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Negli ultimi anni la scuola è stata il soggetto di alcuni interessanti film. "La scuola" di Daniele Luchetti e "Auguri professore" di Riccardo Milani, entrambi tratti da libri di Domenico Starnone, analizzavano la situazione tragicomica della scuola italiana, concentrandosi sulle figure degli insegnanti (un grande Silvio Orlando ne era il protagonista). "La scuola è finita" di Valerio Jalongo è un'ideale continuazione di quei film, riprendendone l'idea di descrivere e denunciare lo stato della scuola italiana attraverso le vicende di alunni e professori.
Alex (Fulvio Forti) è un alunno molto popolare: è lo spacciatore della scuola. I professori non lo tollerano, ad eccezione della professoressa Quarenghi (Valeria Golino) che allestisce per lui un centro d'ascolto dove Alex finalmente trova il modo di aprirsi, e del professor Talarico (Vincenzo Amato), ex marito della Quarenghi, che scopre in Alex un talento per la chitarra e cerca di coinvolgerlo in un progetto musicale.
Una scuola assente ingiustificata fa da cornice alle vicende intrecciate di questi tre personaggi, in cui i ruoli si scambiano pericolosamente e le istituzioni agiscono solo per reprimere.
Rispetto ai film con Silvio Orlando (o anche a "Io speriamo che me la cavo" con Paolo Villaggio), "La scuola è finita" denuncia però i mali della scuola senza ironia, senza suggerire una nuova via, una speranza. Neanche i professori motivati ce la possono fare oggi, anzi, talvolta possono peggiorare la situazione. Lo spaccato di vita di una scuola superiore della periferia di Roma può sembrare grottesca al mondo esterno, ma chi vive quotidianamente questa realtà ci troverà ben poco da ridere.
E' coraggioso il tentativo di Jalongo di non rifugiarsi in una sceneggiatura che alleggerisca il messaggio a colpi di battute, andando dritto al cuore del problema (e rinunciando probabilmente a molti euro di incassi).
A prima vista "La scuola è finita" è il tipico film sull'alunno difficile, ma in realtà c'è dell'altro. E' evidente che alunni, famiglie e professori sono tutti, ormai, corpi estranei all'istituzione della scuola: tutti, in qualche modo, suoi nemici. Chi non è allineato al sistema, che sia un alunno indisciplinato o un professore eccessivamente zelante, va punito, è un elemento di disturbo.
La sottotrama legata alla musica è un po' debole dal punto di vista narrativo, ma ha un forte valore simbolico: i veri talenti degli studenti non vengono né incoraggiati né cercati dalla scuola, che dovrebbe educare allo studio, alla crescita, alla passione verso la cultura, invece di essere semplicemente un giudice freddo ed autoreferenziale. Tale sottotrama, inoltre, riesce perfettamente a rendere l'idea delle difficoltà di quei professori che, se da un lato provano a stimolare gli studenti, dall'altro, senza un punto di riferimento forte con cui confrontare le proprie iniziative extracurriculari, possono perdere di vista l'obiettivo (stimolare la voglia di cultura nell'adolescente) per riversare le proprie frustrazioni personali nell'attività con gli studenti, ad esclusivo danno dei ragazzi.
Non è sempre così, ovviamente, ma il rischio esiste e non ce lo possiamo permettere: punire e reprimere quando il danno è fatto non è sufficiente.
La questione è molto complessa, più di quanto un film possa concentrare in due ore scarse, che devono anche comprendere le storie dei personaggi. Non a caso "La scuola è finita" è stato tacciato di superficialità dalla critica.
E' ovvio che Valerio Jalongo si concentri solo sugli aspetti negativi della situazione: l'alunno difficile che non viene aiutato, la famiglia che non è più un punto di riferimento, i professori frustrati che non riescono ad assumere sino in fondo il proprio ruolo di educatore, soprattutto quando l'istituzione si presenta solo per punire e mai per coordinare. La situazione della scuola pubblica è un nodo chiave per il futuro del paese, non può un film bastare a spiegarla o risolverla.
Nel cast spicca Valeria Golino, che con la consueta delicatezza tratteggia una donna divisa tra le sue aspirazioni lavorative e le sue frustrazioni personali, la quale non riesce a tenere separati i due ambiti e ne paga duramente le conseguenze.
Gli altri due personaggi principali, il professor Talarico (Vincenzo Amato) e Alex, l'alunno "difficile" (Fulvio Forti) sono gli altri due vertici di un triangolo sentimentale ed emotivo attorno al quale la vicenda si struttura e su cui i vari temi del film prendono una forma narrativa.
Apprezzabile la prova di Fulvio Forti in un ruolo complesso e sfaccettato come quello di Alex.
Negli ultimi anni la scuola è entrata nel cinema italiano, attraverso i film di Moccia e di Brizzi, con una rappresentazione superficiale e demagogica, quasi offensiva, in cui professori ed istituzione sono solo un mostro a più teste che reprime alunni con il pensiero perennemente altrove, giustificando di fatto il loro disinteresse. La vita scolastica è rappresentata come un male necessario, invece che come una fase fondamentale della crescita. Assecondare certe rappresentazioni significa mettere la testa sotto la sabbia e avallare i comportamenti sbagliati delle famiglie e della scuola stessa.
Complimenti a Jalongo per essere invece andato controcorrente con un film non facile né accattivante, sicuramente imperfetto ma senza dubbio scomodo e vero, in un momento in cui la cinematografia mondiale comincia ad interrogarsi con film e documentari sul ruolo della scuola e dell'educazione primaria e secondaria.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 11/11/2010 11.08.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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