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Il grande maestro inglese del brivido, Alfred Hitchcock, realizzò le sue opere avvicendandosi tra gli studios di Londra e quelli di Hollywood. La sua vasta filmografia, infatti, si può ripartire in due grandi periodi: il periodo inglese (dal 1935 al 1939) e quello americano (dal 1939 al 1975, interrotto brevemente allo scoppio della seconda guerra mondiale, per fugace ritorno in patria).
Indubbiamente i potenti mezzi tecnologici, organizzativi ed economici dell'industria cinematografica hollywoodiana favorirono la nascita del suo grande genio, ma a differenza di altri suoi illustri colleghi (per esempio, l'irlandese Ford e l'ungherese Curtiz) che si erano perfettamente integrati nel sistema culturale americano, egli rimase sempre visceralmente e culturalmente british, sicuro dei suoi mezzi e della sua geniale vena creativa.
"L'Ombra del dubbio", che Hitchcock diresse nel 1943, appartiene dunque al periodo americano ed anche se, con gli occhi di oggi, può apparire il meno hitchcockiano delle sue opere (ma non per questo meno capolavoro), si dice fosse il film che il regista britannico prediligeva particolarmente, al punto da ritenerlo il suo film preferito, anche perchè, secondo sua figlia, gli piaceva ambientare le sue storie nelle piccola città di provincia, e farle interpretare da personaggi assolutamente normali.
È appunto la normalità che rende particolarmente inquietante la storia di questo film e Hitchcock è talmente bravo, che riesce a rappresentare questa normalità in modo assolutamente veritiero, ricreando alla perfezione l'ambiente domestico della famiglia Newton, girando molte scene direttamente nella città di Santa Rosa, utilizzando come set una casa della cittadina e assegnando alcuni ruoli di una certa importanza ai sui veri abitanti.
Scritto da un gruppo di eccellenti sceneggiatori, tra cui primeggiano la stessa lady Hitchcock e il premio Pulitzer, Thorton Wilder, L'ombra del dubbio risulta essere un giallo atipico, in quanto sovverte i canoni classici dei film del genere.
Qui infatti non si tratta di scoprire l'identità dell'assassino (il suo nome si intuisce subito, sin dai primi fotogrammi), ma di decifrare le manovre di un colpevole che cerca di farla franca.
La suspense è totalmente psicologica e risiede nel sospetto, nell'indefinito e, appunto, nel dubbio che spesso si nasconde dietro una presunta verità. Dubbio che si insinua sempre più nella mente della giovane e ingenua protagonista, e insieme, in una sorta di empatia, in quella dello spettatore, a proposito della vera natura dello "zio Charlie" e sul perchè irretisce e uccide ricche vedove; non certo per denaro ma, in un certo senso, come per adempiere una missione.
Tutto il film, poi, ruota attorno all'ambiguo rapporto che lega zio Charlie e sua nipote Charlie, uniti da un'affinità interiore, che si evidenzia quasi subito dall'agitazione con cui la ragazza aspetta l'arrivo del treno che porta in città lo zio, e dal dualismo che li accumuna, a cominciare dal nome che i due hanno in comune (Charlie, infatti, nei paesi anglosassoni viene usato sia al maschile che al femminile).
Francois Trouffaut, in un famoso saggio del 1954, pubblicato sui Cahiers du Cinéma, elencò tutta una serie di scelte stilistiche e narrative binarie che il regista utilizzò sapientemente nel corso dell'intero film.
Vediamo così entrambi i personaggi sdraiati sul letto nelle rispettive camere, lui a Philadelphia lei a Santa Rosa, ripresi in una posa praticamente identica, assorti ognuno nei propri pensieri; inoltre due sono le visite che due poliziotti fanno ai Newton; due sono i tentativi di "zio Charlie" di assassinio in casa; due le scene nella stazione ferroviaria di Santa Rosa; due gli indiziati, uno a ovest l'altro a est; due le ombre che raddoppiando gli stessi personaggi, ne sottolineano la duplicità. Questa duplicità, su cui Hitchcock insiste parecchio nel corso dell'intero film, probabilmente fautore della teoria filosofica platonica della duplicità umana, rappresenta dunque il filo conduttore della storia, che si dipana tutta sul rapporto di amore/odio tra Charlie zio e Charlie nipote (che nel doppiaggio italiano diventano banalmente Carlo e Carla).
