Recensione i tenenbaum regia di Wes Anderson USA 2001
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Recensione i tenenbaum (2001)

Voto Visitatori:   7,09 / 10 (140 voti)7,09Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior attore in un film commedia o musicale (Gene Hackman)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attore in un film commedia o musicale (Gene Hackman)
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locandina del film I TENENBAUM

Immagine tratta dal film I TENENBAUM

Immagine tratta dal film I TENENBAUM

Immagine tratta dal film I TENENBAUM

Immagine tratta dal film I TENENBAUM

Immagine tratta dal film I TENENBAUM
 

Prendete "La famiglia Winshaw", romanzo di culto di Jonathan Coe, ripulitelo (ma non eccessivamente) dei tratti di cattiveria dei suoi protagonisti ed aggiungete una abbondante spolverata di idiozia: otterrete "I Tenenbaum", terzo lungometraggio firmato dal talentuoso regista Wes Anderson dopo "Un colpo da dilettanti" e "Rushmore".

Quella dei Tenenbaum è una famiglia molto particolare, segnata dalle intemperanze del capostipite Royal (Gene Hackman), avvocato di successo finito sul lastrico a causa della sua propensione alle frodi, che gli costerà l'affetto della moglie Etheline (Anjelica Huston), brillante archeologa, e dei figli Chas, Richie e Margot.
Proprio i tre figli rappresentavano il maggiore orgoglio della famiglia, ciascuno con il proprio talento speciale che lo rendeva un enfant prodige: Chas era un mago della finanza che aveva guadagnato il primo milione ancora adolescente; Richie era un asso del tennis e Margot, adottata da Royal ed Etheline ancora neonata, era una drammaturga di talento. Dopo vent'anni di scandali e tradimenti le loro capacità e la loro serenità erano ormai svanite, finché il ritorno del padre, il vecchio Royal, non smuoverà le acque salvando "una nave destinata ad affondare".

"I Tenenbaum" è innanzitutto racchiuso nei suoi personaggi: una girandola di improbabili ex bambini prodigio cinici e disillusi, racchiusi nell'immobilismo della propria condizione e persi nelle glorie che furono, vestiti sempre nello stesso modo a simboleggiare il rifiuto di ogni sorta di cambiamento.
Chas (Ben Stiller), dopo aver perso la propria moglie in un incidente aereo, ha maturato un'insana iperprotettività verso i propri figli Ari ed Uzi, ed è sempre inguainato in una tuta Adidas rossa; Richie (Luke Wilson) ha interrotto la propria carriera agonistica dopo aver scoperto che la sorella adottiva Margot, da lui segretamente amata, si era sposata con lo psicologo Raleigh St. Clair (Bill Murray); Margot (Gwyneth Paltrow), taciturna, estremamente riservata, perennemente avvolta in una spessa pelliccia e complessata per il fatto di essere una figlia adottiva, versa in uno stato di profonda depressione e crisi creativa da oltre sette anni, ed ha una relazione con il vicino di casa Eli Cash (Owen Wilson), scrittore di successo con problemi di droga, nonché amico d'infanzia di Richie.
Attorno a questo bizzarro nucleo familiare ruotano come satelliti altri personaggi secondari, caratteristici della narrazione di Wes Anderson: l'autistico Duddley, inseparabile oggetto di studi di Raleigh; il commercialista di colore Henry Sherman (Danny Glover), nuovo fidanzato di Etheline; il fedele maggiordomo indiano Pagoda, pronto a tutto per il suo padrone Royal.

L'originalità di Anderson risiede proprio nel fondare su una maniacale cura dei particolari nel tratteggiare i "suoi" personaggi la potenza comica dei suoi film; si tratta di una comicità sottilissima, cerebrale, magari non immediata ma tanto incisiva da serpeggiare inconsapevolmente nella mente dello spettatore a lungo. Il risultato è raggiunto grazie al coinvolgimento emotivo verso una simile, improbabile corte dei miracoli, esattamente come negli altri lavori più riusciti del regista, il precedente "Rushmore" ed il successivo "Il treno per il Darjeeling".

Per riuscire in un simile miracoloso intento, è fondamentale per un regista avere la piena collaborazione dei suoi attori: ecco che Anderson, infatti, gira sempre con i soliti, fidatissimi interpreti ed amici: oltre al fedele Owen Wilson, che ha recitato in tutti i suoi film, Wes Anderson non si separa praticamente mai da Bill Murray, Anjelica Huston e da tutti i comprimari, anche solo per particine irrilevanti: emblema di questa nutrita schiera di comparse (spesso attori non professionisti) è Kumar Pallana, interprete di Pagoda e sempre presente nei film di Anderson anche solo per pochi fotogrammi.
Questo stratagemma fa sì che ogni film del talentuoso regista sembri nient'altro che un'altra faccia del microcosmo orchestrato dallo stesso Wes Anderson, in un'unica pellicola senza soluzione di continuità, come ben rappresentato dalla scena finale del treno che porta con sé tutti i personaggi de "The Darjeeling Limited".

