Recensione cruising regia di William Friedkin USA 1980
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Recensione cruising (1980)

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locandina del film CRUISING

Immagine tratta dal film CRUISING

Immagine tratta dal film CRUISING

Immagine tratta dal film CRUISING

Immagine tratta dal film CRUISING

Immagine tratta dal film CRUISING
 

"Cruising" (in gergo "battere", "rimorchiare") è la pellicola più controversa di William Friedkin, a cui può essere concesso facilmente lo status di film "maledetto"; etichetta fin troppo abusata ma che per questo film calza a pennello, viste le feroci rimostranze suscitate all'epoca.
Tratto da un romanzo del 1970 di Gerald Walker, columnist del New York Times, il film si ispira a fatti di sangue accaduti tra il 1962 ed il 1969, molti dei quali rimasti insoluti, in cui le vittime erano degli omosessuali. Successivamente una nuova serie di delitti colpì nuovamente la città di New York tra il 1973 ed il 1979, apparentemente con le stesse modalità della prima serie ed anche questi rimasti per la maggior parte senza un colpevole. I diritti del libro furono acquisiti anche in questa occasione dai produttori Philip D'Antoni (lo stesso di "French Connection") e Jerry Weintraub, che assicurarono a Friedkin una buona libertà di manovra in sede di sceneggiatura.

New York. Un feroce assassino uccide e taglia a pezzi le sue vittime.
L'ambiente nel quale egli preferisce muoversi e selezionare i corpi è quello dei gay, ma con più esattezza quello legato alle pratiche sadomaso. La polizia, ancora lontana dalla soluzione, decide di piazzare un infiltrato nell'ambiente per ottenere maggiori dettagli e magari anche risolvere il caso. Viene scelto il poliziotto Burns perché ha le caratteristiche fisiche di tutte le vittime. Costretto a separarsi dalla sua donna per mantenere il segreto dell'indagine, Burns scivola silenziosamente attraverso le trame di questo nuovo mondo del West Greenwich Village di New York, spinto dalla possibilità di una promozione. Intuito il colpevole, incastrato una notte nel parco, fa ritorno a casa della sua ragazza dopo aver risolto apparentemente il caso.

"We are everywhere", noi siamo ovunque. Occorre fare una piccola digressione riguardo la frase che appare all'inizio del film, legata a quello che gli attivisti del movimento gay chiamano il Gay Pride.
"We are everywhere" fu uno degli slogan principali duranti i famosi Moti di Stonewall, nel Greenwich Village, iniziati il 28 giugno 1969. Dopo le ripetute provocazioni delle forze di polizia che perquisivano senza sosta i locali del quartiere, i gay reagirono e ci fu una settimana di scontri fra omosessuali e forze dell'ordine. Il clima in quel periodo era profondamente cambiato: Il Sessantotto, la protesta contro la guerra in Vietnam, il proliferare, soprattutto, di movimenti per la dignità delle minoranze, le Black Panthers - per citare alcuni esempi - favorirono una certa presa di coscienza. Infatti fu la prima volta che i gay uscirono dall'armadio in cui (si) erano rinchiusi, ed ogni anno la giornata del 28 giugno è la data fondamentale dell'attivismo degli omosessuali: il Gay Pride.
Uno slogan simbolo di liberazione per il movimento gay acquisisce nel film di Friedkin una valenza più oscura, ai limiti del provocatorio, non dissimile al "lasciate ogni speranza, voi ch'entrate" dantesco: presta il fianco ad accuse di omofobia e facilmente può associare l'equazione gay=assassino. Questo è un particolare di cui il regista quasi sicuramente si è reso conto, giacchè nell'ultima edizione del dvd editata nel 2007 la scritta sparisce ed il film inizia, subito dopo i brevi titoli di testa, con il battello che rinviene il braccio mutilato nel fiume Hudson.

L'affresco di Friedkin è spietato nella sua crudezza d'immagini: questo mondo notturno è quanto di più simile ad un girone infernale, fatto di corpi avvinghiati e sudati, dove il sesso è il compimento di un rituale meccanico fatto di pedinamenti, codici e segnali che negano qualsiasi solarità ad un contesto privo di rapporti umani ed è solo una liberazione del proprio narcisismo nascosto nella vita di tutti i giorni ("Ho un problema con il mio ego, ho bisogno di essere amato e adorato"), splendidamente sottolineato da una fotografia dai toni freddi che accentua questo aspetto come nella sequenza del party in cui tutti gli avventori sono travestiti da poliziotti. Particolare attenzione anche nella cura del sonoro: rumori di borchie, anelli e catene, il cuoio dei vestiti sono accentuati oltremisura proprio per sottilineare l'aspetto feticistico di un mondo ormai disumanizzato.
Già in questa pellicola sono presenti quindi alcuni elementi che caratterizzeranno molta della cinematografia degli anni '80: esaltazione dell'individuo unita ad un marcato edonismo che esploderà soprattutto in campo socio-economico nell'era reaganiana.
Il contatto con questo mondo chiuso e claustrofobico a cui si trova di fronte il poliziotto Steve Burns determina la frantumazione delle sue certezze e della sua identità. Il grado di coinvolgimento si fa sempre maggiore contemporaneamente al suo progressivo distacco verso quella realtà quotidiana familiare a cui era abituato. Nel suo intimo cerca di soffocare un lato oscuro dentro di lui che non è sicuro di possedere, ma di cui sospetta l'esistenza ("Ci sono molte cose di me che non sai" dice alla moglie, subito dopo aver ricevuto l'incarico); da infiltrato e "cacciatore" di serial killer si ritrova a sua volta ad essere "cacciato", rimanendo contagiato (o "posseduto", se vogliamo usare un termine caro alla filmografia friedkiana) da una realtà che lo avvinghia a sé in misura sempre più crescente. Non sappiamo con certezza se ha avuto rapporti omosessuali durante la missione come non sappiamo se ha veramente ucciso lui il suo vicino di casa nell'epilogo del film, ma l'allusione è molto forte e la probabile scoperta di questa sua doppiezza sessuale che lo fa diventare un assassino, non ha fatto altro che alimentare il fuoco delle polemiche da parte dei detrattori del film.

