Recensione halloween: la notte delle streghe regia di John Carpenter USA 1978
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Recensione halloween: la notte delle streghe (1978)

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locandina del film HALLOWEEN: LA NOTTE DELLE STREGHE

Immagine tratta dal film HALLOWEEN: LA NOTTE DELLE STREGHE

Immagine tratta dal film HALLOWEEN: LA NOTTE DELLE STREGHE

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Immagine tratta dal film HALLOWEEN: LA NOTTE DELLE STREGHE
 

"Il genere denominato slasher (dall'inglese "To slash", ferire profondamente con un'arma affilata) si riferisce a quel gruppo di film horror in cui il protagonista indiscusso è un maniaco omicida (spesso mascherato) che da la caccia ad un gruppo di persone (spesso giovani) in uno spazio più o meno delimitato."
tratto da Wikipadia

Questa frase descrive perfettamente gran parte delle produzioni horror che hanno invaso il mercato in questi ultimi vent'anni.
Teen horror, per la maggior parte ripetitivi e noiosi, girati spesso come veri e propri videoclip, in mano a (non sempre) giovani registi dalla cultura letteraria e cinematografica che probabilmente non va oltre Topolino e i film della Disney, con alle spalle fior fior di milioni elargiti dalla multinazionale di turno.

E dire che era il lontano 1978 quando un poco più che trentenne John Carpenter scrisse e diresse "Halloween" (distribuito in Italia con il titolo "Halloween, La notte delle Streghe"), film riconosciuto dalla critica come capostipite del genere (benché successivo a "Reazione a catena" di Mario Bava e a "Black Christmas" di Bob Clark), nonché uno dei film indipendenti più di successo della storia del cinema.

"Era l'ombra della strega?"
"Credo di sì, era proprio lui..."
Lauriel e Loomis

31 Ottobre 1948. Il piccolo Michael Audrey Myers uccide con un coltello da cucina sua sorella maggiore, baby-sitter, mentre i genitori sono fuori a cena.
Dichiarato incapace di intendere e di volere, Michael viene scortato in un istituto psichiatrico di massima sicurezza, dove rimarrà rinchiuso per ben quindici anni.
1963. Michael Myers evade dall'istituto il giorno della vigilia di Ognissanti e si dirige verso Haddonfield, sua città natale. Il dottor Samuel Loomis, che l'ha tenuto in cura, si mette sulle sue tracce, presagendo un bagno di sangue che sembrerebbe avere come obbiettivo finale Laurie Strode, ragazza acqua e sapone e inspiegabilmente vittima designata del killer.

Questa è, a grandi linee, la trama del terzo lungometraggio del regista newyorkese, costato 325.000 dollari e girato in una ventina di giorni, ma che segnò un intero filone, quello horror anni '80, ispirando lavori successivi come "Venerdì 13" o "Nightmare, dal Profondo della Notte".

Ma cosa contraddistingue realmente l'Halloween di Carpenter da tutti i film horror della passata "generazione" cinematografica?
L'elemento più originale sembrerebbe essere la caratterizzazione del cattivo, che da antagonista diventa protagonista, imponendosi sulla scena e divenendone re indiscusso.
Si assiste, inoltre, per la prima volta, ad un ribaltamento delle prospettive: è il maniaco omicida ad attirare su di sé le simpatie e l'interesse del pubblico, monopolizzandone le attese e imponendosi sulla storia attraverso il proprio punto di vista (reso perfettamente dalle riprese in soggettiva) e il proprio modus operandi.

Michael non è il classico killer omicida visto in tanti altri film prima di questo. Myers, filosoficamente, è un personaggio nuovo, lontano anni luce dai suoi predecessori e rimasto ineguagliato, nonostante l'età, dai suoi successori ed eredi.
Se volessimo trovare un precedente storico, più che cercare nei vasti archivi della settima arte si dovrebbe spulciare in quelli sterminati della storia letteraria: il precedente, in questo caso, si chiama Edward Hyde, creato dalla penna di Robert L. Stevenson e coprotagonista del famoso "The Strange Case of Dr. Jackyll and Mr. Hyde", targato 1886.

