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In una piacevole serata estiva, agli inizi degli anni '50, a Los Angeles, alcune persone appena uscite dal cinema osservano stupite il cielo imbrunito, dove uno strano corpo cilindrico, completamente avvolto dalle fiamme, sta precipitando con una traiettoria obliqua verso la campagna circostante.
I vigili del fuoco si precipitano immediatamente sul luogo dell'impatto dove, nel frattempo, è scoppiato un incendio. Spengono le fiamme e osservano con attenzione il corpo che ha l'aspetto di un meteorite.
Alcuni particolari sulla dinamica dell'urto fanno però pensare che non sia facile identificare l'oggetto; il cratere creato dalla sua collisione è infatti poco profondo, insolitamente superficiale per una massa compatta come quella di un meteorite, e la traiettoria della caduta è sembrata ai più del tutto calcolata, come se il cilindro fosse controllato all'interno da qualcuno.
Nella notte tre cittadini di Los Angeles, probabilmente soffermatisi sul luogo a guardia dell'oggetto, notano che una grossa botola, rimasta fino a quel momento del tutto mimetizzata dal terriccio che ricopre il corpo precipitato, si sta rumorosamente svitando tanto da scivolare alla fine su un fianco del cilindro, come mossa da una mano invisibile.
Dall'interno luminoso fuoriesce poi, lentamente, un lungo braccio meccanico, completamente snodabile, con all'estremità un luminoso occhio elettronico in grado di scrutare con accurata precisione il terreno circostante.
Sorpresi e un po' impauriti i tre uomini osservano increduli quanto sta accadendo, finché a un certo punto, pensando di essere in presenza di veri e propri marziani - essendo in quei giorni il pianeta Terra alla minima distanza da Marte, cosa che avrebbe agevolato un eventuale "viaggio" tra i due pianeti - decidono di tentare un amichevole approccio con l'equipaggio.
I tre, timorosi ma desiderosi di diventare famosi e animati da un certo spirito di fratellanza interplanetaria, dopo qualche esitazione si avviano decisi verso la strana cosa, alzando una occasionale bandiera bianca e proponendo ad alta voce un contatto di conoscenza reciproca nel segno della pace. L'occhio elettronico del braccio meccanico, dopo essersi indirizzato verso i tre e averli osservati attentamente per qualche istante, emette un fortissimo raggio di luce incenerendoli.
Nel frattempo sul posto arrivano lo scienziato Clayton Forrester (Gene Barry), Sylvia Van Buren (Ann Robinson), sua ammiratrice e imminente fidanzata, il pastore Collins e il maggiore dell'esercito Mann i quali, subito dopo aver scoperto le ceneri dei corpi, vengono presi di mira dai potenti raggi provenienti dai piccoli veicoli dei marziani sospesi nel vuoto a pochi metri da terra, alzatisi numerosi per iniziare gli attacchi.
Le autorità competenti prendono coscienza della reale pericolosità degli extraterrestri e decidono quindi di coinvolgere contro di essi l'esercito di terra, usando se necessario anche la bomba atomica, ma i marziani sono protetti da una cupola magnetica in grado di respingere sia i colpi d'arma da fuoco che gli effetti della bomba atomica e il contributo dell'esercito alla scacciata dei marziani risulta nullo.
Gli extraterrestri continuano tranquillamente a sbarcare in ogni parte del globo mettendo in pratica un piano preciso, ben prestabilito, che prevede la graduale conquista del nostro pianeta e l'inserimento definitivo nella vita terrestre degli abitanti del pianeta rosso. Marte è un pianeta morente, freddo e con poca luce, l'evoluzione della vita segue un processo inverso a quello della terra che risulta climaticamente molto più confortevole di Marte.
I marziani distruggono molti edifici delle città e dissolvono nel nulla anche i giganteschi strumenti di guerra inventati dall'uomo, usando raggi in grado di spezzare alcuni legami atomici tenuti insieme dai mesoni.
Quando ormai alle folle disperate non rimangono che i rifugi nelle chiese, dove trovano conforto e qualche speranza nel miracolo finale, accade qualcosa di strano, di sorprendente: i veicoli di guerra dei marziani cominciano a cadere al suolo sfracellandosi e qualche arto dei corpi dei marziani fa capolino tra i rottami dei veicoli irrigidito e freddo.
Si saprà poi che i marziani sono stati attaccati e uccisi dai batteri della terra: il loro sangue anemico, frutto di un sistema immunitario poco evoluto, non ha retto all'attacco dei microbi e dei virus della nostra atmosfera, il confronto evolutivo con i terrestri risulterà per loro perdente anche sotto l'aspetto immunitario.
