Recensione come in uno specchio regia di Ingmar Bergman Svezia 1961
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Recensione come in uno specchio (1961)

Voto Visitatori:   8,26 / 10 (34 voti)8,26Grafico
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
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locandina del film COME IN UNO SPECCHIO

Immagine tratta dal film COME IN UNO SPECCHIO

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Questo film di Bergman uscito nel 1962 è uno dei più autobiografici del regista svedese. La pellicola rappresenta soprattutto un'originale chiave di lettura del senso religioso legato alla follia.
L'opera ha uno svolgimento delle parti visive e verbali ben equilibrato. Inoltre le idee letterarie nell'insieme sono efficaci e ricche di sottigliezze. Il film si avvale anche della musica di Bach che svolge una parte di rinforzo del significante filmico con notevoli risultati di rilievo estetico. Bergman riesce a mettere in luce con dovizia di particolari alcuni importanti nodi psicologici dei personaggi evidenziandone con bravura i relativi approdi di trasformazione esistenziale e comportamentale.

David è un romanziere svedese di successo. La figlia (Karin) è affetta da problemi di follia schizofrenica. Lo stato clinico della malattia è complesso. La donna vive lunghe crisi psicotiche, ravvivate da raffinate allucinazioni. Nei periodi di lucidità è dominata da forti pulsioni di odio. Di quest'ultimo il film preciserà il senso. Il padre dopo una prolungata e vile assenza coglie l'occasione delle vacanze estive per dialogare con Karin e il resto della famiglia. Le scene si svolgono in un'isola del mar Baltico. Nel film gli elementi culturali del pensiero si accoppiano in modo armonioso e brillante con la significazione della sceneggiatura dando forza al tema centrale della follia.
Questi elementi culturali sono costituiti da alcune questioni esistenziali e psicologiche molto presenti nel '62. Troviamo il tema dell'amore sublime che Bergman compara ad una raggiunta armonia familiare e a un contatto non privilegiato con l'essenza di Dio. Interessante anche il desiderio dell'incesto tra fratelli che il regista interpreta in questo caso lungo il versante della storicità problematica delle pulsioni. L'incesto nel film appare come una reazione trasgressiva e vendicativa all'assenza e all'irresponsabilità di un padre.

Anche la ricerca religiosa trova nel film molta attenzione; in quest'opera, viene vista da un'angolazione inedita: Bergman la considera come un pretesto dell'inconscio teso a risolvere, da una prospettiva più di copertura dei ricordi, i problemi delle principali angosce terrene. Il film ha incontrato sia il favore della critica che quello del pubblico. Quest'ultimo in gran parte è stato molto attento a cogliere la significazione più filosofica dei conflitti.
La critica ha analizzato questo film in modo contradditorio ma con forte interesse. Una parte di essa, probabilmente quella più legata alla teoria linguistica del cinema anziché alla psicanalisi, ha considerato il tema della follia, così come è stato rappresentato, sconvolgente. Un'altra parte più vicina alla cultura psicanalitica ha valutato la schizofrenia di Karin in modo più enigmatico evidenziandone soprattutto le ambiguità, cioè quei meccanismi psichici tesi a vivere con passione le diverse componenti del proprio sé in particolare durante lo stato di sogno. Un sogno che si svolge in un contesto d'amore rassicurante: una regressione ricca di poesia? Entrambe le parti critiche sono giunte a conclusioni valutative molto precise e positive ed il film è divenuto subito oggetto di proposte per riconoscimenti prestigiosi. Riconoscimenti che poi ha avuto. Ne è un esempio l'assegnazione dell'Oscar come miglior film straniero.

Il tema più psicanalitico del film riguarda invece l'ambiguità dei confini tra sogno e realtà nella schizofrenia di Karin. Il sogno, la crisi psicotica sembrano occupare troppi spazi della realtà. Perciò la realtà in questo caso è più sul versante della verità storica. Cioè preda dell'inconscio. La psicosi sembra occludere tutte le zone percettive del reale. La realtà è dominata dall'inconscio, paragonabile, come il titolo del film suggerisce, al riflesso di un antico specchio metallico che rimanda solo immagini opache (1 Corinzi 13:12).
Il reale sembra farsi sogno, incubo, qualcosa che è impossibile vivere con il sostegno dell'amore. Il sogno, considerato nell'accezione freudiana di meccanismo psichico che elabora un desiderio inconscio per rappresentarlo come appagato, trova nel film un ulteriore rilancio teorico. Il film paradossalmente sembra voler dare al sogno psicotico una valenza di "principio di realtà" superiore, per via di qualcosa di incompiuto che esige soddisfazione passando attraverso l'attività onirica. I brandelli di realtà che Karin può ancora vivere con lucidità razionale sono praticamente dominati da angosce e da un'idea di incesto con il fratello Minus associata a una sua pratica.
Come dire che il reale è dominato da un'altra forma di sessualità: generosa verso il fratello Minus che ha grosse difficoltà di relazione con le donne e trasgressiva nei confronti del marito e del padre con cui Karin ha rapporti ambivalenti di odio e amore.

La svolta decisiva del racconto avviene quando Karin legge il diario segreto del padre.
Questa rimane molto delusa da ciò che legge. Nel diario scopre le reali intenzioni del padre. Quelle maturate durante la sua malattia. Egli pur di sfuggire al gravissimo stato senza speranza della figlia decide cinicamente di sfruttare la malattia della figlia. Cerca allora di capire freddamente la struttura dei sintomi di Karin per trarre dal loro studio conoscenze culturali e scientifiche utili alla sua attività di intellettuale.
Karin dopo l'incesto decide di ritornare all'ospedale psichiatrico e confesserà di non avere più le energie per passare da uno stato psichico normale ad uno alterato. Come se il passaggio dalla realtà al sogno psicotico comportasse un impegno rimuovente dell'odio che anima il suo reale. Come se Karin dovesse riconquistare faticosamente, all'approssimarsi della crisi, la rassicurazione assistenziale da parte di chi le sta vicino e la certezza del loro amore. Karin deve dimostrare in qualche modo che non odia il padre e il marito e lo fa prima dell'arrivo della crisi seducendoli con le sue visioni religiose.
La donna sceglierà con decisione l'isolamento dal reale. Karin preferirà il sogno. Il piacere della psicosi vissuta con accanto le persone della sua famiglia che la amano tanto.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 28/08/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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