Voto Visitatori: | 7,33 / 10 (18 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,50 / 10 | ||
"Powder" è uno degli innumerevoli film che trattano l'abusato tema della diversità e dell'intolleranza; già dal romanzo "Frankenstein" di Mary Shelley fino al film biografico "The Elephant man" di David Lynch, la tematica viene trattata ed esaurita fornendo alla storia del cinema dei capolavori assoluti e indiscutibili. Tutto sommato però Victor Salva riesce a sviluppare un soggetto interessante che, nonostante i classici del diverso, cattura l'attenzione dello spettatore spingendolo potenzialmente anche ad approfondimenti di natura scientifica ed esoterica.
Si avverte il lettore che la recensione di qui in avanti contiene spoiler; si suggerisce di interrompere la lettura qualora non si sia visto il film.
Il film si apre con il tragico evento di una donna colpita da un fulmine mentre stava per dare alla luce un bambino. Tale evento porterà la donna ineluttabilmente alla morte, ma riuscendo a dare alla luce suo figlio.
Il marito, afflitto per la perdita della moglie, scoprirà amaramente che il bambino non è normale e decide dunque di non riconoscerlo come suo figlio.
Nel Romanzo di Shelley la creatura "mostruosa" è il frutto dell'ingegno di uno scienziato che, afflitto dalla morte della madre, cerca tramite la scienza di portare in vita i defunti. Il plot di "Powder" è più accostabile a "The Elephant Man" di Lynch che presenta difatti uno schema narrativo è molto simile.
Sia Jeremy che Merrick ("The elephant man") presentano delle anomalie fisiche evidenti, entrambi vengono trovati da persone che intendono aiutarli, i due "mostri" emanano una sensibilità di carattere molto sofisticata e vengono derisi e scherniti dagli altri.
Ciò che è differente nel film di De Salva è il messaggio.
"The Elephnat man" è un racconto biografico che ha lo scopo di raccontare la storia un personaggio realmente esistito; in "Frankenstein" si evince un evidente attacco alla presunzione umana che spesso, da tempi immemori, manifesta il suo delirio di onnipotenza cercando di sostituirsi a Dio.
In "Powder" il messaggio è più vicino al concetto di eternità, che viene espresso quasi esclusivamente dalla potenza visiva di alcune sequenze chiave tra cui anche il finale.
Il vero nome di Powder (interpretato da Sean Patrick Flanery) è Jeremy Reed ed è praticamente cresciuto in solitudine negli scantinati della casa dei nonni.
Il suo aspetto albino lo rende eccessivamente sensibile alla luce del sole e come se non bastasse, durante i temporali, i fulmini lo cercano come fosse un puro conduttore elettrico, costringendolo ad una vita ancora più dura e isolata dal resto del mondo.
Quando i nonni che lo hanno cresciuto muoiono, inevitabilmente il ragazzo viene trovato dallo sceriffo; comincia così l'avventura di Jeremy, temuto dai vicini come fosse un fantasma.
La sua condizione lo aveva portato a non aver contatti con gli altri. Timido e introverso, svolgeva i lavori di casa durante la notte fino a quando il sole non diveniva troppo alto da impedirgli di uscire. Non avendo la possibilità di vivere con gli altri come un ragazzo normale, sconfiggeva il suo senso di solitudine attraverso gli innumerevoli libri presenti nella sua stanza.
Jeremy soffriva molto all'idea di essere stato abbandonato dal padre e la scelta del regista di citare alcuni versi di "Moby Dick" di Hermann Melville non è affatto casuale:
"Dov'è l'ultimo porto da cui non leviamo più gli ormeggi?
In quale radioso etere naviga il mondo di cui neanche i più stanchi si stancano mai?
Dove si nasconde il padre del trovatello?
Le nostre anime sono come orfani di madri nubili morte nel partorirli, e il segreto della nostra paternità giace nella loro tomba, e bisogna trovarlo lì."
Il trasferimento dalla fattoria in città porterà Jeremy al suo primo confronto con gli altri ragazzi della sua età. Il suo inserimento sociale con i coetanei è di sicuro traumatico, e non mancheranno i bulli della situazione che proveranno a prendersi gioco di lui; Jeremy però rivelerà dei misteriosi poteri con cui riuscirà a tenere a bada i suoi compagni ed a catturare l'attenzione di una ragazza.
Ecco che Powder da fenomeno da baraccone diviene un essere speciale, e a dimostrarlo sarà anche il suo test del Q.I. risultato talmente alto da non essere classificabile.
