Recensione pantaleone e le visitatrici regia di Francisco J. Lombardi Spagna, Perù 1999
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Recensione pantaleone e le visitatrici (1999)

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locandina del film PANTALEONE E LE VISITATRICI

Immagine tratta dal film PANTALEONE E LE VISITATRICI

Immagine tratta dal film PANTALEONE E LE VISITATRICI

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E' risaputo che la lunga e forzata astinenza dalla sessualità se da un lato può essere considerata un mezzo per raggiungere una particolare condizione intellettuale e spirituale (come ritengono alcuni gruppi di asceti), dall'altro, come hanno provato recenti studi condotti negli anni '70 e confermati dallo psicologo J.M. Prescott, in taluni soggetti, se l'astinenza non è una scelta condivisa, solitamente può generare stress, depressione, insoddisfazione, problemi relazionali, arrivando persino a sfociare, nei casi limite, in atti di aggressività e di comportamento criminale.
Ed è appunto di astinenza e delle conseguenze tragicomiche della mancata soddisfazione sessuale che parla "Pantaleone e le visitatrici", del regista peruviano Francisco J. Lombardi, con la leggerezza, l'arguzia e la piacevolezza proprie di quelle commedie semiserie che riescono a mostrare, tra le pieghe della satira, l'arbitrio del potere e l'assurdità propria di un mondo "totalitariamente amministrato", come recita la prefazione del libro omonimo, del recente Premio Nobel per la letteratura, Mario Vargas Llosa, da cui il film è tratto.

Siamo, dunque, nel remoto avamposto militare di Iquitos, situato nell'umida e sensuale giungla amazzonica del Perù.
I soldati di questo sperduto presidio da molto tempo non vedono una donna e perciò, provati dalla lunga e forzata astinenza sessuale, si abbandonano sempre più frequentemente ad atti di violenza e stupri. Le alte sfere militari decidono, perciò, di rimediare, reclutando nei casini della zona un nutrito gruppo di avvenenti prostitute da spedire nelle guarnigioni, allo scopo di raffreddare gli ardori dei "calienti" soldati dell'esercito peruviano.
L'incarico di organizzare il S.V.G.P.F.A. (Servizio delle Visitatrici per Guarnigioni, Posti di Frontiera e Affini) viene assegnato al capitano Pantaleon Pantoya, un giovane ufficiale tutto d'un pezzo, integerrimo, noiosissimo e bacchettone, scrupoloso esecutore di ordini e ligio al dovere militare e al dovere coniugale, che consuma con cronometrica puntualità un sabato sì e un sabato no, concedendo alla giovane mogliettina "una sveltina", che ben presto le fa "mettere in cantiere" un bebè con l'avvenire già ben delineato di futuro servitore della patria.
Frastornato e scioccato di dover frequentare per servizio i casini, luoghi in cui non ha mai messo piede, Pantaleon Pantoya invece di inorgoglirsi per l'incarico ricevuto, si avvilisce e si deprime un po' ma, dopo un primo momento di titubanza da militare tutto d'un pezzo qual è, si dichiara pronto ad ubbidire e determinato a portare a compimento nel migliore dei modi la missione che gli è stata assegnata.
Comincia così a frequentare i postriboli della zona e a selezionare in base a precisi criteri militareschi (prestanza fisica, dedizione al lavoro, capacità amatorie) le prostitute da reclutare, alle quale impartisce severissimi ordini comportamentali.
Riesce così ad organizzare un efficientissimo "servizio a domicilio" con metodi prettamente manageriali: le prestazioni verranno rigorosamente numerate e cronometrate, mentre l'afflusso dei clienti (oggi li chiameremmo "utilizzatori finali") verrà diretto e regolamentato da Chuchupe (la vecchia maitresse di un bordello che rischiava la chiusura per mancato guadagno) in collaborazione con Pantaleon stesso che metterà in piedi il congegno più efficiente di tutto l'esercito.