Zio Charlie, appunto, che si spaccia per un ricco uomo d'affari newyorkese, e Charlie nipote (chiamata Charlotte), ingenua ragazza di provincia, snervata dalla monotonia che si respira in famiglia e nella sonnolenta cittadina di provincia dove vive, dove "non succede mai nulla di interessante", dove tutti conoscono tutti, soprattutto la famiglia Newton che ha un parente tanto autorevole quanto affascinante.
Per rompere la triste monotonia del suo tenore di vita, un giorno Charlotte si reca alla posta per spedire un telegramma al carismatico zio (fratello della mamma) per invitarlo a casa sua a passare qualche settimana ospite della sua famiglia, sperando che la sua venuta riesca a portare una ventata di novità nella ingessata società di Santa Rosa. Ma mentre sta per spedire il telegramma ne riceve uno a sua volta, in cui lo zio le annuncia che ha preso la decisione di venire a trovare i parenti e perciò quanto prima giungerà in città.
In realtà zio Charlie, con una valigia piena di soldi, sta fuggendo da Philadelphia, dove due poliziotti, che indagano sulla morte violenta di alcune ricche e anziane vedove, lo pedinano perchè sospettano possa essere lui il misterioso assassino e la visita alla sorella, al marito di lei e ai loro tre figli è solo un pretesto per sottrarsi alla cattura.
L'arrivo dell'uomo, che i Newton non vedevano da molto tempo, non passa inosservato, anzi rappresenta un vero e proprio avvenimento sia per i parenti che per gli abitanti della sonnacchiosa cittadina californiana.
Ricco, scapolo, bello, elegante e pieno di charme, un vero uomo di mondo, "zio Charlie" porta regali a tutti e tutti sono conquistati dalla sua giovialità e dalla sua vitalità, assicurando, con la sua venuta, una ventata di novità nella famiglia Newton e soprattutto nella vita della nipote, che percepisce la sua presenza come motivo di liberazione dalla noia che domina sia in casa sua che tra i suoi conoscenti. Senza contare, poi, il sentimento che prova per lui, un misto indistinto e confuso di ammirazione e attrazione sessuale, che lo fa apparire ai suoi occhi come l'oggetto del suo desiderio.
Tuttavia, con il passare del tempo, alcuni comportamenti piuttosto strani dello zio, cominciano ad insinuare nella sua mente l'ombra del dubbio che l'uomo, di cui è infatuata, non sia quel perfetto gentiluomo che cerca di apparire, bensì che possa essere lui l'assassino delle vedove, l'uomo che uccide le sue vittime perchè convinto di "liberare il mondo" da quelle che lui considera "vedove grasse e golose".
Il primo indizio è l'arrivo dell'uomo che scende dal treno zoppicando vistosamente, ma alla vista dei parenti sembra guarire miracolosamente. Poi l'arrivo in città di due strani personaggi (in realtà sono due poliziotti, rivela in seguito a Charlotte il più giovane, sulle tracce di un efferato omicida) che si presentano come delegati del Governo, ai quali è affidato il compito di redigere un dossier sulla famiglia tipo americana e, guarda caso, scelgono proprio i Newton, ai quali fanno pressanti domande sulla condotta del parente che, però, evita di farsi fotografare e si rifiuta di rispondere alle loro domande.
Infine i due inspiegabili incidenti domestici che mettono in pericolo la vita di Charlotte.
Tutte queste coincidenze e il comportamento ambiguo e paranoico che zio Charlie comincia a manifestare non fanno altro che infondere nella mente di Charlotte il sospetto che possa lui essere il maniaco responsabile dell'uccisione delle vedove di Philadelphia, finendo col credere che lei stessa possa essere la prossima vittima.
