Recensione scontro tra titani regia di Louis Leterrier USA 2010
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Recensione scontro tra titani (2010)

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locandina del film SCONTRO TRA TITANI

Immagine tratta dal film SCONTRO TRA TITANI

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Immagine tratta dal film SCONTRO TRA TITANI

Immagine tratta dal film SCONTRO TRA TITANI
 

Figlio di Zeus, ma ignaro dei suoi mitici natali, Perseo cresce da uomo, vivendo normalmente la sua umile vita di pescatore insieme alla famiglia adottiva, finché questa non gli viene strappata dall'ira del dio degli inferi Ade. Si ritrova così, suo malgrado, catapultato nel bel mezzo di una guerra tra uomini e dei per il sovvertimento dell'ordine delle cose che vede i primi sottoposti all'obbedienza dei secondi, il che lo porterà a capo di una spedizione in un viaggio disseminato di pericoli, tra streghe veggenti, scorpioni giganti, gorgoni, stregoni del deserto ed altre entità demoniache, nel tentativo disperato di salvare la citta di Argo e la sua principessa dalla creatura infernale chiamata Kraken.

Ispirato al "Clash of the Titans" targato 1981 del regista Desmond Davis, il remake del francese Louis Leterrier, già autore di pellicole quali "Danny the Dog" e "L'incredibile Hulk", si differenzia dall'originale fin dal titolo italiano: non più "Scontro di Titani", bensì "Scontro tra Titani". Basta questa sottile variazione per porre le distanze tra i due film: non c'è più l'artigianale e affascinante stop- motion del maestro Harryhausen, che tanto aveva incantato gli spettatori 30 anni fa, sostituita dalle ben più moderne tecnologie digitali (compreso l'ormai onnipresente e inflazionato 3D), così come non vi è più traccia della vicenda sentimentale che vedeva coinvolti il protagonista Perseo e la principessa Andromeda: il cuore dell'eroe questa volta palpita per una new entry assai gradita, la Io interpretata dalla giovane e incantevole Gemma Arterton, personaggio assente nella pellicola originale per la quale gli sceneggiatori si sono presi ampia libertà.
Altra "licenza" è stata presa nella decisione di allargare il numero di componenti della spedizione volta a salvare le sorti della città di Argo e della sua principessa, per non parlare della soppressione degli intrighi, delle gelosie e dei dissidi tra gli dei stessi, che nella versione di Leterrier lasciano il passo ad un più "comodo" ed essenziale conflitto tra umani e divinità olimpiche, in nome della supremazia in terra.
Tutto insomma pare essere stato riadattato, plasmato in chiave moderna; sintomatica a riguardo la decisione di inserire, rispetto all'originale, un personaggio femminile, quello della Arterton appunto, che non è più solo ed esclusivamente modello di bellezza, meramente spettatrice dell'azione, ma che piuttosto risulta attivamente partecipe all'azione stessa, tanto da condizionarne gli esiti, capace di proteggere e consigliare l'eroe, nonché guidarlo nella ricerca di una propria identità, il che non fa che allinearsi al nostro contemporaneo cinematografico e sociale.

Al tempo stesso, pare fortemente influenzata dalle mode attualmente vigenti nel campo della settima arte la decisione di far interpretare al sempre più luciferino Ralph Fiennes un Ade che, chiaramante, strizza l'occhio al villain della serie potteriana Lord Voldemort, guarda caso, ma non troppo, impersonato sempre dallo stesso Fiennes; così come pare "guidata" la scelta di puntare su di un viaggio "corale", rimando ad un altro fenomeno del cinema contemporaneo, ossia la trilogia Jacksoniana de "Il Signore degli Anelli", con particolare riferimento al primo capitolo "La Compagnia dell'Anello".

