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Povero Matthew. Espulso ingiustamente da Harvard essendosi preso la colpa per uso di stupefacenti al posto del suo compagno di stanza, si rifugia dalla sorella che abita a Londra.
Non fa in tempo ad arrivare nella capitale che si scopre in mezzo a un gruppo di esaltati tifosi del soccer, come lo chiama lui. Una cricca di sbandati ubriaconi pronti a menar le mani e attaccar briga con altri hooligans loro pari piuttosto che seguire lo sport come si dovrebbe.
Far parte del gruppo vuol dire sposare in pieno una filosofia di vita: il ritrovo pre-partita al pub con tanto di abbondante bevuta di alcool, una ripassata agli inni da cantare a squarciagola durante il match e via, verso lo stadio.
Il ruolo di Matt Buckner è ricoperto da Elijah Wood il quale, dopo le emozionanti avventure del Monte Fato *1, si è preso una vacanza (si fa per dire, viste le conseguenze) lavorando sul carattere di questo giovane per bene affascinato dai teppisti. Niente paura, il suo sguardo tipicamente stravolto non è andato perduto, ed Elijah non perde occasione per ricordarcelo.
La testa di Matthew non comprende il perché di così tanta presenza di addetti alle forze dell'ordine all'interno degli stadi e, soprattutto, non si capacita del motivo per il quale, una volta fuori, possa essere aggredito così facilmente senza nessuno che lo difenda: le scene degli scontri girate con un allucinato e stravolgente 'effetto terremoto' stanno lì ad evidenziare la perdita cognitiva dello yankee in terra straniera e a stemperare gli episodi di lotta violenta (a parte le scene al rallentatore a mostrare gli schizzi di sangue delle quali avremmo fatto volentieri a meno).
Matt non aveva mai vissuto così vicino al pericolo e questo lo fa' finalmente sentire sicuro di se', forte come un leone. I cazzotti gli fanno capire che è vivo e arrivano laddove le pagine dei libri di Harvard avevano fallito.
La pellicola passa con disinvoltura da convincenti e drammatici contenuti di denuncia ad altri quasi farseschi, parossistici e sciocchi; in una scena vediamo la polizia di Manchester (mica una città qualsiasi) seguire attraverso i monitor di sorveglianza l'evolversi di una situazione chiaramente premonitrice di scontro fisico e non interviene finché i tifosi non se le danno di santa ragione.
Intelligente è, invece, l'interpretazione di Leo Gregory nei panni della soffertissima testa calda della gang: le sue movenze, i suoi sguardi, l'afflizione del corpo e della mente dopo il tradimento sono perfetti.
E' tutta questione di reputazione propria e di umiliazione altrui, tra questi confusi emarginati. La prevaricazione fisica viene assunta come sinonimo di virilità e, tutto quello che serve a esaltarla, è ben accetto.
Le donne nel film sono tutte apostrofate con termini quali "troiette", "passerotte", "quella lì", "c'è qualche bella figa?", "mi viene duro solo a pensare a quella puttana"; una bella ripassata dei più ovvi e classici epiteti che nemmeno gli scaricatori di porto usano più.
La sceneggiatura calca la mano perché sa che, così facendo, strizza l'occhio al brufoloso militante, seduto nella prima fila del cinema così come sta bighellonato su una curva di un campo sportivo.
Nemmeno la regia di una donna, la campionessa mondiale di kickboxing Lexi Alexander, evita lo 'sforamento'.
Il calcio, o soccer, o football (chiamatelo un po' come vi pare) è oggi devastato da così tanti interessi che ha perso qualsiasi identità sportiva. Tra somme da capogiro che vi vengono investite e immoralità dei campioni che ci giocano, la fa' in barba a tanti poverelli che cadono nella sua rete di ammaliante bellezza.
Non c'era bisogno di chiamare qualcuno dall'America per far capire che il calcio è il nuovo oppio dei popoli, sarebbe bastato un Pinco Pallino europeo qualsiasi.
Ma forse anche lo stesso film ha un didietro da salvaguardare: vuoi vedere che sputa furbescamente nel piatto dove mangia?
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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 18/09/2009
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