Una simile amalgama non sarebbe stata però possibile senza una sceneggiatura sufficientemente incisiva: per raggiungere l'obiettivo, Wes Anderson si è fatto aiutare dall'amico di sempre Owen Wilson, già co-autore delle sceneggiature di "Un colpo da dilettanti" e "Rushmore". Il risultato della collaborazione è una scoppiettante sequela di situazioni irreali e battute di stampo british, che tradiscono una forte influenza dei Monty Python ("Lui mi salvò la vita, sapete. Trent'anni fa fui accoltellato in un bazar a Calcutta. Lui mi portò in spalla fino all'ospedale". "E chi ti aveva accoltellato?" "Sempre lui") ed un notevole gusto per l'assurdo, che sono valsi ai due una candidatura al premio oscar per la migliore sceneggiatura originale.

A puntellare ogni singolo sviluppo della storia ci sono gli immancabili dettagli ripetuti ossessivamente, dei quali anche i protagonisti faticano a comprendere il senso ma che sono essenziali nel cinema di Anderson, creando un'atmosfera favolistica ed irreale: si va dai topolini dalmata che infestano la casa alla testa di cinghiale impagliata di Royal, dai voli del falco addomesticato Mordecai alle sigarette di Margot.

"I Tenenbaum" rappresenta la summa dei temi cari a Wes Anderson, riproposti quasi meccanicamente nei suoi lavori: un nucleo familiare denso di peculiarità che si sfalda salvo poi riavvicinarsi, la ricerca dell'approvazione dei genitori da parte dei figli, la diversità rispetto al circostante a causa di capacità non comuni, gli effetti devastanti delle delusioni d'amore.

Da un punto di vista tecnico/registico, poi, Anderson reitera i movimenti di macchina che tanto caratterizzano il suo modo di fare cinema: tante carrellate che si spostano velocemente da un personaggio all'altro, piani sequenza ubriacanti, scene intervallate da miniature come se si stesse sfogliando un libro illustrato, ralenti a sottolineare la scena finale del film.

E poi, la colonna sonora.
La scelta delle musiche è sempre estremamente accurata nei Wes Anderson, ed "I Tenenbaum" non fa eccezione: si inizia con "Hey Jude" mentre sullo sfondo va in scena la presentazione dei personaggi e lo sfaldamento della famiglia Tenenbaum per poi proseguire, tra gli altri, con Nico, Paul Simon, John Lennon, i Ramones ed Elliott Smith, oltre che con diversi momenti di musica classica; il tutto sempre abbinato magistralmente ed idealmente alla scena che accompagna. In questo senso, il momento più emozionante del film si ha quando Margot rivela finalmente a Richie il proprio amore all'interno della tenda da campo che questi ha montato in salotto: dopo essersi scambiati un abbraccio appassionato, Margot si alza ed esce dalla tenda, dicendo all'impassibile Richie: "Penso che dovremo amarci segretamente e lasciare le cose come stanno, Richie", mentre in sottofondo i Rolling Stones cantano "Goodbye Ruby Tuesday, who could hang a name on you?".

Si è già detto di come tutto il cast sia stato fondamentale per la riuscita del film, ma giova spendere qualche parola in più per i due interpreti che più degli altri sono riusciti a rendere credibili i propri inverosimili personaggi: Gene Hackman e Gwyneth Paltrow.
Il Royal Tenenbaum di Hackman è il mattatore assoluto dell'intera pellicola, ed il sorriso sornione di Hackman ne incarna perfettamente lo spirito: se ne avverte la presenza anche quando, nella scena finale, la macchina da presa inquadra le parole scritte sulla sua lapide: "Died tragically rescuing his family from the wreckage of a destroyed sinking battleship".
Cinico, imbroglione, arrogante, razzista ed egoista: Hackman riesce a condensare tutte queste caratteristiche in un personaggio comunque in grado di catalizzare su di sé le simpatie del pubblico, con una prova attoriale che ha del miracoloso.
Quanto a Gwyneth Paltrow, con Margot Tenenbaum offre indiscutibilmente la migliore prova della sua carriera.
Liberatasi dagli stucchevoli ruoli in cui era rimasta imprigionata dopo il successo commerciale di "Sliding doors" e "Shakespeare in love", ne "I Tenenbaum" la Paltrow riesce finalmente a dar libero sfogo del proprio talento da caratterista, dando vita al personaggio più complesso del film: Margot è una donna schiva, estremamente sensuale ma profondamente depressa, dicotomia che l'attrice rende perfettamente col suo sguardo malinconico ma accattivante, con le iridi azzurre imprigionate da uno spesso strato di matita nera. Quando c'è lei in scena, tutto il resto scompare e c'è spazio solo per la sua eleganza dimessa.

E' piuttosto difficile definire il genere cui appartiene questa pellicola: "I Tenenbaum" è una commedia, una saga familiare, un film d'autore, una pellicola corale; difficile, veramente difficile fornire una classificazione di un film simile.
In fin dei conti, d'altra parte, classificarlo è un esercizio piuttosto inutile: "I Tenenbaum" è essenzialmente un mirabile esempio di ottimo cinema.

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Recensione a cura di Jellybelly - aggiornata al 26/06/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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