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1935: Indiana Jones (Harrison Ford) ed il suo piccolo aiutante Short Round (Ke Huy Quan), dopo una rocambolesca fuga dalla malavita cinese in forzata compagnia della cantante Willie Scott (Kate Capshaw), si ritrovano in un piccolo villaggio indiano, ridotto alla carestia dal furto della pietra magica che assicurava la prosperità alla zona. Il maharajah di Pankot ha sottratto la pietra al villaggio per costringere gli abitanti al culto di Kalì e ritenendo che la pietra sia una delle mistiche pietre di Sankara, in grado di assicurare "fortuna e gloria" ai suoi possessori.
Tutti i bambini del villaggio, inoltre, sono stati rapiti.
Indy, Short e una riluttante Willie acconsentono ad indagare e si recano al palazzo del maharajah, dove dietro una rispettabile facciata si nasconde un terribile segreto...
Il successo de "I Predatori dell'Arca Perduta" rese inevitabile il ritorno del professor Jones, le cui avventure George Lucas si era augurato di raccontare in almeno tre film. Nei progetti di Lucas, il secondo film, al pari de "L'Impero Colpisce Ancora", doveva essere una variazione su tinte cupe prima del lieto fine del terzo capitolo.
Ambientato nel 1935, "Indiana Jones e il Tempio Maledetto è a tutti gli effetti un prequel, cronologicamente la prima avventura (cinematografica) di Indiana Jones. L'unico elemento in comune tra "I Predatori dell'Arca Perduta" ed "Indiana Jones e il Tempio Maledetto" è il protagonista.
Lucas non voleva una copia del primo film e così nessuno dei comprimari venne mantenuto, l'ambientazione venne spostata in estremo oriente, i Thug sostituirono i Nazisti nel ruolo dei villain psicopatici, replicando la struttura dell'uno contro tutti e della missione impossibile che tanto si addice ad Indiana Jones.
Al posto di una ricerca archeologica e di manufatti mistici, Indiana Jones si trova costretto ad affrontare una setta che sfrutta il lavoro minorile e pratica aberranti riti con sacrifici umani. Tinte horror e tematiche controverse: se i Nazisti degli altri due film sono poco più che delle caricature (Spielberg stesso ha ammesso che dopo "Schindler's List" non avrebbe più potuto raffigurarli come in Indiana Jones), i Thug, sebbene imbevuti di stereotipi, hanno ben poco di comico - se non altro per le scene sui bambini costretti a lavorare nelle miniere, l'immagine più forte proposta nella saga.
Non troppo convinto del soggetto, Spielberg si limitò al compitino, rielaborando alcune sequenze d'azione inizialmente concepite per Raiders e tagliate per mancanza di tempo e fondi. Il recente quarto episodio ha dimostrato ancora una volta che, se Spielberg non è convinto del materiale, non basta un grande Harrison Ford a risparmiare il film da qualche critica: Il Tempio Maledetto nasce dalla volontà di Lucas di esplorare nuovi territori narrativi, ma il talento di Lucas è quello dell'intuizione, non quello dello sviluppo. Se L'Arca Perduta beneficiava di uno Spielberg ai massimi livelli, Il Tempio Maledetto non risuona nelle corde del regista, che dovette attendere il terzo episodio per realizzare il suo Indiana Jones "definitivo". La contrapposizione tra Indiana Jones e i Nazisti e la ricerca di manufatti di origine biblica/mitologica è talmente perfetta per Indiana Jones che questo intermezzo esotico sembra quasi un passo falso. E' un falso prospettico: pochi film d'avventura resistono al tempo come Il Tempio Maledetto e regalano scene di così grande impatto, nonostante un MacGuffin che non interessa a nessuno (nemmeno ad Indy) e un tono generale incerto tra l'horror e la commedia slapstick (vedi la sequenza delle portate alla cena), per tacere della divagazione musical dell'apertura. Un'incertezza che può spiazzare e non convincere, ma che in fin dei conti può anche essere accettata, se si considera lo spirito con cui i film di Indiana Jones sono stati concepiti.
Da Lucas a John Williams e ad Harrison Ford, la continuità con il primo episodio è comunque evidente, ma non sufficiente a mascherare l'avvicendamento tra Larry Kasdan e la coppia William Huyck / Gloria Katz, in sede di sceneggiatura. Indiana Jones è un personaggio che, dopo I Predatori, si scrive da solo: il problema è dargli sponde all'altezza, sia in termini di aiutanti che di avversari. Short Round è una felice intuizione: sorta di fratellino minore, tiene testa ad Indy per tutto il film, rubando spesso la scena e risultando decisivo in più di un'occasione. Ke Huy Quan (visto successivamente ne "I Goonies") è una forza della natura: al suo esordio sul grande schermo trasmette un entusiasmo chiaramente non simulato, che risulta fondamentale nell'equilibrio del film. E' un vero peccato che non sia stato mai ripreso.
Willie Scott è ben diversa da Marion Ravenwood ed è più simile all'archetipo "damsel in distress" che l'eroe deve cacciare ripetutamente fuori dai guai. C'è meno sentimento e più battibecco, ma in certe scene gira un po'a vuoto, anche perchè, come fa notare lo stesso Indiana Jones, fondamentalmente non smette mai di urlare.
Il sacerdote dei Thug, Mola Ram, è il villain più spaventoso della saga, ma è privo di personalità e non è - come Belloq - un vero avversario per Indy, una sfida intellettuale, solo un pericoloso e selvaggio capo tribù.
E' in questa assenza che forse Il Tempio Maledetto perde il confronto con gli altri due episodi originali: non c'è ricerca, non c'è meraviglia, non c'è rilettura in chiave fantastica di elementi della storia a cui il pubblico appartiene. Di contro, si spinge l'acceleratore sull'avventura e sulla fisicità, sull'esotismo e sull'orrore. Indy è sufficientemente versatile - dal punto di vista narrativo - per non apparire fuori luogo, ma di certo non è al massimo delle sue potenzialità. Per la costruzione del personaggio, Il Tempio Maledetto getta una luce sull'affermazione che Belloq fa ne "I predatori dell'Arca Perduta, sull'aver smarrito in qualche modo la retta via dell'archeologia. Nel prologo, Indiana Jones traffica manufatti in cambio di diamanti, è più un predatore che un archeologo.
Anche durante la cena a Pankot, il primo ministro accenna ad episodi poco edificanti del passato di Indy, che, benchè preceduto dalla sua fama, sembra ben lontano dall'eroe in grado di ereditare la custodia del Santo Graal che si vedrà ne L'Ultima Crociata.
Inconsciamente, forse, le vicissitudini private di Spielberg e Lucas (entrambi alle prese con problemi coniugali) possono aver influenzato l'umore del film, fatto sta che il risultato è un film visivamente e narrativamente cupo, con memorabili sequenze di azione e qualche rallentamento di troppo, oltre ad un plot non troppo convincente.
Tutto il mestiere di Spielberg e un'altra convincente prova di Harrison Ford, oltre alla trovata geniale del personaggio di Short Round, bilanciano i difetti del film e rendono l'esperienza della visione soddisfacente anche dopo tanti anni.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 12/01/2012 16.34.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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