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Tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore lombardo Lucio Mastronardi, il film, diretto nel 1963 dal regista "impegnato" Elio Petri, ruota intorno al suo protagonista interpretato dall'attore romano Alberto Sordi all'epoca poco più che quarantenne e molto richiesto per le sue interpretazioni. Nei primi anni Sessanta Sordi si era segnalato per una serie di commedie amare o drammatiche (si segnala "Tutti a casa" di Comencini, a tutt'oggi il film più rappresentativo sull'armistizio e la successiva guerra civile).
Ne "Il maestro di Vigevano", girato e ambientato nell'omonima cittadina della Lombardia, Sordi interpreta un mediocre insegnante, rappresentante della categoria dei travet, da sempre poco considerata nelle alacri regioni settentrionali, perché simbolo di lavoratori poco ambiziosi e altrettanto poco propensi alla fatica e alla produttività.
La scuola è raffigurata nei suoi aspetti più deteriori: gli insegnanti sono piccoli burocrati, vittime dell'autoritarismo del direttore didattico, un piccolo duce di vedute cortissime e di altissima considerazione della sua figura, mentre i bambini sono dei piccoli contenitori da riempire di nozioni e da irregimentare secondo le teorie più retrive sulla didattica già derise sin dall'epoca vittoriana dallo scrittore inglese Dickens.
Mombelli alias Sordi si adatta e si adagia sulle situazioni, procedendo stancamente e cercando di accontentare le pretese della bella e ambiziosa consorte (l'attrice inglese Claire Bloom, nota per il film di Chaplin "Luci della ribalta" e qui doppiata dalla bravissima Adriana Asti).
La cittadina lombarda all'epoca era molto nota per le industrie calzaturiere. Convinto dalla moglie che ha trovato lavoro in un calzaturificio contro la volontà del marito, il maestro si dimette e decide di impiantare una piccola azienda, ma l'uomo ha poca propensione per la libera professione e finisce inevitabilmente con il cacciarsi nei guai, tornando alla fine alla vecchia professione e costretto a occuparsi dell'unico figlio dopo la morte della consorte in un incidente stradale insieme al suo amante.
Storia di un sogno, quello del successo e del boom economico che in quegli anni era nel suo culmine, storia di un fallimento, quello di un uomo che tenta di essere diverso e di tradire la sua personalità, storia di una cittadina che basa tutto sull'importanza dell'apparire e dei soldi e che per questo si rivolta all'antico e allo statalismo rappresentato dai miseri e modesti maestri. Mastronardi nel romanzo e Petri nel film esaminano il rapporto tra potere e piccoli uomini (per dirla con Totò "tra uomini e caporali"). Sordi è il simbolo del borghesuccio meschino e senza ideali che si lascia travolgere dalle situazioni ed è incapace di andare incontro al nuovo, abituato a essere comandato e a seguire l'onda delle cose.
Impietoso, satirico, malinconico, per certi versi profetico su quello che diventerà l'Italia, con un Sordi superlativo.
Da rivalutare.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 13/09/2012 17.15.00
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