Insomma, la pellicola è una sorta di ibrido, proprio come il suo protagonista, che attinge e saccheggia a piè mani dai vari titoli che tanto hanno affezionato il pubblico, eppure l'accoglienza di quest ultimo non è stata delle migliori, anzi di vera e propria stroncatura si è parlato. Motivo? Indubbiamente la fulminea riconversione nel formato del momento, quel 3D così affascinante ma altrettanto ostico, ha parecchio inciso sui giudizi concernenti questa pellicola, ma non va dimenticato che il film, e quindi anche l'opinione che su di esso viene espressa, qualunque essa sia, si deve basare esclusivamente sul lavoro di regista e troupe che, se apprezzato nella sua versione madre, cioè quella 2D, si rivela essere un'opera di puro intrattenimento godibilissima, da apprezzare per ciò che è, ossia un film privo di alcuna pretesa filologica, con delle scenografie artigianali deliziose (la locandina stessa è "artigianale", frutto della matita del mangaka giapponese Masami Kurumada) e caratterizzato da un ritmo incalzante e dagli effetti speciali per nulla invadenti, a tratti quasi impercettibili; unica eccezione il personaggio della Gorgone Medusa che, colpevolmente, pare essere frutto di una tecnologia vecchia di almeno una dozzina di anni, inaccetabile per una produzione di questo livello.

Il punto è che, di fronte ad un lavoro del genere, ci si deve porre semplicemente considerandone la natura e quindi le premesse, che non stanno certo nei dialoghi intensi che, al contrario, denoterebbero una certa arroganza e pretenziosità; il film in realtà mantiene pienamente le promesse, senza mai mascherare la tanto attaccata mancanza di intelletto, offrendosi al pubblico nella maniera più onesta, e quindi apprezzabile, possibile.
Se c'è qualcosa da criticare, questa è la riconversione in 3D, indifendibile, figlia di una strategia commerciale di pessimo gusto, che rischia di compromettere il mercato della terza dimensione; del resto comunque la Warner Brothers non è nuova a decisioni opinabili dal punto di vista strategico-commerciale, decisoni dettate per lo più da una insana e quanto mai folle e ossessiva ricerca del guadagno garantito, come dimostrato dal recente slittamento di "release" di "Harry Potter and the Half Blood Prince", ma le stroncature e le critiche che ne sono derivate sono, si spera, un monito affinchè venga messo un freno a certe mosse totalmente prive di alcun tipo di riguardo nei confronti dello spettatore e dell'arte di far cinema più in generale, senza contare la chiara ed eloquente presa di distanze dalla decisione della "major" dello stesso regista Louis Leterrier, nemeno lontanamente consultato in merito.

Sul piano attoriale, Sam Worthington conferma ancora una volta tutto il suo immenso carisma, attestandosi come l'attore "action" del momento; certo, la prestazione offerta in "Terminator Salvation" resta su di un altro piano, ma ciò non toglie che anche qui l'interprete australiano conservi il suo effetto calamita; curioso poi come per la terza volta di fila egli si cimenti con un personaggio "a metà": dopo il semi-cyborg del sopracitato "Terminator Salvation" e l'avatar Na'vi del kolossal "cameroniano" ecco, infatti, il semi dio.
A fargli da spalla la giovane ex Bond girl Gemma Arterton nel ruolo della eterea guida spirituale del protagonista, capace di fornire una prestazione equilibrata con un personaggio "mascolino" che però non abdica rispetto all'aspetto femminile.
Ralph Fiennes non fa che riproporre, sebbene in maniera sbiadita, il "suo" Voldemort, mentre il collega Liam Neeson non convince appieno nella lucentezza della sua armatura. Il pallore dei loro personaggi viene però compensato in toto dal già elogiato carisma di Worthington, che si appoggia su di un ritmo narrativo lineare e incalzante, capace di intrattenere lo spettatore senza mai confonderlo o peggio annoiarlo.
In fondo è proprio questo che ci si aspetta da un film del genere, nulla di più.

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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 23/04/2010

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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