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Gli esseri umani, dopo aver tentato di colonizzare lo spazio, hanno scatenato una guerra ("ComeHome") per il possesso del pianeta madre, ormai incapace di accogliere i miliardi di abitanti che desideravano farvi ritorno. L'accordo noto come "Gaia Sanction" ha posto fine alle ostilità decretando la Terra un posto sacro e inviolabile. All'esercito di Gaia si oppone fieramente da oltre un secolo Capitan Harlock, temuto pirata immortale, ricercato in tutto lo spazio. Yama si arruola sull'Arcadia, la nave fantasma di Capitan Harlock alimentata dalla misteriosa ed inesauribile Dark Matter, ma - proprio come Harlock - nasconde un terribile segreto...
Di Capitan Harlock esistono diverse versioni. La prassi, nel Leijiverse, è che ogni volta la storia venga raccontata in modo diverso, e che a rimanere costante sia ciò che i personaggi rappresentano. Questa versione tridimensionale riprende elementi dalle precedenti incarnazioni, citandole e omaggiandole con garbo, per raccontare una storia diversa - che però non convince del tutto. Ci sono due problemi di fondo: il primo, la tendenza dei lungometraggi giapponesi a perdere progressivamente di coerenza narrativa e privilegiare la ricerca della poetica al rispetto della logica interna, contravvenendo soprattutto alla prassi di non introdurre nuovi elementi nella trama nell'atto finale, che poi si allunga eccessivamente (vedi anche: Il castello errante di Howl, Kyashan, Akira, Steamboy...). Pretendere uno svelamento e una conclusione chiara significa non conoscere l'attitudine dell'animazione nipponica e - obiettivamente - è un problema non completamente imputabile al film, sebbene l'effetto di questo modus operandi sia un insieme di punti oscuri o elementi che risultano forzati e inesplicabili. Senza stilare un elenco, che sarebbe lunghissimo e inopportuno, valga come esempio il fatto che il finale stesso sia basato su uno strano deus ex machina che lascia una sensazione di totale incompiutezza. D'altra parte, lo stesso Leiji Matsumoto è famoso per non aver mai curato molto l'aspetto della coerenza delle sue opere, privilegiando l'evocatività e la poetica.
L'altro problema, ben più grave, è l'adattamento italiano. Dalla consecutio temporum alla scelta di utilizzare l'inglese per i termini tecnici (bisognerebbe poi saper PRONUNCIARE CORRETTAMENTE i termini) passando per le scelte lessicali nei dialoghi, lo spettacolo è indegno. La qualità è infima e affossa il film, che già deve scontare una traduzione non facile e la tipica ridondanza di certi dialoghi che in italiano (e al cinema) funzionano sempre meno che in originale. Anche questo non è imputabile al film, ma contribuisce a rendere meno fluida e comprensibile la storia.
Il punto di forza di Space Pirate Capitan Harlock è senza dubbio la resa visiva di un'opera che si giova di un budget elevatissimo e di una regia cinematografica. Le scene di combattimento nello spazio sono spettacolari, il mecha design è splendido e le trovate visive (l'Arcadia che esce dal fumo nero della "Dark Matter") sono da brivido.
Non mancano espliciti riferimenti a "Star Wars" (l'Episodio IV è citato a più riprese) e ad altri film di fantascienza più o meno recenti, e il "feel" complessivo ricorda in certi momenti alcuni videogiochi contemporanei, ma quello che convince maggiormente è il character design. Harlock è semplicemente perfetto ed anche la resa di Yatteran (forse il personaggio migliore sotto tutti i punti di vista) , Kei e Mime è senza difetti - soprattutto è stata finalmente debellata la piaga degli "occhi vuoti" dei personaggi CG. Certo, Tochiro si vede solo di sfuggita e l'assenza di altri personaggi storici pesa molto, ma questo non è un film celebrativo: è una storia che cerca una propria dignità nel multiverso di Harlock, con buona pace di Emeraldas e Tadashi.
Chi cerca l'Harlock della serie animata resterà deluso: il film si basa sul conflitto tra due fratelli (personaggi creati ad hoc) sullo sfondo di una guerra che sta portando all'estinzione della razza umana. Il pirata spaziale è quasi un personaggio secondario, morettianamente presente soprattutto se non si vede, una figura quasi mistica (e qui si gioca meta cinematograficamente con gli spettatori) cui bastano pochi gesti e poche battute per occupare la scena. Una scelta rischiosissima, così come quella di modificare Harlock in un personaggio cupo, quasi folle nel suo piano e con un segreto che ne altera completamente le motivazioni e il profilo.
Per godersi lo spettacolo ed un convincente 3D è necessario rinunciare all'esaustività delle spiegazioni e alla logica interna, così come si deve soprassedere a certe ingenuità retoriche tipiche dell'animazione giapponese e sopportare l'adattamento. E' uno sforzo considerevole, ma ne vale la pena.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 16/01/2014 17.26.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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