A questi indizi si aggiungono poi le confidenze del giovane poliziotto che, innamorato di Charlotte, le rivela il vero motivo della sua missione, il che non fa altro che confermare sempre più i suoi sospetti, al punto che decide di invitare lo zio a lasciare la sua casa e fare ritorno a Philadelphia.
Ma l'uomo, resosi conto che la ragazza ha scoperto tutto, prima di andarsene tenterà per ben due volte, senza riuscirci, di ucciderla. Il giorno della partenza, comunque, la convince a salire sul treno e, quando questo parte, cercherà ancora una volta di ucciderla buttandola dal treno in corsa. Nella colluttazione, però, l'uomo perde l'equilibrio finendo in maniera confusa per avere la peggio, lasciandoci col dubbio se la sua fine sia un suicidio, un omicidio o un incidente, come dovrà apparire agli occhi di tutti.
Il giorno dei funerali di zio Charlie, il cui segreto non verrà mai svelato al resto della famiglia, mentre in chiesa si celebrano le esequie, Charlotte e il poliziotto hanno un tenero colloquio durante il quale si intuisce che il sentimento che li lega probabilmente è destinato a sfociare in fidanzamento e successivo matrimonio.
"L'ombra del dubbio", il film più amato da Hitchcock, colpisce per la sottile tensione che si respira fin dalle prime inquadrature (molto diversa da quella dei thriller più tradizionali, ma ugualmente inquietante) e per l'ansia che infonde, si insinua e cresce sempre più nella mente degli spettatori, a mano a mano che si intuisce la spirale di ossessione e pericolo in cui si è cacciata la giovane Charlotte.
Notevole anche la sublime ambiguità che aleggia nell'arco dell'intera storia, con un assassino che non viene mai visto in azione, se non nel disturbante finale, ma di cui si intuisce la spietatezza, il che rende ancora più angosciante la vicenda.
Un personaggio, quello di zio Charlie, che incarna il male che si cela sotto le sembianze della normalità e si insinua tra le pareti di tranquille mura domestiche, di cui il regista si serve per riprendere il tema della fascinazione del crimine che ricorrerà in tante altre suo opere.
Ad evidenziarlo è lo spesso fumo nero emesso dalla locomotiva del treno che invade il marciapiede al suo arrivo nella stazione di Santa Rosa, quasi a significare le nubi che a breve si addenseranno sulla famiglia Newton. Altro motivo di ambiguità è il rapporto quasi morboso fra la giovane nipote e il mitizzato zio. Un rapporto sospeso tra ammirazione, desiderio fisico (accennata c'è pure l'ombra dell'incesto), sospetto, diffidenza e infine odio da paura, che porterà all'uccisione dell'oggetto amato. Come se nel suo percorso di crescita amore e morte fossero le due facce della stessa medaglia, e dovessero portarla alla trasformazione da adolescente a donna.
Hitchcock amava citare una celebre frase di Oscar Wilde: " si uccide ciò che si ama". Ed infatti entrambi i protagonisti sono pronti ad uccidere chi dicono di amare. Ed è proprio con la morte di zio Charlie che si realizza l'assunto wildiano e Charlotte potrà vivere un'altra storia d'amore, subito dopo le esequie dello zio.
Un contrasto difficilmente immaginabile questo connubio con il rito funebre, che, tuttavia, sottolinea la consequenzialità tra i due fatti. Così come consequenziale è la tranquillità della vita di provincia e la sofferenza intima dei protagonisti.
Un film che parte come una commedia leggera per sfociare, via che procede, in un thriller sempre più cupo e inquietante, coll'incedere della lucida follia omicida dello zio e pertanto ben diversa, ma altrettanto inquietante, dalla follia psicotica con cui, venti anni dopo, ci terrorizzerà il Norman Bates di Psycho.
Un dettaglio che, agli occhi degli spettatori, fa sembrare relativa la follia di zio Charlie, per cui si finisce per non provare mai avversione o insofferenza nei suoi confronti.