A differenza del racconto di H.G. Welles, ambientato alla fine del XIX secolo, la storia nel film, per volere dello stesso produttore George Pal, è ambientata negli stessi anni in cui la pellicola è stata girata, il 1953.
Il regista Byron Haskin è famoso per film come "L'isola del Tesoro" (1950), "Dalla terra alla luna" (1958), "Tarzan sul sentiero di Guerra" (1951), "S.O.S. Naufragio nello spazio" (1964), con questo film conferma le sue grandi capacità di regia e nel trasporre in immagini, riccamente espressive e ben sceneggiate, gli aspetti più salienti del libro.
Byron Haskin riesce a fare un film d'intrattenimento che è al tempo stesso divertente e filosofico, d'azione e meditativo, dimostrando come un film può seguire le vicende del libro aggiungendo qualcosa (e non togliendo), inserendo ad esempio nella pellicola l'anima estetica originale suscitata dalle immagini in movimento prese in una scrittura altra.
A differenza dei famosi film hollywoodiani in bianco e nero degli anni '50, come "Ultimatum alla terra", "La cosa da un altro mondo", "Il mostro della laguna nera", pellicole di fantascienza caratterizzate da pregnanti questioni etiche umane, La guerra dei mondi gioca le carte del coinvolgimento emotivo esclusivamente sul terreno dello spettacolo e del senso di colpa religioso, dando sfoggio di un montaggio sopra le righe - che esalta la splendida fotografia a colori ricca di scene dense di composizioni originali - e ponendo questioni etiche strettamente legate al rapporto Dio-uomo, lontane cioè da ogni giudizio tra uomo e uomo.
Il film oscilla tra un'ipotesi scientifico ambientalista che spiegherebbe la necessità dell'invasione e della morte finale dei marziani e quella religiosa, intesa come una sorta di punizione per il genere umano colpevole di essersi allontanato troppo da Dio; una punizione totale che sembra però revocata, all'ultimo istante, da una preghiera assidua, sincera delle folle nelle chiese superstiti intente ad ammettere, attraverso le prediche dei pastori, le proprie colpe.
Da sottolineare le numerose invenzioni che animano le scene, con figure e trucchi di alto valore artigianale capaci di competere tuttora con l'estetica cinematografica più moderna.
Ne sono un esempio la brevissima apparizione dell'extraterrestre nella casa rifugio della coppia Forrester e Silvia, una figura tonda e bassa con tre lunghe dita, tre occhi, tre cervelli, che mette una mano sulla spalla della donna terrorizzandola per un attimo e poi fugge per la violenta reazione dello scienziato Forrester.
Il regista Spielberg renderà poi omaggio a Gordon Jennings (Oscar per gli effetti speciali) portando sulle scene ET (1992), una figura di extraterrestre molto simile a quella che appare per un attimo in questo film di Haskin.
Le forme dei piccoli veicoli guidati dai marziani e sospesi in aria, che distruggono pazientemente le città, sono sorprendentemente moderne e lasciano stupefatti per la verosimiglianza del loro movimento aereo e la modernità delle armi di bordo.
La disperazione delle famiglie divise dagli eventi catastrofici e che cercano affannosamente notizie sono di un "effetto spontaneità" straordinario, tale da dare al film una forma di naturalismo molto apprezzata, godibile in ogni piega e che porterà col tempo l'opera di Haskin a divenire un cult.
Il realismo delle riprese eseguite con la pellicola analogica è eccellente; la luminosità - frutto di una reale incisione della luce sulla sostanza chimica supportata dalla pellicola - appare più vera, producendo colori vivi e ben contrastati e ammonendo, in un certo senso, sui pericoli del film digitale, sulla eccessiva manipolazione dell'immagine tramite computer, sulla necessità di porsi interrogativi intorno a quegli aspetti tecnici fondamentali del film che rimangono la luce e il colore in grado, se riprodotti con maestria, di mantenere la profondità fotografica delle scene.
Ottima anche l'idea di Haskin di far vedere le immagini degli sguardi umani dal punto di vista delle telecamere dei marziani.
Grazie a un occhio elettronico preso agli invasori durante uno scontro, di cui uno scienziato riesce a ricostruire la funzionalità, vengono proiettati su uno schermo i volti di alcuni personaggi terrestri. Essi appaiono animati da colori non ben conosciuti, lontani dalla realtà luminosa terrestre e un po' deformati, quasi mostruosi, probabilmente per confermare la relatività delle cose, l'impossibilità di definire la bellezza, dimostrando con un punto di vista nuovo, quello dei marziani, l'importanza della soggettività nel giudicare i fenomeni estetici.
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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 11/12/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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