Recensione il ritorno di cagliostro regia di Daniele Ciprì, Franco Maresco Italia 2003
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Recensione il ritorno di cagliostro (2003)

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locandina del film IL RITORNO DI CAGLIOSTRO

Immagine tratta dal film IL RITORNO DI CAGLIOSTRO

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Dopo le molte polemiche per "Lo zio di Brooklyn" e una denuncia per vilipendio alla religione per "Totò che visse due volte", i palermitani Ciprì e Maresco tornano con la loro comicità graffiante, con toni molto meno polemici e un po' più leggeri dei precedenti e per seguire il film non sono questa volta necessari sottotitoli o la conoscenza del palermitano stretto.
Il film è strutturato come un finto documentario alla Zelig, con immagini d'epoca e spezzoni della Trinacria Film e l'intervento di critici e storici cinematografici come Tatti Sanguineti e Gregorio Napoli (che è anche l'autore del ritrovamento del film).
Il primo riferimento, ma non l'unico, che ci viene in mente è un'opera di Peter Jackson "Forgotten Silver", anch'esso un finto documentario di un regista che aveva rinnovato il cinema con l'introduzione del colore e di altri ritrovati, ma poi era entrato nel dimenticatoio.

Tutto il film è pervaso da un certo senso di decadenza, anche grazie ai personaggi secondari con i volti deformi e grotteschi e tic nervosi, praticamente tutta la fauna che siamo abituati a vedere nei filmati di cinico tv, tutti attori presi dalla strada e che trovano difficoltà a parlare o a esprimersi in italiano.
Anche in questo caso i ruoli delle donne, tranne qualche rara eccezione, sono interpretati da uomini, che non hanno niente di femminile ma addirittura portano barbe lunghe.
Gli attori principali Luigi Maria Burruano e Franco Scaldati (che interpretano i fratelli La Marca) si trovano a loro agio nella parte dei due cineasti, come Robert Englund (il protagonista di "Nightmare") che si presta con grande auto-ironia alla farsa del mito hollywoodiano.

Il film racconta la tragica storia di due fratelli Carmelo e Salvatore La Marca costruttori di statue sacre, che decidono, grazie al loro amore per il cinema (quasi un'ossessione), di fondare a Palermo nel 1947 una società di produzione cinematografica -"la Trinacria Film"- che dovrebbe fare concorrenza a Cinecittà.
Decidono di rivolgersi a due persone molto influenti e per niente raccomandabili come il cardinale Vincenzo Sucato (molto bravo Pietro Giordano nella duplice veste di Pino Grisanti e del Cardinale Sucato) e l'onorevole Porcaro.
Dopo una serie di colossali fiaschi come "La vita di Santa Rosalia", "La moglie del marziano", "La vita è ballo" "Oh figlio Infame", arriva la proposta dal Barone Cammarata, studioso di Cagliostro e di arti occulte, di finanziare un kolossal che avrebbe dovuto riportare alla ribalta il mito di Cagliostro.
I due Fratelli colgono subito la palla al balzo, il film verrà prodotto dalla Trinacria Film, mentre come regista viene contattato Pino Grisanti, nevrotico e afflitto da manie di persecuzione, che ricorda nel nome Pino Mercanti, cineasta realmente esistito autore di diversi film, in gran parte di genere avventuroso, ed il paragone è ancora più calzante se si pensa che durante la propria carriera firmò un film sui Beati Paoli, così come a Grisanti, nella pellicola di Ciprì e Maresco, viene attribuita la paternità di una pellicola intitolata Gli invincibili Beati Paoli.
Per il ruolo del protagonista viene contatto Errol Douglas, attore americano ormai in pieno declino e preda dell'alcol.
Il film finisce con la rovina di tutti coloro che hanno lavorato al film, come per l'attore Errol Douglas che dopo l'incidente sul set, verrà abbandonato su una carriola in mezzo alla campagna.

Il film scorre e diverte nella prima parte, con molte gag giuste e risulta gradevole il bianco e nero (la fotografia di Ciprì è sempre bella) dei finti filmati che rimandano alle atmosfere degli anni '40 e '50.
Nella seconda parte invece si avverte un cambio di tono e di registro molto più serio con la comparsa di un nano che ha la funzione di colui che tutto sa e tutto vede, che ha il compito di svelare il mistero dei suoi personaggi e della Trinacria Film, dandoci una lettura diversa dei fatti, addirittura facendo capovolgere i ruoli, dove i fratelli La marca sono gli sfruttatori e l'attore americano è lo sfruttato.

L'idea di fondo non è male ma interrompe la narrazione appesantendola e facendo perdere quota alla struttura narrativa del film. Nel complesso l'opera è molto bella e ci riporta all'origine del cinema Italiano del Dopoguerra, fatto di uomini, o meglio dire pionieri, che con pochi mezzi economici e con molta inventiva cercarono di creare una Hollywood siciliana, ma senza successo.

Concludendo con le parole di Maresco in una intervista "A noi non interessava fare un film storico, pur essendo presenti degli elementi di realismo. Ci interessava raccontare la follia di questi personaggi, una follia quasi pirandelliana, tutta siciliana. Personaggi che finiscono per soccombere a causa delle loro "folli" idee. Il film è anche una riflessione sull'impossibilità dell'arte"

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Recensione a cura di Weezer - aggiornata al 18/01/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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