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"Mille miglia... lontano" (2005) è un film intimista, che segue le vicende di riconciliazione tra un padre e suo figlio.
Il pescatore Takata Gou-ichi decide di lasciare il proprio villaggio per raggiungere il figlio Ken-ichi in ospedale a Tokyo. Il loro rapporto è da dieci anni inesistente. Nonostante il gesto del padre Ken-ichi si rifiuta di vederlo, Takata mestamente va via, non prima, però, che la nuora Rie gli abbia consegnato una videocassetta su cui è registrato un lavoro del figlio. Il padre scopre così che Ken-ichi ha viaggiato fino alla provincia dello Yunnan nella Cina meridionale, per fare un servizio sul teatro in maschera cinese e la rappresentazione del attore Li Jamin, che lo invita a tornare l'anno seguente per riprendere l'esecuzione della leggendaria canzone Il viaggio solitario, mille miglia lontano, tratta dal classico della letteratura Il romanzo dei tre regni. Poco dopo la nuora lo mette al corrente per telefono che il figlio ha un cancro al fegato, ed è allo stadio terminale. Takata ne rimane colpito, tanto da organizzare il proprio viaggio e recarsi in Cina per portare a termine ciò che il figlio ora non può fare, spinto anche dal desiderio di poter essergli vicino e riempire il vuoto che li separa. Durante il viaggio Takata conosce molte persone che lo aiutano nella sua impresa, che risulta più difficile da realizzare di quanto si poteva immaginare. Li Jamin è finito in prigione, il suo stato d'animo è dei peggiori perché gli manca il figlio. Takata si incarica di portarglielo in visita. Quando l'uomo si ritrova il bambino Jang Jang davanti, rivede Ken-ichi, ribelle dispettoso e scontroso. Il ragazzino non vuole seguire Takata, che torna da Li Jamin portandogli solo delle foto del figlio.
L'attore, finalmente, si esibisce.
Questa nuova opera di Zhang Yimou si distacca dalle precedenti "Hero" e "La foresta dei pugnali volanti", costituiti da numerose sequenze d'azione ed effetti speciali, a conferma che l'autore preferisce non rimanere legato ad un unico stile o genere cinematografico.
"Mille miglia...lontano" è molto più semplice dal punto di vista tecnico. L'intento del regista è di voler parlare di amore incondizionato e di semplici rapporti tra persone vere, per cui bisognava scavare a fondo nelle emozioni dell'animo umano. Zhang ha scelto un cast composto per la maggior parte di attori non professionisti per dare corpo a questi sentimenti.
Il ruolo del padre silenzioso e solitario lo ha affidato all'attore giapponese Ken Takakura, uno degli idoli della sua giovinezza, un attore carismatico e appassionato, oltre che eccellente. Molti sono i primi piani del viso dell'attore, attraverso il suo sguardo Zhang racconta lo stato d'animo del personaggio: la sua profonda solitudine, la sua amarezza, la sua estraneità a un mondo che non conosce, il suo amore per il figlio.
La storia è una sorta di indagine sulle interazioni fra le persone e un modo di seguire il sentimento di amore incondizionato fra un padre e un figlio. Il rapporto tra padri e figli è un tema che sta molto a cuore al regista, che, purtroppo, ha perso il padre mentre stava allestendo lo spettacolo teatrale La Tourandot, attraverso i suoi film metabolizza il lutto. In questo film la rottura tra le due generazioni è già avvenuta da tempo, il regista non ci mostra nessuna ribellione, come in Sorgo Rosso, ma esibisce la figura paterna e la volontà di riunire le loro strade, a differenza, per esempio, di La locanda della felicità in cui il padre di Wei è solo nominato e lei vaga sola per le strade della città, nel finale.
Takata, come tutti i personaggi zhanghiani, è solitario, cocciuto, testardo, non si arrende di fronte a un no, cerca con tutti mezzi di superare gli ostacoli che si frappongono tra lui e il raggiungimento del proprio obiettivo: i permessi difficili da ottenere, la lingua che non capisce, tanto da sentirsi messo da parte in alcune occasioni. Il gesto che compie non è individualista, ma ogni passo che fa è per il figlio, individualista lo è stato per tutta la vita, quando, dopo la morte della moglie si è chiuso nel proprio dolore, rifugiandosi in un villaggio di pescatori lontano dal mondo e lasciando il figlio a se stesso. Il legame che si era spezzato tra Nove Fiori e suo padre in Sorgo Rosso qui si vuole ristabilire ed è proprio il padre a fare il primo passo, quasi per dare un senso di continuità tra le due storie.
