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"Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere"
J.K. Rowling
Parigi è città che trasuda romanticismo e proprio per questo si presta benissimo a far da sfondo ad una moderna favola romantica che ha per protagonista Gil, sceneggiatore hollywoodiano alle prese con il suo romanzo d'esordio in procinto di convolare a nozze con la bella, ma viziata, Inez. Durante una notte, però, come per incanto si ritrova catapultato nella Parigi patinata e sognante degli anni Venti dove, grazie all'incontro con personaggi quali Ernest Hemingway, Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, Salvador Dalì, Pablo Picasso e Luis Bunuel, scoprirà una preziosa verità: bisogno e desiderio non sempre coincidono.
Dopo il non eccelso "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni", arriva nelle nostre sale "Midnight in Paris", pellicola che ha aperto l'ultimo festival di Cannes. Woody Allen, regista da un film all'anno, torna con una storia che inequivocabilmente richiama alla mente dello spettatore l'atmosfera fantasiosa e sognante di un'altra opera del regista di Brooklyn: "La rosa purpurea del Cairo", con protagonista un uomo nostalgico verso il passato, desideroso di fuggire da un presente banale e per nulla appagante, convinto che la sua vita sarebbe stata diversa se fosse vissuto nella Parigi degli anni Venti. Ma sarebbe stato davvero così? Un sogno, per quanto bello possa essere, rimane pur sempre un sogno se confinato nella sua dimensione onirica; occorre dargli consistenza, occorre vivere il proprio presente con coraggio come insegna Hemingway.
"Midnight in Paris" è un chiaro e palese invito a vivere in maniera piena e consapevole il proprio presente che, seppur ricco di difetti, porta con sé anche tanti aspetti positivi che però vanno valorizzati.
Siamo infatti noi che determiniamo il nostro presente, noi che abbiamo la capacità di agire e di renderlo originale. Il passato merita rispetto e da esso si possono trarre utili lezioni, ma lasciarsi andare a crisi nostalgiche sarebbe controproducente oltre che inutile.
Allen con questa sua ultima fatica celebra la bellezza della vita e dei suoi rischi, perché solo rischiando possiamo tentare di ottenere ciò che sogniamo, desiderarlo non basta e la vita ci pone costantemente nelle condizioni di fare delle scelte, scelte che poi determinano chi siamo. Nella fattispecie Gil è un uomo fortunato, ha un buon lavoro, ben remunerato e una splendida fidanzata, eppure non è soddisfatto, non è realizzato come vorrebbe. Sogna di completare il suo romanzo e di abbandonare il lavoro da sceneggiatore, sogna di trasferirsi a Parigi, città che ama e che risveglia in lui la persona che vorrebbe essere, ma ne teme le conseguenze, teme il suo stesso sogno. L'incontro con i suoi miti lo rafforza, accresce in lui quel senso di sicurezza che nel presente ha smarrito. Così tutte le notti, allo scoccare della mezzanotte, si rituffa nel passato del quale ormai non può più fare a meno, cosa che, come una malsana dipendenza, gli crea assuefazione. Quel che sta facendo è fuggire la propria vita, fuggire da se stesso. L'incontro con la femme fatale Adriana gli apre gli occhi: Gil prende coscienza del fatto che ogni esistenza ha senso solo se collocata nel suo contesto originale. Il suo desiderio di fuga è dettato non dalla errata collocazione storica, ma piuttosto da scelte sbagliate e per nulla appaganti. Quel che serve non è cambiare epoca, ma piuttosto cambiare se stessi e il proprio approccio alla vita. Quel che a Gil manca è riscoprire la passione per la vita, che può celarsi dietro una bella melodia, i colori di un paesaggio o lo sguardo di una donna affascinante.
Protagonista indiscussa di "Midnight in Paris" è proprio la capitale francese, città la cui bellezza viene esaltata dalla calda fotografia color pastello di Darius Khondji e che qui Woody Allen celebra ad ogni inquadratura. Il fulcro di quella che è una vera e propria venerazione è racchiuso tutto nei primi tre minuti, in cui vediamo scorrere scene di vita quotidiana (che inevitabilmente ricordano l'incipit di "Manhattan") e che lasciano trasparire un profondo quanto delicato romanticismo, che scaturisce proprio da questa speciale sintonia. Ad alimentare un clima già di per sé magico, ci pensa poi una struggente e suadente colonna sonora che dolcemente accompagna il protagonista Gil (che sembra vivere la favola di Cenerentola al contrario) nelle sue notti parigine. Ciò che, però, rende frizzante il clima che si respira in questa pellicola sono indubbiamente gli incontri, talvolta surreali, con i grandi artisti del passato che animano le serate di Gil, e sui quali Allen proietta parte di sé, rendendoli autoironici e macchiettistici. Su di tutti svettano le performance di un laconico Corey Stoll (Hemingway), un incontenibile Adrien Brody (Dalì) e una perfetta Kathy Bates (Gertrude Stein). In particolare Brody, malgrado l'esiguità delle scene a disposizione, risulta impeccabile e spassoso nelle vesti del genio del surrealismo, mentre Stoll si rivela una piacevole sorpresa, così come la giovane collega Alison Pill (Zelda Fitzgerald), che rivedremo anche nel prossimo "Nero Fiddled".
Paradossalmente, però, la sorpresa più lieta arriva dal protagonista Owen Wilson. Occhi sgranati e perplessi, Wilson è autore di una convincente prova nell'ennesima incarnazione del suo regista (palesemente riscontrabile in una battuta sull'assenza di antibiotici nella Parigi di fine '800), cui fa da contraltare una insopportabile e superficiale Rachel McAdams. Menzione d'onore infine per la splendida Marion Cotillard e il "pedante" Michael Sheen.
Delicato, colto, nostalgico, surreale, conciliante, ispirato e insolitamente ottimista, "Midnight in Paris" è tutto questo e anche di più, un film certamente atipico nella filmografia alleniana, orfano di quel sarcasmo pungente che da sempre contraddistingue le opere del regista americano. Non a caso siamo di fronte ad uno dei più grandi successi commerciali del regista newyorkese ed è lecito pensare che parte del merito sia dovuto proprio al suo tono leggero, che lo rende fruibile e accessibile persino ai profani del cinema di Woody Allen.
"Midnight in Paris" si chiude sotto una pioggia che "biblicamente" arriva e purifica, lavando via le scorie di una vita fino a quel momento vissuta in maniera errata, quasi come a voler far spazio ad una nuova fase certamente ricca di incognite, ma anche e soprattutto di sogni da realizzare e non tenere più rinchiusi, perché come insegna Gertrude Stein:
"L'artista ha il dovere di non arrendersi alla disperazione, ma di trovare un antidoto al vuoto dell'esistenza"
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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 16/12/2011 13.36.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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