Recensione il mio vicino totoro regia di Hayao Miyazaki Giappone 1988
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Recensione il mio vicino totoro (1988)

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locandina del film IL MIO VICINO TOTORO

Immagine tratta dal film IL MIO VICINO TOTORO

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Immagine tratta dal film IL MIO VICINO TOTORO

Immagine tratta dal film IL MIO VICINO TOTORO
 

"Alienazione è un termine che, allontanandoci dal suo significato letterale, viene utilizzato per indicare genericamente il disagio dell'uomo nella moderna civiltà industriale, nella quale l'artificio che gli è proprio lo fa sentire lontano dalle proprie radici naturali." 1
Una malattia sociale, quindi, contro cui l'animatore giapponese Hayao Miyazaki si è spesso scagliato, tanto a parole quanto nei fatti (i suoi lavori cinematografici) nel corso della sua lunga carriera.

Il distacco da una società industrializzata e artificiale (ritratto di quella giapponese), che spesso spinge i più giovani ad alienarsi da una realtà soffocante e ingerente attraverso il mezzo di televisione, fumetti (i "manga") e videogiochi, è vista dal regista nipponico, vera leggenda in patria ma per molto tempo snobbato in occidente (un certo tipo di riconoscimento lo ha avuto nel 2003 grazie all'Oscar ottenuto per il film "La città incantata" e nel 2005 con il Leone d'Oro alla carriera ricevuto alla Mostra del cinema di Venezia), come un vero e proprio problema ultra-generazionale a cui ha sempre cercato di opporre un riconciliamento con la natura nel più intimo e giocoso dei sensi.
Proprio su questo (la purezza della natura in aperta opposizione con le più corruttrici attività dell'uomo) verte gran parte della produzione dell'artista, a partire da "Nausicaa della valle del vento" ("Kaze no tani no Naushika", in originale) per arrivare al suo ultimo lavoro, "Ponyo sulla scogliera" ("Gake no ue no Ponyo") e passando per "Il mio vicino Totoro" ("Tonari no Totoro"), lungometraggio del 1988 ma approdato nelle nostre sale solo nel 2009.

"Totoro, Totoro
qualcuno segretamente
semina ghiande nel sentiero
quando un piccolo germoglio cresce
troverai una parola d'ordine segreta
la parola segreta per il bosco
una meravigliosa avventura inizia
Il mio vicino Totoro, Totoro
"

Tokyo, anni 50. Due bambine, Mei e Satsuki, rispettivamente di quattro e undici anni, si trasferiscono con il padre fuori città, nel villaggio di di Matsu no Gô, per essere più vicine alla madre malata e ricoverata in ospedale. Vanno così a vivere in una villa circondata da una foresta che, con somma sorpresa, scopriranno essere abitata da varie creature magiche, tra cui spicca Totoro, un leggendario "tororu" (accomunabile al troll della cultura occidentale), spirito della natura e custode della foresta stessa.

Lungometraggio di animazione basato su tecniche di disegno tradizionali, come da sempre lo Studio Ghibli (studio cinematografico d'animazione fondato da Miyazaki e da Isao Takahata) ci ha abituato, "Il mio vicino Totoro" è il primo film dell'artista sol levantino ad essere indirizzato esplicitamente ad un pubblico infantile.
Caratterizzato da un uso naturale dei colori senza però rinunciare alla loro brillantezza, nonché da una caratterizzazione dei personaggi che rende il lavoro una vera e propria "favola moderna e poetica", "Tonari no Totoro" riesce esattamente nell'intento di ammaliare i più piccoli senza per questo annoiare gli adulti. Non a caso molti degli elementi soprannaturali dell'opera si rivelano spesso inquietanti, come da tradizione nipponica.

Al centro del film ci sono due bambine, sorelle tanto unite tra loro quanto diverse, e la loro scoperta della natura e dei tesori in essa nascosti.
Satuski, diligente e amorevole ma allo stesso tempo impegnata nel difficile compito di crescere e avvicinarsi all'adolescenza, è il prototipo della bambina dei film di Miyazaki. Una ragazzina vissuta in città e quindi già toccata, anche se non integrata, dal processo di alienazione metropolitano e che per forza di cose (la malattia della madre, elemento autobiografico del film) viene trasportata in un contesto a lei estraneo che insieme la spaventa e la eccita.
Diversa è invece Mei, una bambina che a causa dell'età si ritrova non completamente immersa nei meccanismi che coinvolgono la sorella. Ciò la pone in una posizione privilegiata: Mei è una bambina allegra, vivace e coraggiosa che, pur non comprendendo bene il contesto in cui si viene a trovare e il cambiamento rispetto al vecchio, può porsi in maniera assolutamente nuova rispetto a quello che ha attorno. Lo stesso atteggiamento nei confronti delle creature che la circondano (e che si ritrova persino in casa, come i "nerini del buio" graziosi esserini fatti di fuliggine che ritroveremo nel successivo "La città incantata") è puramente infantile ma assolutamente innocente e genuino.
Le due bambine, per quanto diverse, sono complementari tra loro: si tratta quasi di un unico personaggio scisso in due, unità richiamata anche dal nome di entrambe: "Satsuki", in giapponese, vuol dire "maggio", mentre Mei richiama la pronuncia inglese di May.

