale, e un omaggio a chi è costretto a farla.
Fra i tanti premi, un Oscar è andato alla sceneggiatura non originale di Carl Foreman e Michael Wilson, entrambi nella lista nera di MacCarhty come comunisti, per cui il premio venne assegnato all'autore del romanzo, Pierre Boulle, da cui la sceneggiatura è tratta.
Memorabile e di grandissimo successo il fischiettato motivo 'The Colonel Bogey March', che ottenne l'Oscar e fa da colonna sonora all'intero film.
Per la sua partecipazione al film, William Holden contratta ed ottiene di essere pagato a percentuale, e diventa ricchissimo.
Ricchezza che amministrerà con oculatezza ed intelligenza, facendo investimenti nel campo turistico-alberghiero, come ad esmpio l'acquisto del celebre 'Mount Kenia', l'albergo costruito sugli alberi, in Kenia.
Nel 1958 è accanto a SOPHIA LOREN nel melodramma di Carol Reed, "
Nel 1959 John Ford dirige il suo unico film sulla guerra civile americana, "SOLDATI A CAVALLO", assegnando a Holden il ruolo di un ufficiale medico nordista, poco incline alla violenza e inviso dal comandante il regimento (John Wayne). Durante una missione in territorio sudista per sabotare il nodo ferroviario da dove partono i rifornimenti per i soldati, conquisterà l'amore di una patriota sudista e il rispetto del comandante.
Considerato, a torto, un'opera minore di Ford, asciutto e antiretorico, il film è una forte denuncia contro l'inutilità del conflitto, con un occhi di riguardo verso la popolazione sudista; il che lo rende uno dei più significativi lavori sulla guerra di secessione americana.
Un'altra pellicola sentimentale di grosso successo, girata dall'attore sotto la regia di Richard Quine, è "IL MONDO DI SUSIE WONG", in cui impersona un pittore americano che, recatosi ad Hong Kong per ritrovare l'ispirazione, si innamora di una prostituta asiatica che gli fa da modella. Vorrebbe portarla con sè in America, insieme al figlioleto ma il destino ha deciso diversamente.
Indimenticabile la dolcezza di Susie Wong, pur nella retorica dei melodrammi strappalacrime, e molto bella la colonna sonora che ha ispirato anche un famoso cantautore italiano degli anni '60.
Anni '60 che segnaro l'inizio del declino artistico di Willliam Holden e coincisero con il divorzio dalla moglie Brenda dopo un lungo matrimonio durato trenta anni, dal quale erano nati due figli.
La riacquistata libertà lo induce a dedicarsi con più impegno alla passione, lungamente coltivata. Ecologista convinto, si trasferisce per un certo periodo di tempo in Africa, dove combatte la sua battaglia in difesa degli animali in via d'estinzione.
Comincia, però, a soffrire di depressione ed a fare abuso di alcol, al punto che, nel 1966 viene coinvolto in un grave incidente automobilistico in cui perse la vita l'altro automobilista, causato dalla sua guida in stato di ebrezza.
Accertata la sua responsabilità venne condannato ad otto mesi per omicidio colposo, riuscendo ad evitare il carcere soltanto grazie al beneficio della sospensione della pena.
Cominciò, per questo, a soffrire di sensi di colpa, e ciò contribuì a peggiorare la situazione, aumentando la sua dipendenza dall'alcol, come testimonieranno i suoi amici.
L'unica valvola di sfogo è il lavoro, in cui si impegna con un rinnovato vigore che oggi appare sospetto.
Interpreta quindi tutta una serie di film, alcuni dei quali di livello artistico piuttosto modesto, su pressione anche degli studios, decisi a non cedergli il contratto.
Tra tutta questa serie di lavori, non all'altezza della passata produzione, spiccano però alcuni titoli che hanno contribuito a segnare la sua carriera, come il sottovalutato "IL FALSO TRADITORE" del suo amico George Seaton, che gli fa interpretare il ruolo del petroliere costretto a diventare una spia nazista, o il celebre "INSIEME A PARIGI", di Richard Quine, con AUDREY HEPBURN, dove riveste il ruolo di uno sceneggiatore hollywoodiano che, a corto di idee si trasferisce a Parigi per scrivere il soggetto di un film. Ci riuscirà solo quando la sua dattilografa gli ispirerà la storia d'amore, che lei sogna di vivere con lui.
La sua ultima, grande prova d'attore la espresse nel 1969 nel capolavoro d'autore "IL MUCCHIO SELVAGGIO", l'ultimo grande western di Sam Peckinpah, che gli fa ricoprire il ruolo di Pike Bishop, capo di una banda composta di sei rapinatori americani i quali, reduci da una sanguinosa impresa, si portano in Messico dove accettano di rapinare un carico d'armi per il generale Mapeche, che combatte Pancho Villa.
Moriranno tutti per vendicare l'unico messicano della banda, ucciso dal generale perchè ha distribuito una cassa delle armi alla gente del suo villaggio, sostenitori di Villa.