"Il male viene fatto senza sforzo, naturalmente, è l'opera del fato; il bene è sempre il prodotto di un'arte."
Charles Baudelaire

Mr. Hyde è il male puro, primitivo, privato dei pregiudizi religiosi, ideologici e morali. E' il male come lo si ritroverebbe in natura, in assenza di convenzioni ed etica. E' il selvaggio, l'ancestrale, l'istintivo.
Più vicino alla scimmia che all'uomo, le sue azioni sono determinate dai bisogni e non dalla ragione, mentre si avventura alla scoperta del mondo come farebbe un bambino.
E', in ogni modo, elemento dicotomico rispetto alla società borghese (il dottor Jeckyll) che lo ha generato. Il bene, rapportato a lui, diviene sforzo retorico e artefatto, basato su convenzioni che limitano l'agire a favore del pensare.

Ad un certo punto del film, il dottor Loomis (interpretato da un bravissimo Donald Pleasence, l'unico ad aver accettato la parte) definisce Michael "il male".
In effetti noi vediamo "The Shape" ("l'ombra", come viene definito Myers nei credit del film) comportarsi come un automa, rispondere ai bisogni con azioni e agli stimoli con reazioni. Ha l'istinto del predatore naturale, non del macellaio psicopatico.
Proprio come il protagonista del romanzo di Stevenson, si comporta a volte come un animale, altre come un bambino alla scoperta del mondo. La sua violenza è fisica e incontrollabile e lui è una forza della natura.
E' implacabile perché non conosce morale, rimorso o dubbio. Se, inoltre, l'Hyde stevensoniano aveva la particolarità di non poter essere descritto, quello carpenteriano indossa una maschera bianca senza lineamenti che ha l'effetto di celare quelli del suo alter ego Michael (che solo una volta, per un attimo, si vedrà in volto).
Non c'è altro modo, in fondo, per rappresentare il male, che non ha forma e non ha faccia, ma che si muove in silenzio, ombra tra le ombre, indefinibile se non per i suoi effetti e invincibile perché inconsistente.
Proprio per questo Michael non può essere ucciso, come viene svelato nel finale del film quando, colpito dal dottor Loomis e precipitato da una finestra, scompare nella notte della vigilia di Ognissanti.

"Lui non è un uomo, dietro quegli occhi vive e cresce il Male" Dr. Loomis

Nonostante Myers sia il protagonista del film è comunque un antieroe, un personaggio malvagio a cui se ne deve contrapporre, come in ogni storia che si rispetti, uno positivo. Il dottor Loomis ne possiede le caratteristiche intellettive e morali.
Lui rappresenta la ragione, la scienza. E' l'unico a comprendere la verità sulla natura del "mostro". L'ha seguito per quindici anni, assistendo passo dopo passo al completo degenerare del suo paziente.
Come un dottor Jackyll che non riesce più a frenare Hyde, Michael viene via via consumato dal male, fino a divenirne semplice involucro. Loomis, che non può far niente per evitare questo processo, rimane spettatore impotente. Al momento della fuga dal penitenziario, capisce che qualcosa di terribile sta per accadere e decide di intervenire.
Non è ben chiaro se a spingerlo sia il senso di colpa o la consapevolezza di essere l'unico a poter fermare il mostro. Nonostante i suoi sforzi, alla fine, dovrà soccombere contro due nemici per lui troppo forti: l'incredulità e l'ineluttabilità del male.

Terzo personaggio fondamentale è la "donzella" in pericolo: Laurie Strode (interpretata dall'allora sconosciuta Jamie Lee Curtis), ovvero la vittima designata.
Laurie è un personaggio innocente e inconsapevole. Lei è la baby- sitter, tipico simbolo di candore dell'America di quegli anni. Salta subito all'occhio il parallelismo tra lei e una parte del passato di Michael: sua sorella, la sua prima vittima, che faceva proprio la baby- sitter in quella notte di quindici anni prima.
Se però la sorella di Myers era lasciva (fa o ha fatto sesso con il suo ragazzo) e l'omicidio sembra quasi esorcizzarla dai suoi vizi, Laurie è invece una brava ragazza, pudica (o almeno più pudica degli altri), non ancora completamente corrotta dalla realtà borghese/ americana.

Innocenza e inconsapevolezza non sono però le stesse qualità dei suoi amici, personaggi di contorno dediti ai vizi e alla lussuria. Su di loro, ritratto della tipica provincia americana, si abbatterà "l'Ombra della Strega".
Se loro sono il simbolo di quella società che cerca di nascondere il proprio lato oscuro dietro una parvenza di pace e rispettabilità, Michael ne è il doppelganger, il lato primitivo e inesorabile che non potrà mai essere estirpato.

