Recensione rec regia di Jaume Balagueró, Paco Plaza Spagna 2007
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Recensione rec (2007)

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locandina del film REC

Immagine tratta dal film REC

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Immagine tratta dal film REC
 

Ormai da diversi anni il genere horror, glorioso alfiere del cinema "popolare", diretto, rivolto ai più nascosti istinti dello spettatore, versa in un profondo torpore di idee.
Una parziale scossa è venuta a cavallo tra 20° e 21° secolo da quella fucina di idee che è il cinema orientale, con pellicole come "Ringu", "Ju-on", "Dark water" e "Two sisters", prontamente fagocitate da Hollywood per una serie di remake, rimpasti e camuffamenti più o meno riusciti; una volta esauritosi anche questo filone nella sua accezione più propriamente mainstream, il genere è però ripiombato nel proprio traballante castello di cartapesta.
In uno scenario tanto desolato si colloca "[REC]", ultima fatica del regista spagnolo Jaume Balaguerò, noto finora soprattutto per pellicole come "Fragile" e "Darkness", che si avvale per quest'ultima sua fatica dell'apporto del collega Paco Plaza.
E l'effetto è devastante.

La storia è quella di Angela, giovane ed ambiziosa conduttrice del programma tv "Mentre tu dormi", che deve raccontare una notte di lavoro in una squadra di pompieri.
Recatasi in caserma assieme al proprio cameraman, si troverà suo malgrado intrappolata all'interno di un palazzo in cui aveva accompagnato un gruppo di pompieri per quello che sembrava essere un intervento di routine in soccorso di un'anziana signora malata. Tra quelle quattro mura si scatenerà l'inferno.

Partendo da un soggetto ormai sfruttato fino al midollo, quello del morbo che trasforma gli uomini in violenti zombie assetati di sangue, Balaguerò e Plaza creano una pellicola tesa e sconvolgente, grazie all'uso della telecamera a mano per dare da un lato un effetto pseudo-amatoriale, dall'altro la sensazione allo spettatore di essere al centro della scena nella persona del cameraman Pablo; pur non essendo questa una tecnica originale - l'avevano già usata con buoni risultati Myrick e Sanchez per il loro "The Blair witch project", per non citare il capostipite "Cannibal holocaust" di Deodato - l'effetto finale e la grande maestria della coppia di registi riesce ad imprimerle una carica visiva ed emotiva di rara efficacia, trascinando nell'incubo lo spettatore da principio a piccoli passi, quindi vorticosamente, fino ad un finale al cardiopalma.

"[REC]" segue una struttura estremamente lineare: dopo una prima fase di studio ed introduzione ai personaggi, fondamentale per entrare nell'ottica della naturalezza e spensieratezza della protagonista, la pellicola vira di colpo verso la direzione che si intuirà essere quella propria delle intenzioni dei registi, e lo fa con l'apparizione dell'anziana signora Izquierdo, che con la sua andatura caracollante e le vesti sporche di sangue è la prima spia d'allarme per i protagonisti appena prima di scoprire di essere stati chiusi dalle pubbliche autorità all'interno dell'edificio a causa di particolari misure di sicurezza dovute a probabile infezione batteriologica.
E' a questo punto che inizia a serpeggiare il terrore claustrofobico nella girandola di personaggi, terrore che si impadronirà definitivamente anche dello sprovveduto spettatore con la terza ed ultima parte del film, una terrificante spirale di morte e follia che culmina con la scoperta dell'orribile segreto nascosto nell'attico, ultimo avamposto di speranza per Angela e Pablo.

Proprio quest'ultima fase del film è quella che lo rende estremamente meritevole di visione, segnando una nuova direzione nel genere horror: il terrore puro che si impadronisce dello spettatore senza lasciargli via di scampo è esattamente il medesimo che attanaglia e sconvolge gli animi di Angela e Pablo, intrappolati in ambienti squallidi ed ostili e perfettamente consapevoli di non avere alcuna possibilità di fuga nè di redenzione, presi come sono in quel girone di dannati.
A contribuire in modo definitivo all'angoscia veicolata dal film è poi la perfetta e lucida consapevolezza di essere stati isolati, rinchiusi a scannarsi come animali da un mondo esterno vivo, pulsante al di fuori del portone di ingresso: tutta la terza fase del film sarà una vana rincorsa da parte di Angela e Pablo ad un varco verso l'esterno, verso una fuga che si sa essere irrealizzabile, nella consapevolezza che se pure riuscissero ad abbandonare quell'edificio verrebbero abbattuti dalle forze dell'ordine schierate al di là del muro.

Memorabile la scena finale, in cui la visione notturna innescata dal cameraman mostra una Angela inghiottita dalle tenebre e sempre più consapevole della propria imminente fine, agnello sacrificale vittima della propria sete di storie da raccontare, storie finalmente avvincenti che si discostino dall'ordinarietà di una mensa deserta in una caserma sonnecchiante: "Riprendi tutto, qualsiasi cosa succeda", urla in continuazione al proprio cameraman; questi ubbidirà coscienzioso, non mancando di immortalare, suo malgrado, anche l'ultimo respiro esalato dalla giovane reporter.
Curioso a questo proposito come il rapporto sete di notizie - tenebre abbia sempre stuzzicato il palato del cinema, a partire dal capolavoro di Fritz Lang "Quando la città dorme" (certamente intenzionale l'assonanza col titolo della trasmissione presentata da Angela): col favore della notte è più semplice nascondere la propria avidità, la propria brama di scoop, di sensazionalismi, del colpo grosso che permetta finalmente di fare il salto di qualità da piccola giornalista di un'emittente locale a grande reporter; Angela avrà il prorpio scoop, avrà la sua grande storia, ma non potrà mai raccontarla, vanificando così tutto il proprio operato e, di riflesso, la propria intera esistenza professionale.

Estremamente convincente l'interpretazione della giovane Manuela Velasco nel ruolo di Angela, perfetta nel rappresentare l'ambiziosa reporter sprezzante del pericolo e sempre pronta a nascondere la propria noncuranza dietro un sorriso accattivante; emblematica in questo senso la scena dell'intervista alla bambina malata, tutta volta a solleticare l'aspetto patetico della situazione per stimolare la commozione telecomandata del pubblico, indirizzandone lo sdegno verso le istituzioni che li stanno trattenendo nel palazzo e mettendo a tacere ogni tentativo della madre di parlare.
Eccellenti inoltre trucco ed effetti speciali, che contribuiscono in maniera determinante all'efficacia delle scene chiave della pellicola: gli infetti sono tra le creature disumanizzate migliori che si siano viste sullo schermo da molto tempo a questa parte, cariche d'odio eppure ancora velate da residui di umanità tali da renderle ancora più agghiaccianti.

Accolto positivamente al Festival del Cinema di Venezia e vincitore di numerosi premi in patria, "[REC]" si è affermato come un piccolo caso, e non ha mancato di far parlare di sè anche oltreoceano: è già in post-produzione il remake hollywoodiano "Quarantine", che vedrà la coppia Balaguerò-Plaza alla sceneggiatura ed il quasi esordiente John Erick Dowdle alla regia; merito della carica innovativa se non del soggetto, quantomeno della resa delle situazioni rappresentate nei confronti dello spettatore.

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Recensione a cura di Jellybelly - aggiornata al 10/03/2008

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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