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Uscito in sordina a fine 1999, Nastro d'argento per la miglior regia esordiente nel 2000, grande successo alla Berlinale nello stesso anno, il film d'esordio di Alessandro Piva, regista di origine barese trapiantato a Roma, può considerarsi a pieno titolo un "caso" di successo nel panorama cinematografico italiano.
Pur realizzato con un budget estremamente limitato, ha saputo attirare un grosso numero di spettatori non soltanto a Bari e provincia, ma anche a chilometri di distanza, superando così la barriera linguistica costituita dal parlato in stretto dialetto barese finalmente sdoganato non come caricatura (alla Banfi o all'Abatantuono, per intenderci), ma nella sua vera essenza.
La storia, nell'unità temporale aristotelica di 24 ore, segue le vicissitudini di due balordi vicini alla mala locale tra smercio di stupefacenti e bravate, passando per il vizietto dei videopoker e delle scorribande notturne a tutto gas per la città.
La Bari coprotagonista appare nella fredda alba di un inverno non meglio identificato lungo i binari di periferia, nella notte tra lungomare e bassi del borgo antico, immobile e distaccata, attrice e vittima nello stesso tempo.
Gli attori della storia quasi tutti di derivazione teatrale o popolare, grazie alle emittenti locali, e sono perfetti nei loro ruoli tanto da sembrare autentici. Ottime le interpretazioni dei due protagonisti Paolo Sassanelli e Dino Abbrescia, noti al grande pubblico per apparizioni televisive e cinematografiche e anche loro a perfetto agio nei ruoli di Pasquale e Minuicchio, malavitosi di basso rango, persino ridicoli nei loro forzati atteggiamenti da bulli.
Tra gli altri attori da segnalare i momenti drammatici resi da Tiziana Schiavarelli, moglie di un impiegato padre di famiglia schiavo dei videopoker, e di Dante Marmone, impassibile gestore di un locale invischiato con la mala e poi vittima di una rapina.
Il film di Piva, pur avendo catturato l'interesse di critici e spettatori, presenta tuttavia delle lacune: molti validi spunti nella storia sono di fatto troncati o appena abbozzati (la tematica degli sbarchi e delle relazioni con gli albanesi ad esempio); il sottobosco criminale, poi, pur reso bene in atteggiamenti e modi di dire, risulta spesso (di certo volutamente) più comico che drammatico.
Accostato forse esageratamente a Pasolini e Tarantino, Piva ha di sicuro dalla sua il merito di aver mostrato un lato oscuro non tanto di Bari, ma della vita degradata delle città tanto italiane quanto di tutto il mondo (e a ciò si deve il successo a Berlino). L'ironia nasconde l'accettazione distratta che l'altro lato della città riserva ai diseredati, gente senza spiragli di luce (e Bari infatti viene inquadrata sempre al buio, all'alba, al tramonto).
Un film da vedere, cercando di comprendere l'essenza dei dialoghi (i sottotitoli non rendono mai del tutto).
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 22/02/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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