Eccezionale l'interpretazione di Al Pacino, una delle migliori della sua carriera e, forse a causa della pessima reputazione del film, una delle più misconosciute e certamente la più "rischiosa", visti i temi e ambientazioni trattate. Per una star con alle spalle film come i due capitoli de "Il padrino", "Quel pomeriggio di un giorno da cani", "Serpico", il coraggio non gli è certo mancato e la sua bravura nel mostrare il graduale sfaldamento della propria identità, il senso di straniamento di fronte ad un mondo per lui totalmente alieno, la disperazione di non riuscire ad uscirne completamente fuori, termina in maniera sublime nell'indeterminatezza del suo sguardo davanti allo specchio alla fine del film: dubbio oppure la consapevolezza di ciò che è diventato.

La versione originale di "Cruising", secondo le intenzioni del regista, durava quasi due ore e trenta minuti, cioè oltre quaranta minuti in più rispetto quella ufficiale proposta al cinema e sui supporti vhs e dvd e mai proiettata in pubblico. La versione televisiva è ulteriormente tagliata di venti minuti per ovviare ai divieti di trasmissione, ma è uno scempio tale da non consigliarne la visione.
La marcata differenza tra la versione pensata da Friedkin e quella ufficiale sicuramente hanno influito sullo stile molto frammentario e poco lineare della pellicola. E' un thriller poco convenzionale che non porta ad alcuna soluzione certa dell'intreccio e lascia in sospeso alcune sottotrame: è stato veramente Stuart Richards a compiere tutti gli omicidi? Se si fa attenzione alla catena degli omicidi, c'è un ribaltamento dei ruoli: l'assassino di un omicidio (albergo St. James) diventa vittima del successivo (omicidio nel parco) e per quanto paradossale possa sembrare, la vittima del primo omicidio (albergo St. James) entra nel peepshow insieme alla persona che verrà pugnalata a morte, anche se all'interno è chiaramente visibile per un attimo il volto di Stuart Richards.
E' finita la catena degli omicidi? L'apertura e la chiusura del film quasi simmetriche con la barca sul fiume Hudson e l'uomo che entra nel locale sembrano suggerire il contrario, mantenendo un senso di minaccia sottolineato dalla efficace colonna sonora del film.

Vale la pena raccontare una piccola curiosità intorno al film: il colloquio fra il capitano Edelson e Stuart Richards nella stanza dell'ospedale ricalca quasi fedelmente quello avuto fra Paul Bateson e i funzionari di polizia e della procura newyorchese riguardo la seconda serie di omicidi avvenuti fra il 1973 ed il 1979. Bateson aveva ucciso un critico di Variety spaccandogli la testa e occultando il cadavere facendolo a pezzi e gettandolo avvolto in dei sacchi nel fiume Hudson. Cosa ha di particolare questo Paul Bateson? Ha fatto la comparsa ne "L'Esorcista": appare quando Linda Blair viene portata a fare una radiografia all'ospedale, impersonando in pratica la parte di sè stesso visto che era un vero tecnico di laboratorio. La polizia risalì a lui tramite i sacchi per occultare i pezzi di cadavere che provenivano dal Centro dove lui lavorava. Se si fosse accollato anche altri omicidi, oltre a quello, avrebbe ricevuto uno sconto di pena e la polizia avrebbe chiuso in fretta una faccenda diventata molto pesante da gestire.

Le polemiche intorno a "Cruising" da parte dei vari movimenti gay furono feroci fin dall'inizio delle riprese, che furono disturbate da manifestanti in quasi tutte le location della lavorazione e più tardi da veri e propri picchetti fuori le sale cinematografiche dove il film veniva proiettato. Le accuse di omofobia, razzismo, disonestà e aver dato solo una visione parziale di un mondo più variegato si sono sprecate, alcune condivisibili visto la notevole ambiguità che traspare dalla pellicola, ma va dato atto che Friedkin ha composto un affresco metropolitano da incubo con immagini che colpiscono in profondità per il loro realismo, tanto che azzardare un paragone con il "Taxi driver" di Scorsese non è irriguardoso per potenza evocativa, pur nella differenza tra i due film. Anche se è una rappresentazione parziale, il mondo descritto è reale e non frutto della finzione di un regista: i luoghi che appaiono nel film sono reali, come reali sono gli avventori che vengono usati come comparse, quindi accusare Friedkin di aver rappresentato uno spaccato scomodo del mondo gay appare, specialmente in epoca recente, un po' ipocrita e trasuda quello stesso moralismo che la cosidetta società "benpensante" ha sempre riservato agli omosessuali.

"Who's here?
I'm here
You're here"

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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 22/09/2008

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