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Voto Recensore: | 4,50 / 10 | ||
Clayton, giovane manager con una promettente carriera all'orizzonte già avviata, è malato di cuore ed è in attesa di un organo sano che lo possa guarire. Da sei mesi circa ha una relazione con la bellissima Sam, che per motivi familiari e professionali decide di mantenere segreta. Si affida quindi al suo medico di fiducia per tentare un trapianto di cuore; questi gli spiegherà i rischi che dovrà correre con l'intervento e, da buon amico, gli consiglierà di vivere al meglio il suo tempo suggerendogli addirittura di rivelare la sua relazione alla madre e di sposare Sam.
Finalmente una buona notizia; il tanto atteso organo vitale è disponibile e si può procedere al trapianto. In sala operatoria Clay viene addormentato, ma inaspettatamente si ritrova in uno stato di consapevolezza anestetica. Disteso sul tavolo operatorio e immobilizzato, assisterà impotente all'intero intervento e cercherà di trovare, attraverso i meandri della sua mente, un modo per sfuggire al dolore fisico, ma, nel limbo, andrà incontro ad altre scoperte più dolorose.
I fratelli Weinstein, dopo l'esperienza di "Pulse" hanno deciso ancora una volta con "Awake - Anestesia Cosciente" di affidare una produzione cinematografica a un giovane regista alle prime armi per poter controllare ogni aspetto del progetto. Il risultato è un ennesimo prodotto destinato ad una breve vita in sala per poi prendere l'anticamera del dimenticatoio presso i videonoleggi. Il neoregista, in un epoca in cui va di moda la frenesia caratterizzata da inquadrature e carrellate traballanti, offre in controtendenza uno stile registico "televisivo", ed essendo anche lui stesso lo sceneggiatore, sviluppa una trama vagamente new age proponendo aspetti alterni tra lo psicologico e il metafisico; ma non è questo il punto. Il problema di fondo di questo film è nell'idea di base che, pur essendo di per sé interessante, viene quasi interamente plasmata da un banale e scontato intreccio drammatico tessendo la tela di un ennesimo complotto di famiglia che, per lo stile registico proposto, neutralizza quasi interamente l'effetto thriller per dare spazio all'effetto soap opera, offuscando così altri aspetti interessanti che la pellicola inizialmente tentava di offrire.
La prima mezz'ora di proiezione è caratterizzata dalla descrizione abbastanza accurata dei personaggi, ma che riserva aspetti assai poco interessanti allo spettatore dilungandosi nel dettagliare fin dall'inizio quello che, già intuibile dal titolo del film, dovrà accadere. La suspense (se così si può chiamare) comincia in sala operatoria; da qui in poi la trama si infittisce progressivamente cercando di stupire lo spettatore con due, massimo tre colpi di scena che in realtà erano già intuibili nei primi venti minuti di proiezione.
Come già detto l'idea di base in sé è buona, ma sembra non essere originale; difatti, proprio nel 2007, il cinema horror coreano ha prodotto un film che sembra avere lo stesso schema narrativo di cui Lee Kyoo-man è sia il regista che lo sceneggiatore.
In questa pellicola, dal titolo "Return", un bambino, a causa di un uso inadeguato di anestetici, sperimenta un'operazione chirurgica in stato di coscienza, ovvero pur essendo all'apparenza addormentato, sente e prova tutto quanto gli accade (dal momento in cui il bisturi lo taglia, fino al momento in cui viene ricucito), ma in realtà non è capace di muoversi. Il ragazzino, traumatizzato dall'incidente, inizia a manifestare una personalità crudele violenza esponenziale che lo porterà inevitabilmente all'omicidio di una sua coetanea.
Mentre in "Return" lo sviluppo della storia è incentrata sul trauma psicologico del bambino, in "Awake" lo svolgimento prende un'altra direzione che porterà pleonasticamente lo spettatore alla scoperta di quanto più banale e scontato si possa immaginare.
Trattandosi di un thriller di ambientazione ospedaliera, la mancanza di accuratezza nei dettagli e la presenza di alcuni discutibili errori, specialmente in campo medico, rendono l'intero film poco credibile e l'improbabile aspetto metafisico della sceneggiatura, che ha trovato di sicuro più efficacia in "Ghost – Fantasma" di Jerry Zucker, non aiuta di certo a renderlo più convincente. Per completare l'opera infine, è stato cucito un finale a dir poco frettoloso che tenta in maniera anche forzata di indurre il pubblico alla lacrima facile enunciando un retorico quanto patetico rapporto madre/figlio (meglio una canzone di Toto Cutugno a Sanremo).
I punti a favore di questa pellicola sono di sicuro l'ottima scenografia e l'altrettanto eccellente fotografia, che non sono comunque sufficienti ad intrattenere e stupire lo spettatore; ci sono troppi punti deboli tra cui anche il pessimo trucco (ma quanto era finto il cuore del trapianto?).
Rimane da spendere qualche parola sul cast scelto da Avy Kaufman; uno dei personaggi più influenti di Hollywood che di norma sa sempre come coprire ogni ruolo con l'attore giusto.
In questa occasione però, non tutte le parti sembrano essere state ricoperte in maniera soddisfacente dagli attori scelti. Jessica Alba ("Sin City", "The Eye", "I fantastici 4") è come sempre indiscutibilmente bellissima e fonte di inesauribile ispirazione per l'emisfero maschile, ma non è riuscita ad andare oltre il semplice sfoggio della consueta, perfetta silhouette da poster. La sua performance appare debole e non sufficientemente coinvolgente per ciò che concerne il ruolo che interpreta. Abbastanza deludente anche la prova di Hayden Christensen che, svestito dei suoi "superpoteri" ("Jumper", "Star Wars Episodio III – La vendetta dei Sith"), non riesce a dare il meglio di sé nell'interpretare un ruolo passivo.
Ottima invece la prova della splendida Lena Olin ("Darkness", "La regina dei dannati") che dimostra ancora una volta di trovarsi perfettamente a suo agio nei ruoli drammatici; funziona discretamente bene anche la performance dell'ormai consolidato Terrence Howard ("Il buio dell'anima", "Iron Man").
Come già accennato in Awake - Anestesia Cosciente quasi nulla funziona come dovrebbe. Alcuni difetti sono quasi imperdonabili, specialmente in alcuni primi piani e in particolare nei monologhi dove la regia appare goffa e pesante.
Quello di Joby Harold non è stato di sicuro il migliore degli esordi nel mondo del cinema; in definitiva va considerata un'occasione sprecata, anche se il regista ha dimostrato comunque di avere delle capacità; il consiglio, quindi, è quello di lasciarsi alle spalle il più in fretta possibile questa esperienza e di dedicarsi nell'immediato ad altre pellicole meno commerciali e un tantino più originali di questa, augurandogli, infine, una brillante carriera per il futuro.
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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 14/11/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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