Come in quasi tutti i suoi film Hitchcock ci regala momenti di alta tensione, che ama alternare sapientemente con divertenti intermezzi di humor nero che spesso rasentano il paradosso.
Basti pensare alle sequenze in cui il padre di Charlotte discute quotidianamente con l'amico di famiglia (che si presenta sempre all'ora dei pasti), sul modo in cui commettere un delitto perfetto, ignari del fatto che ad ascoltarli, quasi divertito, c'è un autentico assassino. Molto emblematica anche la scena in cui lo zio fa donazioni all'ospedale pediatrico affermando convinto che "i diritti dell'uomo vanno rispettati"; come pure la pedante saccenteria della sorellina di Charlotte, una bambina davvero molto singolare, in cui si intravede la nota idiosincrasia del regista britannico per i bambini in generale.
A fare da contraltare, le sequenze oscure e agghiaccianti (caratterizzati dalle ricorrenti note di Il valzer della vedova allegra, dall'operetta di Franz Lehar) che raggiungono il culmine della suspense nella sequenza della biblioteca cittadina, con la protagonista intenta a cercare un articolo giornalistico riguardante la morte misteriosa di alcune vedove, scoprendo così la verità sulla vera personalità di zio Charlie, mentre la macchina da presa si alza verso l'alto schiacciando la protagonista a terra, ricreando così idealmente sullo schermo, la sensazione di confuso stordimento che doveva caratterizzare il suo stato d'animo in quel momento. Altre scene agghiaccianti: l'incipit dell'arrivo dell'uomo sorvegliato da due personaggi di cui non si conosce ancora la funzione; la scena del pasto in famiglia dove lo zio rivela il suo odio verso alcune vedove (che poi si scopre essere le sue vittime); la scena in cui lo zio, tutto teso a salire le scale di casa, prima passa davanti la nipote, poi si volta improvvisamente scoprendo che la ragazza, illuminata dal sole, lo sta osservando ai piedi del pianerottolo; e il finale sul treno in movimento con quel corpo a corpo tra zio e nipote che ci lascia col dubbio sulla reale natura della sua fine.
Zio Charlie è interpretato da Joseph Cotten, il quale arrivava direttamente dai lavori con Orson Welles, "Quarto potere" e "L'orgoglio degli Amberson" ed era al suo primo (e forse unico) ruolo negativo, che, comunque, interpreta in modo assolutamente magistrale.
In effetti l'attore dà vita ad uno dei migliori "cattivi" di Hitchcock: fascinoso, elegante, uno di quegli uomini che non devono chiedere mai, rispondeva perfettamente all'idea del cattivo che aveva in mente il maestro, il quale non amava che il criminale di turno fosse interpretato da una persona insignificante e sgradevole, conscio del fatto che un uomo così difficilmente riesce ad attirare le sue vittime.
Charlie nipote risponde al nome di Teresa Wright, la cui interpretazione risulta veramente di altissimo livello, riuscendo nell'arco di quasi 110' a passare dalla timida e insicura ragazzina di provincia, dal verginale candore, alla donna forte e sicura di sè.
Come da tradizione Hitchcock, cha amava "firmare" le sue opere, anche in questo film appare in una breve sequenza: lo vediamo infatti di spalle, sul treno in cui viaggia lo zio, mentre gioca a carte una mano di bridge particolarmente fortunata, visto che possiede una scala di ben 13 picche. La colonna sonora, di Dimitri Tiomkin, ricopre un ruolo molto importante nell'intera economia del film, con la nipote che canticchia spesso il motivo tratto dall'operetta di Lehar; il che innervosisce parecchio lo zio, che non vuol sentire parlare di vedove, il quale, per cercare di distrarla le chiede se si tratta del brano Il bel Danubio blu. "No, ribatte imperturbabile Charlotte, "è Il Valzer della Vedova allegra", facendo così intendere che per l'amato/odiato zio assassino il tempo è ormai finito.
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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 04/10/2012 15.36.00
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