L'incomunicabilità tra il padre e il figlio deriva dal fatto che entrambi nascondono le proprie emozioni, il figlio si sente come l'attore nascosto dietro la maschera, "cerco di camuffare il dolore dietro le risate" scrive il figlio nella lettera, e vorrebbe parlare al padre senza quella maschera che ha portato così a lungo.
In questo film è presente il cinismo del destino, quando finalmente il signor Takata riesce a filmare Li Jamin non è più necessario perché Ken-ichi è morto e non potrà vederlo, virtualmente ha fatto pace con il padre tramite la lettera , ma i due non si incontreranno.
Molti sono i temi che il regista è solito prendere in considerazione.
Il denaro, che Takata dà alla signorina Yang, e che la signorina consegna a Chiu Lin, che, in un secondo momento, riconsegna al signor Takata, circoscrive un cerchio che si chiude con Takata. Il denaro sembra tanto importante all'inizio del racconto, indispensabile, ma da quando il cerchio si chiude non è più menzionato, qualcosa di più importante ha preso il suo posto: un sentimento di solidarietà e di stima. Takata può contare sull'aiuto della signorina Yang e Chiu Lin; già ne "La locanda della felicità" e in "Hero" il singolo è aiutato da altre persone, Zhang esprime tramite questi personaggi il sentimento di solidarietà che, al giorno d'oggi, manca nella Cina capitalistica, tutti presi da se stessi e sempre di corsa.
Un elemento nuovo per Zhang è la rappresentazione dei pensieri del protagonista; si viene così a conoscenza dei suoi rimpianti nei confronti del figlio, di come avrebbe voluto essere una persona che sa esprimere le proprie emozioni. Li Jamin è il contraltare di Takata, nella scena in cui l'attore è vestito di tutto punto per la rappresentazione, inizia a piangere, è un fiume in piena, questo perché sente la mancanza del figlio, Takata lo guarda e pensa "se anch'io fossi riuscito a manifestare i sentimenti a questo modo, forse i miei rapporti con Ken-ichi sarebbero stati diversi".
Takata, rispetto agli altri personaggi, occupa l'inquadratura anche da solo; per esempio, nei momenti in cui è in compagnia di Chiu Lin o del capo villaggio che stanno parlando, spesso quest'ultimi sono fuori campo e Takata è al centro del quadro. Un altro personaggio diventa protagonista nelle scene ambientate al villaggio di pietra ed è la natura, il paesaggio, che rendono l'uomo una pedina in movimento; per esempio nella scena in cui il bambino si allontana dalla vettura in panne, tutti sono relegati nello sfondo. Il signor Takata fa eccezione, fino al momento in cui non lo ritrova, poi diventa anche lui una piccola parte della natura.
Molti protagonisti del regista hanno un'altra caratteristica in comune, corrono verso qualcosa o qualcuno da raggiungere, Qiu Ju nel finale di La storia di Qiu Ju, Zhao Di corre in continuazione in La strada verso casa per vedere il maestro, qui Jang Jang corre per le montagne per raggiungere il villaggio, non vuole andare dal padre e scappa.
Il rosso non nega la sua manifestazione: le lanterne rosse appese lungo una strada nello Yunnan, il gilet rosso di Chiu Lin, gli stendardi rossi, le tende della sala ricreazione della prigione. Zhang conferma che il rosso è un elemento che non può mancare nel suo immaginario filmico.
Zhang racconta di alcuni incontri difficili ma possibili, quello tra un padre e un figlio, la Cina e il Giappone, la tecnologia moderna e la tradizione più antica, la vivacità di un ragazzino e l'arida corteccia di un uomo temprato dal dolore. In città il cellulare è un utile mezzo di comunicazione tra i vari personaggi ed è il solo mezzo che aiuta il signor Takata nelle traduzioni dal cinese al giapponese fatte dalla signorina Yang, nel villaggio di pietra bisogna salire sul tetto di una casa perché il cellulare funzioni.
Zhang voleva che il film avesse un'atmosfera "da dipinto di natura morta" e i paesaggi dello Yunnan potevano riflettere questa esigenza. Zhang è riuscito a toccare le corde più profonde dell'animo umano e a parlare della contemporaneità in modo semplice e mirato.
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Recensione a cura di Francesca Caruso - aggiornata al 07/01/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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