Voto Visitatori: | 6,67 / 10 (18 voti) | Grafico | |
Opera prima di Saverio Costanzo, figlio di Maurizio e documentarista, il film ha vinto il pardo d'oro all'ultimo festival del cinema di Locarno.
La pellicola è stata realizzata con un budget alquanto risicato: location in Calabria, tra gli attori anche due ragazzi di origine napoletana (così recita la leggenda), girato in digitale. Il tutto seguendo le teorie espresse dal Dogma: telecamera a spalla, l'occhio della camera che segue, si sposta, rende partecipe lo spettatore, proprio come un documentario.
La storia è di quelle dure, che trafiggono: una famiglia come tante, padre insegnante, mamma casalinga e figli di varie età alle prese con le problematiche dei loro anni: difficoltà negli studi, ribellioni, odio-amore nei confronti dei genitori. A prima vista potrebbe sembrare una storia minimalista come tante, se non fosse per un piccolo particolare: la famiglia in questione è palestinese e vive lungo la striscia di Gaza, da sempre oggetto di conflitto tra due popoli tanto vicini quanto distanti: gli ebrei e i palestinesi.
Un giorno come tanti arrivano gli ebrei, il regista sceglie di fare delle inquadrature a scatti per rendere l'azione concitata, confusa e per meglio rendere lo stato di confusione e di angoscia che coglie la famiglia. La casa è occupata, prassi consolidata per l'esercito israeliano. D'un tratto ci si trova prigionieri in casa propria, a condurre una vita normale nella situazione più anormale, a coabitare con i propri nemici con i quali si comunica in inglese.
Da questo punto il film continua a mostrare le reazioni degli abitanti della casa, la famiglia e i soldati "spiati" dalla figlia più grande e sorpresi nella loro vita di tutti i giorni, l'amore per la musica e lo sport. Ragazzi come tanti, ma che parlano una lingua diversa.
E' interessante quindi aprire una parentesi sull'uso della lingua e delle lingue da parte del regista: i palestinesi sono doppiati in italiano, i dialoghi tra ebrei e palestinesi sono in inglese, la metalingua, il moderno esperanto, mentre i soldati israeliani parlano in ebraico, quasi a voler sottolineare la "distanza" che sussiste tra le due etnìe. La conoscenza dell'inglese unisce, consente di comunicare e di interloquire, ma l'ebraico invece allontana.
Secondo alcuni, l'aver lasciato l'ebraico nei dialoghi tra gli israeliani, contribuisce quindi a dare un'accezione manicheista al film, non per nulla nei film sulla seconda guerra mondiale, il tedesco "cattivo" parlava sempre nella sua lingua; il regista però si è difeso, attribuendo la sua scelta alla necessità di far capire allo spettatore le differenze/somiglianze tra i diversi inquilini della casa.
Da notare che la famiglia vittima dell'esercito israeliano è appartenente alla medio-borghesia e può definirsi a pieno titolo colta, a sfatare il luogo comune che vuole gli ebrei colti borghesi e i palestinesi poveri e ignoranti ed è proprio per questi suoi elementi disturbanti che il film ha dato non pochi problemi ai suoi interpreti, sia ebrei che musulmani , nelle loro terre d'origine.
Non si può comunque accusare il regista di essersi schierato da una o dall'altra parte; il suo è l'occhio dell'osservatore obiettivo e distaccato, occhio sul privato- come recita il titolo -quello della famiglia palestinese e quello dei soldati semplici dell'esercito israeliano ("private" in inglese significa privato, ma sta ad indicare anche il soldato semplice).
Quindi a Costanzo, va senza dubbio il plauso per la buona prova, augurandogli altre idee altrettanto valide, necessarie per la linfa vitale del cinema italiano.
Commenta la recensione di PRIVATE sul forum
Condividi recensione su Facebook
Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 21/02/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
Ordine elenco: Data Media voti Commenti Alfabetico
in sala
archivio