Recensione hellraiser regia di Clive Barker USA, Gran Bretagna 1987
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Recensione hellraiser (1987)

Voto Visitatori:   7,13 / 10 (168 voti)7,13Grafico
Voto Recensore:   8,50 / 10  8,50
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locandina del film HELLRAISER

Immagine tratta dal film HELLRAISER

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Immagine tratta dal film HELLRAISER

Immagine tratta dal film HELLRAISER

Immagine tratta dal film HELLRAISER
 

Frank Cotton (Sean Chapman), uomo dalle dubbie qualità morali e cultore dei piaceri della carne, apre per mezzo di una scatola a forma di cubo ("La Configurazione del Lamento" o "Cubo di Le Marchand") una porta che conduce verso un'infernale dimensione parallela dominata dai Supplizianti, demoni "cenobiti" il cui compito è quello di torturare per l'eternità chi gli ha evocati.
Anni dopo il fratello Larry (Andrew Robinson) si trasferisce assieme a sua moglie Julia (Clare Higgins) e sua figlia Kristy (la bellissima Ashley Laurence) nella casa dove Frank ha trascorso i suoi ultimi giorni di lussuria. Frank però non è morto, è ancora lì ed è riuscito a sfuggire alla prigionia dei Supplizianti: sarà pronto a qualunque cosa pur di non tornare nel mondo di dolore dei Cenobiti.

E' questa, a grandi linee, la trama di Hellraiser, film horror prodotto nel 1987 e terza opera registica (dopo "Salome" del 1973 e "The Forbidden" del 1978) dello scrittore inglese Clive Barker, tratta dal racconto "The Hellbound Heart", contenuto nella raccolta "Books of Blood" del medesimo autore.
"Clive Barker's Hellraiser" (distribuito in Italia con il titolo "Hellraiser: Non ci sono limiti") è un film dalle tinte fortemente splatter, drammatico, cupo e malato, dotato di un forte appeal dark/punk. Quella che apparentemente non è altro che una sanguinaria storia d'amore, affronta invece in maniera innovativa e spregiudicata (per l'epoca) tematiche notoriamente ben più scottanti quali sesso e morte, non risparmiando frecciate di tagliente anticlericalismo, che in maniera sottile (ma neanche tanto) percorrono la pellicola dall'inizio alla fine.
Barker, autore dal grande talento immaginifico, mette su un castello di inquietanti immagini che più volte sfiorano l'hardcore, non elemosinando su sangue e effetti gore e lasciando poco spazio all'immaginazione dello spettatore. Il risultato e un pugno nello stomaco dalle tinte sadomaso (partendo dai "metodi" e dagli strumenti di tortura per arrivare ai capi in latex dei Cenobiti) che forse lascerà indifferente (difficilmente) lo spettatore moderno ma che, a fine anni ottanta, poteva essere facile motivo di shock e di perplessità.

Ovviamente questo gioiellino orrifico non è privo di difetti: girato con un budget più che ridotto (i soldi finirono ancor prima della fine delle riprese), la pellicola presenta diversi momenti di bassa (addirittura, nella scena dell'ospedale, quando Kristy apre per la prima volta la scatola, è possibile scorgere il carrello su cui viene spinto il mostro che la insegue, nonchè le ombre della troupe), una sceneggiatura lacunosa, personaggi dallo spessore discutibile e un finale che, con i suoi effetti speciali da quattro soldi, non si può dire all'altezza del resto del film.
Anche per simili motivi, "Hellraiser" si può dire vicinissimo ad altre produzioni di inizio anni '80 (ad esempio "Evil Dead" o "A Nightmare on Elm Street"), che nonostante i pochi mezzi a disposizione e l'inesperienza dei realizzatori si sono poi imposti come precursori di situazioni e scelte stilistiche molto apprezzate da pubblico e critica.

C'è una cosa però che differenzia "Hellraiser" dai suoi più illustri predecessori: Barker rifiuta la carta dell'ironia e del grottesco, mettendo in piedi un'amara rappresentazione delle pratiche e delle fantasie umane, in cui i desideri prendono la forma di orrori indicibili, dove il piacere si (con)fonde con il dolore e il sesso con la morte (in ben altro modo e con ben altri risultati Cronenberg aveva affrontato tematiche simili). Nell'universo di Barker c'è persino posto per la religione, privata però del consueto ruolo salvifico e relegata in una posizione di "contorno" pericolosamente ambigua. Così i simboli sacri diventano rappresentazione della sacralità malata e del perverso culto del piacere praticato da Frank (ma la cui rappresentazione massima saranno i Supplizzianti - "demoni per alcuni, angeli per altri", come viene detto nel film), oggetto di sorrisini ambigui da parte di Cristy (eroina dai connotati ambigui, dotata però di un nome-simbolo salvifico) e oggetti di nessuna importanza per il papà Larry (che nella fase iniziale del film li commenta incredulo e parzialmente spaventato e che poi provvede a sbarazzarsene).
Persino le suore, che in una scena del film compiaono di fronte ad una Cristy sconvolta dalla rivelazione di uno zio maniaco e scarnificato, non solo sono incapaci di salvare la ragazza, ma non provano nemmeno a soccorrerla (e la ragazza non cerca il loro soccorso, dopotutto), limitandosi a guardarla e a bisbigliare tra le labbra qualche preghiera. Ed in effetti il pericolo non viene da gli inferi, e i cenobiti non sono angeli o demoni: sono solo l'estrema trasfigurazione dell'uomo, imprigionato dalle catene dei sensi, pericoloso per se stesso quanto per gli altri.
Le vittime invece non sono che animali sacrificali ("il sangue è vita", dice Frank, moderno vampiro), destinati alla morte proprio a causa dei loro impulsi sessuali (nel film spesso repressi).

"Hellraiser: Non ci sono limiti", assieme a "The hellbound heart", non è altro che il primo capitolo di un universo orrifico che conta otto film, svariati racconti e una lunga serie di fumetti. I film che compongono la serie approfondiscono aspetti della storia che nell'opera di Barker vengono lasciati in secondo piano.
Le creature di Barker influenzarono non poco artisti di tutto il mondo: tra gli altri Ozzy Osbourne, i Motorhead, i Krokus e il mangaka Kentaro Miura nella sua opera Berserk"".
Terrificanti (e perfetti) il trucco e i costumi dei Supplizianti, su tutti quello di Pinhead, il loro capo, divenuto poi simbolo della serie e famoso quanto altri "super cattivi" del genere.
Barker, oltre ad essere autore e regista del soggetto, è anche sceneggiatore. La cupa fotografia è di Robin Vidgeon, le scenografie di Michael Buchanan. Le musiche sono di Christopher Young.
In Italia il film è disponibile su Dvd, anche se con alcuni tagli (da 94' a 89')

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Recensione a cura di Zero00 - aggiornata al 08/09/2008

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