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Tale John Carpenter, non uno qualsiasi, nel 1982 decise di fare il remake di "La cosa da un altro mondo" di Christian Nyby e prodotto da Howard Hawks, nume tutelare dello stesso Carpenter. Il risultato fu uno dei film più paranoici e angosciosi di quel decennio. Una delle commistioni più riuscite fra horror e fantascienza, talmente riuscito nel suo intento da essere un clamoroso fiasco al box office americano ancora troppo ammaliato dagli occhioni di "E.T." di Spielberg.
Sicuramente non fu una scelta molto lungimirante dei distributori dell'epoca, mettere a confronto una creaturina dolce ed indifesa come l'alieno spielberghiano, con un'altra che non poteva nemmeno definirsi brutta, perché non aveva una forma definita, e capace di seminare discordia fra un gruppo di individui, grazie proprio alla peculiarità di replicarli ed assimilarli: essere le persone che si vedevano tutti i giorni e non esserlo allo stesso tempo. Fortunatamente il tempo ha dato ragione al film di Carpenter per un suo recupero sia presso il pubblico che la stessa critica che lo aveva superficialmente bocciato.
"La Cosa" di John Carpenter era un remake, ma se ne discostava fin da subito, rimanendo più ancorato alla sua origine letteraria, cioè il racconto di Campbell. Sembrava quindi la chiusura di un cerchio.
Stop? Fine? Nulla di più sbagliato.
In un periodo di crisi come questo che sta attraversando specialmente l'horror americano, il caso di "The Thing" potrebbe essere preso quasi a simbolo, se non altro per le sue caratteristiche intrinseche della storia, di una mancanza di idee che sembra non avere fine. E' pervicace l'accanimento nei confronti delle pellicole horror di quello che è considerato come il periodo d'oro di questo genere, iniziato con la rivoluzione operata da "La notte dei morti viventi" di George Romero.
Il meccanismo sembra essere lo stesso della "Cosa": prendere un film di quell'epoca, assimilarlo, replicarlo andando incontro ai gusti del pubblico attuale. Una politica talmente autolesionista che non tiene conto minimamente della sterminata letteratura horror che gli americani hanno a loro disposizione. E' possibile che nemmeno da fonti letterarie riescano a trovare un minimo di ispirazione? Sembra proprio di no perché, aldilà di qualche produzione indipendente di buona qualità, la politica del remake sta pericolosamente sconfinando anche verso film stranieri dello stesso genere (tocca anche a "Suspiria" di Argento, per citare un esempio), ma attuata anche verso film non propriamente horror come il recente "Cane di paglia". Una mania per il remake che si sta diffondendo come un virus. Come la singola cellula della Cosa.
Matthijs Van Heijningen Jr. per il suo esordio dietro la macchina da presa non poteva avere fra le mani una patata più bollente di questa perché è fin troppo naturale, anche sotto tortura, non paragonare questo prequel con il film di Carpenter. Per di più uno dei suoi film migliori e più osannati non solo dai fan del regista, ma anche dell'intero genere.
Il film è un prequel e per quei pochi che non lo sanno, il prequel è quella pellicola che generalmente vuole raccontare degli avvenimenti precedenti a quelli poi successi nella pellicola di riferimento. In questo caso "The Thing" (2011) narra le vicissitudini della base norvegese nel momento della scoperta dell'astronave aliena e dello sgradito "ospite" congelato da millenni nelle lande antartiche.
Avvenimenti che porteranno alla distruzione della base norvegese prima del sopralluogo operato da MacReady e company nel film di Carpenter.
Senza scomodare la naturale risposta di una celebre rubrica della vecchia rivista satirica "Cuore", occorre dire che non tutto di questo film è da buttare. Il comparto tecnico specialmente nella fotografia e nella scenografia mostrano delle scelte piuttosto indovinate che risaltano quegli elementi nuovi, come l'astronave e soprattutto il suo interno, con buone soluzioni visive anche se in qualche misura derivative dall'"Alien" di Ridley Scott.
Anche il comparto attori tutto sommato si mostra all'altezza del compito. Non ci sono particolari nomi di punta, ma gli interpreti si dimostrano all'altezza non caratterizzando eccessivamente i personaggi e lasciando quell'alone di ambiguità utile a creare quel minimo di suspense su chi si ha di fronte: essere umano o duplicato? Inoltre non manca qualche idea interessante che non era stata considerata dal film di Carpenter, cioè la non replicabilità degli elementi inorganici all'interno del corpo umano. Protesi, otturazioni dentarie diventano quindi una chiave di riconoscimento fra chi è rimasto un essere umano e chi è diventato un duplicato assimilato dalla Cosa. La sequenza del controllo delle otturazioni dentarie forse è uno dei momenti più riusciti del film, quello in cui si riesce a percepire in maniera più tangibile la tensione che al contrario, per il resto della pellicola, è alquanto latitante.
Come già detto, la mossa vincente del film di Carpenter era stata quella di discostarsi nettamente dal suo predecessore. "La Cosa" di John Carpenter non era una caccia ad un alieno ben definito ed identificabile, non era presente una linea netta tra bene e male, tra buoni e cattivi. L'alieno, la Cosa era dentro di noi, la paranoia si impossessava dei personaggi tanto da far affermare a MacReady la famosa frase: "Nessuno si fida più di nessuno, ormai".
Invece il film di Van Heijningen Jr., dopo un 'inizio in cui La Cosa si vede nella sua versione presumibilmente originale ed in qualche modo rimanda più alla pellicola di Nyby/Hawks, viene riprodotto lo stesso meccanismo di Carpenter. Questa falsariga, proprio per la peculiarità di questo film, non aggiunge nulla e non crea sorprese per coloro che hanno visto "La Cosa" del 1982. Inoltre l'azione si svolge in maniera troppo rapida, non permettendo agli eventi di "maturare" in maniera realmente efficace, di sviluppare quella paranoia nei personaggi che era appunto la carta vincente del film di Carpenter.
Nemmeno la musica di Beltrami riesce a far decollare realmente il film, fornisce un semplice accompagnamento all'azione non riuscendo ad influenzare minimamente né la suspense o la tensione che serviva alla pellicola. Il finale di questo film, che offre il main theme di Morricone oltre al raccordo narrativo dell'inizio del film di Carpenter, costituisce l'occasione di un paragone e un piccolo assaggio di quella colonna sonora e della sua importanza all'interno della precedente pellicola.
Tecnicamente la CGI è un altro elemento negativo del film. La qualità non è delle migliori e la creatura/Cosa viene in un certo senso banalizzata, tanto da far rimpiangere il fascino artigianale delle creature di Rob Bottin, di ben altro impatto verso lo spettatore alle prese con qualcosa paradossalmente più reale, tangibile e spaventoso.
Infine non sono tanto le piccole/grandi incongruenze di sceneggiatura nei raccordi fra il film di Carpenter e questo di Van Heijningen Jr. Il difetto sta nel replicare lo stesso meccanismo, dotandolo di poca fantasia. In poche parole "The Thing" (2011) formalmente è un prequel, ma nella sostanza si tratta di un vero e proprio remake che potrà essere probabilmente apprezzato da chi non ha visto il film di Carpenter, ma chi lo ha visto, con altrettanta probabilità, darà qualche motivo perlomeno di storcere il naso.
"Il tuo orecchino... era nell'altro orecchio"
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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 07/06/2012 12.44.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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