In tutta questa parte del film si possono cogliere dei riferimenti ad Einstein, e in particolare si rende molto interessante un dialogo tra Donald Ripley, interpretato dall'ottimo Jeff Goldblum ("La Mosca" "Jurassic Park") e Jeremy.
Mostrando un sincero interresse verso Jeremy e la sua natura, Ripley gli introduce alcuni concetti di Albert Einstein:
"Sosteneva di credere nella vita dopo la morte, perché l'energia non cessa mai di esistere; si trasmette, si trasforma, ma non si ferma mai."
In questi termini lo spettatore potrebbe essere indotto a pensare che effettivamente Einstein credesse ad una sorta di resurrezione. Nella realtà dei fatti Albert Einstein non credeva in un Dio personale; la sua visione dell'immortalità non era affatto legata al destino dell'uomo, bensì al cosmo.
Einstein non credeva che l'anima potesse sopravvivere al corpo come facilmente si potrebbe fraintendere ascoltando le battute del film.
"Non credo in un Dio personale e non ho mai nascosto questa mia convinzione, anzi l'ho espressa chiaramente. L'immortalità? Ce ne sono di due tipi. Una vive nell'immaginazione delle persone, ed è perciò un'illusione. C'è un'immortalità relativa che può mantenere la memoria di una persona per qualche generazione. Ma c'è una sola vera immortalità, dal punto di vista cosmico, ed è l'immortalità del cosmo stesso. Non ce ne sono altre"
A. Einstein
La sua visione di eternità è un concetto legato alla natura, come si può evincere anche dalla sua Opera "Come io vedo il mondo".
"Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri. Sono appagato dal mistero dell'eternità della vita e dal barlume della meravigliosa struttura del mondo esistente, insieme al tentativo ostinato di comprendere una parte, sia pur minuscola, della Ragione che si manifesta nella Natura."
A. Einstein – "Come io vedo il mondo"
Al di là di alcune imprecisioni nei dialoghi (o nel doppiaggio), il film risulta scorrevole ed a tratti commovente.
Tra le scene più toccanti ce ne sono alcune che meritano un particolare approfondimento: la scena della cerva, la scena in cui Jeremy aiuta lo sceriffo Doug Barnum, interpretato dall'eccellente Lance Henriksen ("Aliens scontro finale", "Millenium" – Serie TV) a mettersi in contatto con la moglie sul letto di morte e la scena finale.
La Cerva
In questa sequenza sono le immagini a parlare. La scena si svolge nel bosco e mentre i compagni tentano di schernire Jeremy si sente uno sparo; si tratta del vice sceriffo Hurley Duncan che ha colpito una cerva con il suo fucile. Duncan, vantandosi di aver eseguito un colpo perfetto, afferma che se uno sa sparare l'animale non soffre. Molto suggestiva e ben realizzata è la sequenza di immagini successiva a tale affermazione; Jeremy con la mano tocca l'animale moribondo e subito dopo afferra il braccio del vice sceriffo, trasmettendogli tutto il dolore e l'agonia dell'animale morente. Da quel momento in poi il vice sceriffo non riuscirà più ad impugnare un'arma da fuoco.
Lo sceriffo Doug Barnum e sua moglie
Come già accennato in precedenza l'altra scena toccante vede protagonista la situazione familiare dello sceriffo Barnum che, nonostante le innumerevoli perplessità, decide di rivolgersi a Jeremy, chiedendogli di usare il suo dono per stabilire un contatto con la moglie in fin di vita per causa della sua malattia.
I medici sostengono che sarebbe dovuta morire ormai da diverso tempo. Non si sapeva cosa la spingesse a rimanere in vita sopportando quell'atroce agonia.
Entrando in casa Jeremy la vede, la sente e sfiorandole la testa riesce a sentire tutto ciò che prova, spiegando di conseguenza allo sceriffo il motivo per cui ha resistito alla morte per tutto quel tempo.
La riuscita di questa sequenza è dettata dall'ottima prova di Lance Henriksen, che riesce ad esprimersi al meglio.
Il finale
Per alcuni può apparire una soluzione frettolosa e inconcludente, ma nonostante tutto riesce a sbalordire e a commuovere nel profondo dell'anima.
In un primo momento lascia pensare allo stereotipo del diverso non accettato dalla società che, non avendo un posto dove andare o in cui tornare, decide di togliersi la vita. In realtà il messaggio è molto più profondo ed è dettato dalla sola potenza visiva dello scorrere delle immagini, riuscendo in qualche modo a dare delle potenziali risposte al senso della vita cosmica e della sua immortalità di cui parlava Einstein.
Non rimane altro da fare quindi che consigliarne la visione.
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Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray - aggiornata al 26/11/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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