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"Il verde è il colore più bello, il colore della speranza"
Una guerra, anche se "giusta" e "motivata", lascia i suoi profondi segni pure nelle nazioni vincitrici.
Gli Stati Uniti avevano vinto la Seconda Guerra Mondiale a caro prezzo; molte famiglie piangevano un marito, un padre o un figlio morto. Le immagini dai campi di battaglia di mezzo mondo mostravano distruzioni, lutti, fame, disperazione, patite in genere dai più deboli, soprattutto dai bambini.
Ce n'era abbastanza per spingere molti artisti e intellettuali americani (soprattutto di sinistra) su posizioni contrarie alla guerra e alle sue cause scatenanti (il pregiudizio, l'intolleranza, il nazionalismo).
Allo stesso tempo, però, la guerra era stata un grosso affare per gli Stati Uniti. Aveva risolto la crisi economica che si trascinava dal 1929 e aveva consolidato il potere politico delle lobby, grazie alla forte pressione emotiva e ideologica indotta dalla guerra sull'opinione pubblica del paese.
Un'altra guerra (vera o fittizia) avrebbe fatto molto comodo ai grandi trust politico-finanziari. Al gruppo degli idealisti e progressisti apparteneva Joseph Losey, un giovane artista impegnato politicamente e molto appassionato di teatro. Ormai quasi quarantenne decise di esprimere la sua passione artistica e ideale anche tramite la macchina da presa.
Con la sua prima opera cinematografica ("The boy with green hair" – "Il ragazzo dai capelli verdi", uscito nel 1948) cercò di dare una mano alla causa del pacifismo, della tolleranza e della comprensione reciproca, utilizzando le tecniche classiche dei film di Hollywood, cioè l'identificazione dello spettatore in un personaggio che fosse un misto di normalità e perfezione e le cui avventure ispirassero per lo più profonda simpatia e/o commiserazione.
A tale scopo prese a soggetto la storia di un bambino orfano di guerra, che a causa di un evento straordinario (la colorazione in verde dei propri capelli), prende coscienza di sé, del mondo che lo circonda e si dedica anima e corpo ad evitare che altri bambini possano in futuro essere vittime di guerre.
Ne è venuto fuori uno dei più bei classici cinematografici per famiglie o scolaresche; un film che, nonostante la semplicità, l'aspetto quasi forzato e didattico della storia, riesce tuttora a rimanere impresso nell'animo dello spettatore, grazie alla spontaneità e alla verità della recitazione e soprattutto per il messaggio universale, sempre valido e attuale.
Stilisticamente il film si colloca in una via di mezzo fra il musical, il fantasy, il film comico e la commedia sentimentale tipo "La vita è meravigliosa" di Frank Capra.
Le sequenze di apertura cercano subito di conquistare il senso estetico dello spettatore e creare un'atmosfera poetica.
Sfruttando il technicolor vengono infatti mostrati splendidi boschi verdi, calmi laghi cristallini e uno splendido tramonto ocra sul mare, mentre suona in sottofondo un'ammaliante musica corale.
L'inizio vero e proprio ricalca invece quello dei film noir, mostrando l'esito finale della storia (in questo caso un bambino completamente calvo in un commissariato di polizia) e sviluppando il resto del film come un lungo flashback raccontato dal protagonista. Per la prima mezz'ora facciamo quindi la conoscenza di Piero, un bambino dal carattere deciso, orfano di guerra (lui apparentemente non lo sa), e di suo nonno, un ex artista che fa il cameriere in un paesino della profonda campagna americana.
La loro vita e l'ambiente in cui vivono sono presentati in maniera molto amabile e gioiosa, un piccolo quadretto idealizzato dove tutti si conoscono e si vogliono bene, si vive allegri con semplicità, magari cantando qualche bella canzoncina. E' in questa prima mezz'ora che il film prende a volte l'aspetto di un musical o di un fantasy alla "Il mago di Oz"
Questa situazione idilliaca viene però nel seguito del film quasi smentita o almeno mostrata come molto instabile. Il primo strappo drammatico è la scoperta da parte di Piero di essere orfano a causa della guerra.
Da questo punto in poi la guerra diventa piano piano la protagonista del film. Segue infatti la scena della drogheria, dove Piero ascolta spaventato e allibito alcune signore che discutono dell'imminenza di una nuova grande guerra distruttiva. Questa è una delle scene chiave del film, dove si fronteggiano le due linee ideologiche che animavano il dibattito politico di allora: una che puntava sulla paura di eventuali aggressioni e predicava il riarmo, l'altra che puntava invece più sul dialogo e sulla distensione per non avere più bisogno di armi o guerre.