Il giovane ufficiale comincia così a fare la spola tra i bordelli della zona, le guarnigioni e i posti di frontiera a bordo di una piccola imbarcazione (la Pantilea), che solca lentamente i corsi d'acqua della giungla amazzonica con a bordo le visitatrici in divisa verde e arancione, le quali andranno a svolgere la propria "missione" a Pantilandia, il "centro direzionale" appositamente fatto costruire da Pantaleon.
Insomma, tutto sembrerebbe andare per il meglio fino a quando il morigerato Pantoya, complici il caldo della giungla, la lontananza forzata della moglie, i postumi di un intruglio afrodisiaco ingurgitato e il fascino sensuale e travolgente della più bella e sexy delle visitatrici, non cederà al richiamo della carne e, nonostante i goffi tentativi di evitarla, si lascerà travolgere dalle arti seduttrici della bella e prorompente Colombiana, che diventerà così la sua amante e gli farà scoprire il desiderio e la poesia del corpo. Ma il diavolo, nelle sembianze di un laido e corrotto radiocronista locale ci mette la coda e don Panta (come ora viene affettuosamente chiamato dalle visitatrici) verrà pubblicamente denunciato come organizzatore del bordello clandestino e unico responsabile della tratta delle prostitute.
Non solo, ma comincerà anche a ricattarlo costringendolo a pagare una certa somma di denaro, visto che i vertici militari si guarderanno bene dall'assumersi le loro responsabilità.
Ma non è ancora finita, perché l'indignata mogliettina minaccia di lasciarlo, mentre la Colombiana verrà uccisa dalla ciurmaglia di un battello, che pretende i favori sessuali delle visitatrici di don Panta con le stesse modalità e alle stesse condizioni dei militari. Durante la cerimonia funebre alla caduta verranno resi gli onori militari, mentre Pantaleon si lancia in un discorso di commemorazione in cui fa intendere chi siano i veri ideatori del servizio, chiedendo che il tribunale militare infligga una severa condanna agli assassini della donna.
In seguito all'insubordinazione, l'alto comando militare consiglierà a Pantaleon di rassegnare le dimissioni dall'esercito.
Al suo rifiuto verrà spedito, per punizione, nel più lontano e desolato avamposto militare, a quattromila metri di altitudine, con il compito di alfabetizzare i pochi e sperduti abitanti locali. Incarico che svolgerà, come sempre, con zelo e puntualità in perfetto stile militare.

Il film di Francisco J. Lombardi, girato nel 1999, conserva il pregio di non snaturare la trama narrativa del romanzo omonimo di Mario Vargas Llosa, la sua ironia di fondo, la facilità di invenzione, l'arguzia e la logica che ne fanno un perfetto poema epico e uno dei più apprezzati racconti dello scrittore peruviano, premio Nobel per la letteratura 2010.
Ma a leggerlo più attentamente non si può fare a meno di notare una feroce satira del corrotto mondo militare con le sue debolezze, i suoi vizi, le sue ipocrisie morali e il suo perbenismo di facciata, che certamente non sono esclusivi della categoria e del luogo descritto, ma sono molto più universali e attuali (specialmente dalle nostre parti, dove si assiste ai ludici passatempi di personaggi molto influenti, in compagnia di giovani e meno giovani ragazze che eufemisticamente chiamiamo escort).
Il racconto si snoda agilmente come una ballata popolare che rifugge ogni volgarità per tuffarsi nell'eros e nell'ironia parossistica. Ironia che la sceneggiatura usa per parodiare il linguaggio burocratico tipico della cultura militarista, che vorrebbe indurre all'ottemperanza delle regole tutti gli aspetti del vivere civile, compresa la sessualità; ironia che nasce dal contrasto tra la scrupolosità quasi maniacale e lo zelo con cui Pantaleon organizza ed esegue la sua missione segreta e il contenuto trasgressivo e illegale della missione stessa.
Ironia che nasce dagli eufemismi del linguaggio del sesso, che tradotti nel linguaggio burocratico acquistano una grande forza espressiva e una pungente satira di costume.
E così non si parla mai di prostitute, ma di visitatrici; il bordello diventa centro direzionale (che gli indigeni del luogo continuano a chiamare Pantilandia); i letti sono postazioni di servizio, mentre i rapporti sessuali diventano prestazioni e il bacio col baffo sottintende la pratica, vietatissima, del cunnilingus.

Peccato per quella malinconia di un finale che vira verso il drammatico e che smorza un po' la morale del racconto e la sua dimensione grottesca e umoristica (ma forse era proprio questo a cui mirava il regista per non scadere mai nell'ovvietà del ridicolo). Suggestive le riprese nell'esotismo della lussureggiante giungla amazzonica, che risulta incantevole cornice per un film divertente e mai volgare.
Interessante, infine, l'uso delle tonalità cromatiche che, virando verso i toni del giallo e dell'ocra, ne fanno un film quasi d'altri tempi dal sapore naif (ma questo non è certo un demerito). Si respirano atmosfere esotiche, si coglie la voglia di abbattere vecchi tabù, si resta ammirati dalla interpretazione del bravo e misurato Salvador del Solar e storditi dalla prorompente e contagiosa fisicità di una sensuale e vitalissima Angie Cepeda.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 16/12/2010 12.10.00

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