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"Per ironia della sorte, il luogo dell'universo conosciuto più inaccessibile all'uomo, almeno per ora, è anche quello a lui più vicino".
Solitamente i romanzi di Jules Verne (1828-1905), considerato tra i più influenti autori di storie per ragazzi e uno dei padri della fantascienza moderna, forniscono autentiche riserve auree per gli sceneggiatori cinematografici anche se, storicamente, tali adattamenti non hanno mai reso profonda giustizia all'immaginazione ed ai sogni fantasiosi del grande scrittore. Ma questo "Viaggio al centro della terra" di Henry Levin fa totale eccezione essendo la dimostrazione completa di come il cinema stuzzichi l'immaginario collettivo sulla reale possibilità di rappresentare determinati luoghi, posti, leggende e miti. L'accento è posto sul divertimento e la fantasia con spettacolari immagini che, visto il periodo storico di produzione (1959), mettono in rampa di lancio e ancora di più in risalto la qualità tecnica della pellicola.
Infatti davanti al classico "20.000 leghe sotto i mari" dal marchio storico Walt Disney, questo film lo si può intravedere come il più riuscito tentativo di rispecchiarne quantomeno lo spirito emotivo. Il tutto prodotto con una certa classe.
Nonostante la presenza di interessanti "strappi alla regola" rispetto alla versione originale (tra i quali la presenza di figure femminili), la pellicola colpisce per la sobrietà della sceneggiatura, per le spettacolari presenze di paesaggi naturali (alcune riprese addirittura sono state girate nella Carlsbad Caverns National Park) e per la professionalità indiscussa di alcuni interpreti tra i quali James Mason. Proprio questo, quindi, è il segreto del film: la traduzione della pagina cartacea con la necessaria e dovuta vivacità. Fantastico.
I personaggi principali sono duttili, ricamati con profonda maestria e con incisione netta, requisiti fondamentali per una avventura che tiene incollato lo spettatore di circa 2h e 20 min.
L'illustre professor Oliver Lindenbrook (James Mason) è l'elemento di riferimento, professore duro e metodico che terrorizza gli alunni ma anche dotato di quel classico humor britannico che serve per trasformarlo nel capo-spedizione dinamico e smanioso del sapere. Lo studente matricola Mcewen (Pat Boone, noto rocker melenso) si presenta come il classico ragazzo innamorato, timido ma sostanzialmente curioso. Il gigante biondo islandese Hans (Peter Ronson), che entra nella trama quasi per coincidenza e si rileverà fedele scudiero della spedizione. L'affascinante Carla Goetaborg (Arlene Dahl), energica donna che si infila con forza nel gruppo di ricercatori per condividerne il successo rimarcando, ad ogni occasione, i diritti femminili. Figura di un certo rilievo assume il conte erede Saknussem (Thayer David), necessario al completamento della sceneggiatura per fornire quel pizzico di pathos emotivo alla storia. Figura minore, ma scenica, e' l'ansiosa Mrs Jenny (Diane Baker), compagna di Mcewen.
Una singolare pietra di origine vulcanica finisce nelle mani dell'emerito docente Oliver Lindenbrook, professore dell'illustre Università britannica di Edimburgo. Il geologo, analizzandola, scopre per puro caso le incisioni di Arne Saknussem, avventuriero che decenni era scomparso nel nulla e ricordato da tutti nell'ilarità come tenace sostenitore dell'esistenza di un mondo sotterraneo. Preso dall'entusiasmo Lindenbrook, accompagnato da Mcewen, giovane universitario e futuro sposo della nipote del professore, partono per l'Islanda dove il cratere Jökull del vulcano Snæffels nasconde la via per il Centro della Terra. Ad accompagnarli anche la giovane guida islandese Hans e Carla Goetaborg, vedova di collega svedese di Lindenbrook morto in circostanze misteriose qualche giorno prima. La discesa negli inferi si presenta subito difficile e irta di difficoltà, a cui si aggiunge la presenza nascosta del Conte Saknussem, avo dell'esploratore scomparso secoli prima e che, privo di scrupoli, non esiterebbe a sabotare in qualunque circostanza e modalità la spedizione principale. Passo dopo passo, dopo giorni di cammino estenuante e ai limiti della sofferenza, ai membri si spalanca un mondo meraviglioso: grotte di quarzo e pietre preziose, foreste di funghi giganti, pozzi luminosi, cascate di sale aprono un varco verso un oceano sotterraneo che prende luminosità da una fonte magnetica. Il tutto correlato da creature preistoriche e pericolose. Attraverso mezzi di emergenza gli intrepidi avventurieri raggiungono la mitica Atlantide, sogno proibito di vecchi ed attuali scrittori. La cittadina si presenta nuda, impolverata, luminosa e pericolosa. A salvare la spedizione dalle fauci di un mostro centenario una provvidenziale eruzione vulcanica che li restituisce alla superficie terrestre attraverso il camino italiano di Stromboli. Giorni più tardi il gruppo riceverà un'ovazione ad Edimburgo.
La colonna sonora della pellicola è del famoso Bernard Herrmann, compositore e direttore di orchestra, conosciuto anche per aver fornito colonne sonore di un certo spessore ai film di Hitchcock.
Nonostante si usino dei trucchetti cinematografici un po' superficiali, il film nasconde e conserva quel fascino di regali luccicanti che solo Hollywood sapeva presentare negli anni '50-'60, coniugando quel mix di ilarità, commedia e avventura. Il tutto sottolineando il bassissimo costo di produzione per l'epoca. Da rimarcare inoltre la migliore esperienza di H.Levin, regista sfortunato e non molto prolifico, che si dovrebbe esplorare e forse rivalutare. Il romanzo di Jules Verne è stato portato sullo schermo nel 1905, nel 1963, nel 1977 e a fine anni '90 ma mai nessuno di essi si è avvicinato lontanamente a questa discesa nelle viscere della terra. Questo si presenta forse semplice per contenuti, ma davanti la fantasia ed ai sogni che può trasmettere se lo si guarda con certi occhi, può tranquillamente essere considerato senza eguali. Una pietra miliare della cinematografia post-guerra, una presenza di attori qualificati e di medio-alto livello, lo rendono di forte impatto visivo. E tremendamente attuale. Si, attuale. Perché essendo un'avventura storica immortale non bastano certamente cinquanta anni per poterla cancellare o per decretarne la fine. Per fortuna.
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Recensione a cura di bellin1 - aggiornata al 07/03/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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