E' in quest'atmosfera sempre più cupa che avviene il fatto chiave di tutto il film.
Una mattina Piero, mentre si fa il bagno, si accorge improvvisamente di avere i capelli di un bel colore verde erba. All'inizio il fatto viene trattato come qualcosa di comico. Piero pensa che la colpa sia della saponetta di colore verde e la musichetta di sottofondo tipica dei cartoni animati accentua il carattere un po' infantile e giocoso della scena.
Presto però la cosa diventa seria. L'evento viene trattato come se fosse qualcosa di realistico, giusto per misurare la reazione di una società chiusa e tradizionalista verso tutto ciò che è "diverso".
Nella piccola comunità si formano così due gruppi: uno minoritario composto dal nonno, dal dottore e dalla maestra (chi usa l'amore e la ragione) che accetta la diversità e la varietà come la legge normale della natura; l'altro maggioritario che in base a istinti e paure irrazionali cerca di escludere e allontanare chi non segue le proprie apparenze e consuetudini.
Una frase detta da un bravo borghese abitante del villaggio - "Ti piacerebbe che tua sorella sposasse uno con i capelli verdi?" - svela come i capelli verdi siano un po' la metafora di tutto ciò che (irragionevolmente) causa pregiudizio, come ad esempio il colore della pelle o una differente nazionalità o religione.
Piero si vede dall'oggi al domani trattato come un oggetto di curiosità morbosa e poi evitato come qualcosa di "contagioso". Alla fine viene addirittura aggredito dai suoi ex amici compagni di gioco.
Insomma tutta quella bella comunità che sembrava così tranquilla e idilliaca svela invece una faccia gretta, cattiva ed egoista. Come si vede, la struttura del film è molto simile a quella de "La vita è meravigliosa".
Anche qui, come nel film di Capra, nel momento più drammatico e disperante interviene un evento soprannaturale a consolare e ad aprire gli occhi al protagonista. Piero ha infatti una visione e si vede materializzati davanti i bambini orfani di guerra che aveva visto su dei manifesti.
Essi spiegano a Piero che i capelli verdi sono una specie di "diploma" (nella versione inglese viene usata la parola medal, cioè "medaglia", "distintivo"), qualcosa che attiri l'attenzione della gente per poter predicare loro l'esigenza della pace:
"La guerra fa tanto male ai bambini e tu devi dirlo ai russi, agli americani, ai cinesi, agli inglesi, a tutti i popoli del mondo, che non ci devono essere altre guerre".
La scena ha una forte impronta religiosa (staticità della figure, musica di sottofondo chiesastica) e vuole infatti promuovere il pacifismo come dovere etico assoluto per il singolo essere umano. Piero adesso capisce il senso della sua "diversità" e si mette con entusiasmo a diffondere il messaggio di questa nuova "speranza" di pace universale.
I risultati non sono però quelli sperati ("Non mi hanno voluto credere, non mi hanno ascoltato") e anzi deve subire ancora nuove umiliazioni, come ad esempio il taglio dei capelli, in una scena che ricalca quella dell'esecuzione di un condannato a morte.
A differenza de "La vita è meravigliosa" il ritorno del protagonista in società non si risolve con il ristabilirsi dello stato iniziale felice ed idilliaco.
"Il ragazzo dai capelli verdi" si conclude invece in maniera piuttosto pessimista, con la consapevolezza che è quasi impossibile convincere la gente a fare a meno dell'odio e dei conflitti. Rimane però la determinazione di quei pochi che ci credono, a sfidare comunque la maggioranza scettica e indifferente e a portare avanti in ogni caso la propria visione di un mondo senza guerre.
Piero infatti ha deciso: "Quando riavrò i capelli, saranno verdi".
Certo che visto oggi questo film può apparire ingenuo e forzato, ma del resto rappresenta molto bene ciò che le generazioni di allora pensavano dovesse essere tramandato alle generazioni a venire, dopo aver vissuto l'esperienza veramente tragica della Seconda Guerra Mondiale.
Certi periodi storici non vanno assolutamente dimenticati, devono in tutti i modi essere ricordati e servire da monito per non ripetere gli stessi errori.
"If they forget, remind them".
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Recensione a cura di amterme63 - aggiornata al 21/09/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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