Film straordinario, vera pietra miliare del genere epico-aventuroso, fece scapore per le scene di violenza delle battaglie e per le tesi che smantellavano tutti i maniechismi dei film western antecedenti (eroismi, epopea, virilità, giustizia).
Rimane solo il mito dell'amicizia e l'elegia della morte che aleggia inesorabile nel corso del procedere degli eventi.
Dopo Sam Peckinpah e "IL MUCCHIO SELVAGGIO" il western non fu più lo stesso.
Nel 1971 gira ancora un altro western, l'unico diretto da Blake Edwards, "UOMINI SELVAGGI", in cui, maturo cow boy del Nevada, in coppia con il più giovane complice, Ryan O'Neil, dopo aver compiuto una rapina tenta di fuggire in Messico, ma il gruppo degli inseguitori è implacabile.
Nel 1973 Clint Eastwood lo dirige nella modestissima commedia "BREEZY", mentre l'anno successivo è nel lungo elenco di star che periscono nel grattacielo in fiamme di "L'INFERNO DI CRISTALLO", di Irwin Allen e John Guillermin.
Dell'ultima parte della sua carriera, con una maschera più frusta e sofferta, è da ricordare l'intensa interpretazione offerta nell'efficace e aggressivo pamphlet contro la Tv, "QUINTO POTERE", di Sidney Lumet, che gli valse una nuova nomination agli Oscar.
Due anni più tardi c'è lo struggente "FEDORA", l'ultimo dei suoi quattro film wilderiani, idealmente collegato a "VIALE DEL TRAMONTO", quindi ne "IL BAMBINO E IL GRANDE CACCIATORE" è il vecchio e stanco misantropo che incontra nella parte più desolata dell'Australia, dove si è ritirato perchè colpito da un male incurabile, un orfanello a cui insegna a vivere e ad avere fiducia in sè stesso.
Diligente e lacrimevole al punto giusto, il film di Peter Collison ebbe un grosso successo ai botteghini e portò alla ribalta il bambino prodigio Ricky Schroder, il quale rimase talmente colpito dalla personalità di Holden che qualche anno più tardi chiamerà William uno dei suoi figli, in omaggio al vecchio attore.
Prima di uscire definitivamente di scena ha il tempo di interpretare la cattivissima commedia nera "S.O.B.", di Blake Edwards che, prendendo a pretesto la storia di un regista in crisi che si suicida per il flop del suo ultimo film (una sorta di porno in cui non esita a far spogliare, per la prima volta nella sua carriera, l'attrice protagonista, nonchè sua moglie nella vita), fa un'amara e comica riflessione sul sottobosco hollywoodiano.
La sigla S.O.B. del titolo sembra stia per'Son of Bitch' oppure per 'Standard Operational Bullshit'. In ogni caso entrambi i significati ben esprimono la cattiveria di fondo che pervade l'intera sceneggiatura, quasi una crudele vendetta sul sistema e su tutto ciò che gli ruota intorno.
Terminate le riprese del film, il 16 novembre 1981 l'attore fu trovato morto nella sua casa di Santa Monica in California.
Il medico legale stabilì che la morte risaliva a quattro giorni prima.
La sua scomparsa fu una delle più tristi e misteriose di Hollywood.
L'attore morì solo, in seguito ad una caduta, provocata molto propabilmente dallo stato di ubriachezza, che gli procurò una ferita alla testa dopo aver battuto contro un tavolo.
Pur restando cosciente per almeno mezz'ora, come stabilirono le indagini legali, non si rese conto, a causa dello stato di ebrezza, della gravità della ferita e non ebbe la lucidità di chiamare soccorsi. Cercò di tamponare la ferita con uno straccio ma morì per dissanguamento.
La macabra scoperta del corpo avvenne solo quattro gioni più tardi, ad opera del guardiano dello stabile in cui l'attore abitava.
Per lungo tempo la vita di William Holden fu esemplare e priva di scandali. Si sposò nel 1941 con Brenda Marshall (un'attrice che per lui lasciò il cinema) che gli diede tre figli, Peter, Scott e Virginia. Lo lasciò quando l'attore si trasferì in Svizzera con l'idea di portarsi in Africa, per dedicarsi alla difesa degli animali in via d'estinzione.
Dopo il divorzio l'attore rivelò che fino ad allora aveva vissuto come un burattino, comandato dalla moglie, e cominciò una vita all'insegna delle avventure sentimentali.
La prima a subire il suo fascino fu la top model di Dior Capucine, con la quale trascorse i tre anni "più belli della mia vita" (come li definì in seguito), in giro per il mondo e nei night club delle più belle città.
Fu la volta poi di Stephanie Powers, più giovane di lui di trent'anni, e infine di Patricia Morgan Stauffer, che, dopo la sua morte raccontò che lo aveva conosciuto la sera di capodanno del 1964 e che, dopo una lunga relazione durata dieci anni, durante i quali si erano più volte lasciati e ripresi, avevano deciso di partire per il Kenia dove avevano intenzione di sposarsi.
Dopo la sua morte le cronache scrissero che era morto da barbone in una casa da miliardari.
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Biografia a cura di Mimmot - ultimo aggiornamento 20/11/2007
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