Inutile negarlo, l'intento di Miyazaki è quello di porre l'accento su un processo di riavvicinamento alla natura, nel modo più giocoso e genuino possibile. Una natura alla base del sentire umano, non più contorno ma fondamento del processo di crescita dell'individuo. Anteponendo la natura stessa al mondo degli uomini, e in particolare a quello degli adulti, il regista si pone dubbioso verso le azioni di quest'ultimi, pronte a minare l'equilibrio del nostro pianeta: una natura che, se anche a causa del proprio aspetto può spaventare (Totoro è un essere spaventoso come lo è un altro personaggio dell'anime, il Gattobus) non fa altro preservarsi e preservare l'uomo moderno dalla propria smania di controllo e dalla propria natura autodistruttiva.
Gli unici in grado di fare da tramite tra i due sono, ovviamente, i bambini: gli unici in grado di cogliere le sfumature di entrambi i mondi. Saranno infatti Mei e Satuski a riuscire a coniugare assieme il mondo fatato in cui vive Totoro (che in quanto divinità naturale si pone in maniera tanto giocosa quanto protettiva nei confronti delle due bambine) con quello dei loro genitori, un padre  dolce ma indaffarato con il proprio lavoro e una madre malata e costretta a letto in ospedale. Il risultato è uno dei più grandi capolavori dell'animazione mondiale.

Discorso a parte va fatto per il personaggio della "Nonnina", una vecchia signora del villaggio che si porrà subito in maniera amorevole nei confronti della famiglia appena trasferitasi e che cercherà di rendere la difficile situazione di entrambe le protagoniste più accettabile. Andrebbe fatto notare, prima di tutto, che lei è l'unico essere umano nel film a non avere un nome, il che la rende simbolo archetipico più che vero e proprio "characters", come da tradizione favolistica. Inoltre è unico esempio di essere umano completamente integrato in un sistema naturale.

"Il mio vicino Totoro" è un anime dai molteplici influssi, risalenti non solo alla tradizione nipponica ma anche a quella occidentale, guardata sempre da Miyazaki con occhio curioso e mai critico. Al di là infatti dei riferimenti alla tradizione shintoista, di cui comunque il Totoro non fa parte, essendo un personaggio di fantasia nato dalla fusione di diverse caratteristiche di diversi essere magici, il regista prende a piene mani da cultura popolare (la già nominata figura del troll) e letteraria del nostro emisfero, citando persino l'Alice di Carroll, che come la piccola Mei viene catapultata in un mondo fantastico in cui sogno e realtà sembrano confondersi continuamente.
Il film fonde perfettamente elementi comici e drammatici, suscitando il riso e le lacrime, commuovendo e divertendo, senza dimenticare però di far riflettere.
Narrato con poetica delicatezza, ben rappresentata dal tratto dell'animatore, "Tonari no Totoro" è un'opera d'arte complessa, scritta e disegnata appositamente per un pubblico infantile ma dai diversi livelli di lettura, che non disdegna di parlare anche di famiglia, dello stare insieme e dell'importanza di una quotidianità non contaminata.

Tratto dal romanzo omonimo, "Il mio vicino Totoro" ha permesso al suo personaggio-simobolo di diventare molto popolare in Giappone, tanto da essere scelto come mascotte dello stesso Studio Ghibli. Nel 2002 Miyazaki stesso ha realizzato un cortometraggio tratto dal film, "Mei and the Kittenbus".

Nel tardivo passaggio nei cinema italiani il regista stesso ha curato il doppiaggio e la scelta delle voci italiane, permettendo ai dialoghi di essere il più possibile simili a quelli originali.

"Totoro, Totoro
puoi visitarlo solamente quando
sei un bambino
un meraviglioso incontro.
La pioggia cade alla fermata dell'autobus
se c'è una creatura inzuppata
apri il tuo ombrello per lei
La parola segreta per il bosco
porte magiche apre
Il mio vicino Totoro, Totoro...
"


1 Tratto da Wikipedia

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Recensione a cura di Zero00 - aggiornata al 17/02/2011 11.22.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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