Recensione schiavo d'amore regia di John Cromwell USA 1934
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Recensione schiavo d'amore (1934)

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locandina del film SCHIAVO D'AMORE

Immagine tratta dal film SCHIAVO D'AMORE

Immagine tratta dal film SCHIAVO D'AMORE

Immagine tratta dal film SCHIAVO D'AMORE
 

"Ho paura che accada sempre così, uno dei due che ama, l'altro che cerca di essere amato"

Primo e migliore adattamento cinematografico del romanzo omonimo scritto da William Somerset Maughan nel 1915 (deludenti le successive versioni, rispettivamente nel 1946 e nel 1964 ad opera di Edmound Goulding e Ken Hughes) "Schiavo d'amore" di John Cromwell appartiene di diritto alla tradizione dei migliori drammi hollywoodiani dell'epoca.
Il regista californiano (una carriera diseguale ma trionfale, si pensi solo a "Il prigioniero di Zenda" e "Solo chi cade può risorgere") riesce a filtrare splendidamente il clima d'angoscia del romanzo, anche nella rapida successione di eventi che sembrano ogni volta provocare la crisi interiore del protagonista.

La storia è quella di un aspirante pittore (Philip Carey) che, deluso dalle sue ambizioni, decide di seguire le orme del padre e diventare studente di medicina. L'uomo ha una malformazione fisica a un piede che lo costringe a zoppicare, e indossare calzature particolari.
Complessato e frustato dalla sua vita affettiva e professionale, Philip si innamora perdutamente di una cameriera, Mildred, che accetta di uscire con lui, ma che, quando l'uomo si dimostra propenso a sposarla, lo lascia per sposare un'altro uomo.
Philip rimane profondamente scosso dal suo rifiuto, benché egli sia a sua volta amato da un'altra donna, più premurosa e sincera, Norah, che però capisce ben presto di non avere un futuro insieme a lui.
I progetti di Mildred non sono andati come lei pensava; infatti l'uomo che doveva sposare l'abbandona appena scopre che lei è incinta di un figlio non suo, e Mildred comincia da quel momento a cercare Philip dapprima per chiedergli un aiuto economico, poi via via fino a umiliarlo, annientarlo, distruggere la sua esistenza tra false promesse di convivenza e menzogne. Tutto questo fino al dramma finale probabilmente "liberatorio".

Lo script di "Schiavo d'amore" è sicuramente autobiografico per l'autore del romanzo, essendo stato egli stesso studente di medicina, come il personaggio interpretato in maniera straordinaria da Leslie Howard.
"Schiavo d'amore" è infatti uno di quei film che imprimono nello spettatore una fortissima empatia nei confronti del protagonista maschile, nonostante i tempi velatamente misogini e la diversa caratterizzazione dei costumi dell'epoca.
Il Philip Carey di Howard è un uomo fortemente complessato, che agisce anche nel disperato bisogno di essere amato senza essere compatito, poiché egli ha principalmente pietà di se stesso senza che gli altri la provino nei suoi confronti.
E' anche per questo che la premura di una donna rassicurante come Norah non riesce a soddisfarlo completamente: si cruccia di non poter essere un compagno ideale, di non poterla portare a ballare, di non poter rendere felice una donna.
E' per questo che prova disperatamente di rendere felice Mildred, ma resta soggiogato da lei, dal suo egoismo, dall'incredibile capacità che ha di approffitarsi di lui, di sfruttare la sua debolezza, fino alla fine, e di distruggere ogni sua forma di vanità, anche nel campo professionale.

Bette Davis inaugura probabilmente con questo film una serie indimenticabile di eroine perfide e distruttrici, quasi con sfacciata ironia si concede di identificarsi con la donna fatale che non è/era, solleticando il gusto e il disprezzo di quanti continueranno a chiedersi come mai la scelta dell'attrice protagonista sia andata proprio a lei.
Francamente questa scelta appare particolarmente felice: la Davis è una Mildred strepitosa, REALMENTE affascinante nella sua crudeltà, certo determinata e spregiudicata, ma non tanto o solo come quella di una donna di facili costumi, abbietta e quindi (sempre secondo la misoginia dell'epoca) "destinata ad essere punita dal destino" ma anche di un insolito opportunismo "virile".

Per l'epoca, "Schiavo d'amore", un soggetto che mette a nudo la debolezza dell'uomo vinto dalla seduzione femminile, doveva suscitare un certo scalpore.
Basti pensare ai primi trenta minuti del film, alla cavalleria vana di Philip nei confronti di Mildred, e ai primi piani che mettono in mostra le sfumature diverse dei due protagonisti, le scarpe di Philip mentre cammina zoppicando, o il modo volgare e tuttavia seducente di Mildred mentre beve una coppa di champagne: è in questo contrasto che si avverte una tensione illogica, la sensazione di due individualità che reagiscono ognuna per conto proprio alla loro solitudine.
Se è facile soffermarsi sul dolore di Philip, sostenuto fra l'altro nella versione italiana da un doppiaggio notevole, non è semplice provare affinità per Mildred, rea di non amare nessuno, ma ancor più incoraggiata dalla debolezza altrui a compensare questa sua lacuna con il disprezzo e l'ambiguità.
Mentre guardiamo "Schiavo d'amore" a poco a poco entriamo nel girone infernale della vita di Philip che, nonostante riacquisti una perfetta deambulazione grazie ad un intervento chirurgico, è sempre più sopraffatto da Mildred, prima che dal suo ricordo (emblematici i flashback che sottolineano questa insana passione amorosa), ancor più dall'incapacità di vedere in altre donne qualità ben più nobili, e dall'impossibilità di concentrarsi nello studio per diventare finalmente medico.
Ogni nuova apparizione di Mildred nella sua vita lo riporta nella totale disperazione, mai vinto, anzi consapevole, come uomo ed essere umano, di aver raggiunto un livello devastante di dipendenza.

"Schiavo d'amore" è tuttavia un film "positivista", non tanto o soltanto per il suo (comunque amarissimo) lieto fine, ma per la capacità indubbia di mettere a nu-do quanto la dignità compromessa di un individuo possa essere restituita, al-meno in parte, nella dichiarazione di sconfitta dalla propria inerme, impotente e passionale umanità.

Nel suo epilogo noi non troviamo la capacità di un uomo di dichiarare apertamente un sentimento che ancora non prova, ma una rinnovata fiducia affinché quel sentimento possa nascere, durare, e prosperare in eterno, senza drammi e sensi di colpa.

Tutto ciò che invece affiora, gradatamente, nelle tappe intermedie della vita di Carey, è solo il frutto di un desiderio negato.

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Recensione a cura di kowalsky - aggiornata al 28/09/2006

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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