Infine i bambini. Sono due, quello a cui Laurie fa da baby-sitter e quella che le viene smollata da un amica. Loro solo l'innocenza che si riflette in Michael. Riflesso distorto, ovviamente.
Sono loro a riconoscere il mostro ancor prima che esso si riveli in tutta la sua efferata violenza. Non ancora contaminati, sfuggono insieme a Laurie alla sua furia omicida.
Saranno capaci, dopo il loro faccia a faccia con il Male, di mantenere intatta la loro natura immacolata?

"Malocchio e gatti neri, malefici misteri
Il grido di un bambino bruciato nel camino
nell'occhio di una Strega il Diavolo s'annega
e spunta fuori l'Ombra: l'Ombra della Strega!
La Vigilia d'Ognissanti han paura tutti quanti.
E' la Notte delle Streghe
chi non paga presto piange.
"

Oltre ad essere un'interessante introspezione sul male, "Halloween" è soprattutto esempio di cinema e meta-cinema. Riflessione sicuramente non nuova (vedere "L'occhio che Uccide", di Michael Powel) sull'essenza voyeuristica che è parte fondamentale della macchina cinematografica, nonché critica e (in parte) auto assoluzione tra le più lucide e inusuali.

Michael Myers incarna la macchina da presa. Lo dimostrano le numerose sequenze in soggettiva che convergono con lo sguardo del personaggio (come la bellissima sequenza iniziale, quella del primo omicidio, che apre il film).
Lo sguardo della telecamera curiosa lì dove non dovrebbe e osserva senza ombra di compiacimento o giudizio, per poi riversare tutto negli occhi assetati dello spettatore, soddisfacendo il suo bisogno voyeuristico e annullando ogni possibile senso di colpa.
Tutto questo con occhi pronti allo scoperta, infantili e "nuovi", gli occhi di Michael che scivolano sulle case e i personaggi, freddi ma curiosi, come quando con un sol colpo inchioda un ragazzo al muro con il coltello per poi osservarlo nello stesso modo in cui un bambino osserverebbe un animale morto.
Causa effetto, in un analisi impietosa dei processi cinematografici che riflettono quelli naturali.
La maschera priva di lineamenti si trasfigura in una lente priva di espressioni, che penetra le apparenze e manifesta la capacità quasi sovrannaturale di riprodurre, dando vita alle immagini che cattura.

"Un film da 47 milioni di dollari"

Carpenter opera una commistione tra horror e thriller, mantenendo alta la tensione grazie ad un uso sapiente dei tempi, fino al finale concitato e rocambolesco. Impreziosisce tutto con giochi di luci ed ombre e sparge citazioni qua e là.
Ed ecco spuntare "La Cosa da un altro mondo", omaggio per Howard Hawks, suo regista preferito e punto di riferimento professionale assieme a John Ford; oppure "Il Pianeta Proibito", classico della fantascienza di Fred McLeod Wilcox, mentre il nome del dottor Loomis è un omaggio allo Psycho di Hitchcock.

Le musiche poi, ad opera dello stesso regista, impreziosiscono l'opera. Si tratta di musica non sinfonica, una melodia in 5/4 suonata al pianoforte, capace di incutere ansia e che ben accompagna le gesta di questo boogeyman inarrestabile (interpretato da Nick Castle, amico di Carpenter fin dall'università), che col suo passo lento ma inesorabile si insinua nel calore del focolare domestico, minandone la sicurezza.

Nonostante il basso budget investito per la realizzazione, Halloween sbancò i botteghini, guadagnando la bellezza di 47 milioni di dollari.
Il successo spinse i produttori a realizzare sette seguiti, non equiparabili al prototipo e che ne hanno stravolto la filosofia. Recentemente sono stati realizzati due prequel/remake dal cineasta horror Rob Zombie.
Michael Myers è diventato un'icona horror non meno famosa dei compagni Jason ("Venerdì 13"), Freddy ("Nightmare") o Pinhead ("Hellraiser"), svilita dai numerosi seguiti ma profonda metafora metafisica, sociale e artistica, imitata ed emulata fino alla nausea.

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Recensione a cura di Zero00 - aggiornata al 27/11/2009

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