ariel regia di Aki Kaurismaki Finlandia 1988
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ariel (1988)

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locandina del film ARIEL

Titolo Originale: ARIEL

RegiaAki Kaurismaki

InterpretiTuro Pajala, Susanna Haavisto, Matti Pellonpää, Eetu Hilkamo

Durata: h 1.10
NazionalitàFinlandia 1988
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1988

•  Altri film di Aki Kaurismaki

Trama del film Ariel

Taisto Kusurinen fa il minatore in Lapponia, ma è licenziato. Con una cadillac bianca, regalatagli da un collega suicida, e con i soldi della liquidazione, intraprende un viaggio verso sud costellato di contrattempi e disavventure, che lo porterà fino in Messico.

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Voto Visitatori:   7,44 / 10 (8 voti)7,44Grafico
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Voti e commenti su Ariel, 8 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR rain  @  08/07/2019 19:37:12
   7½ / 10
"Ariel" è un altro tassello della filmografia di un regista che ama raccontare la storia di persone meno che comuni (quasi dei reietti) con uno stile grottesco-surreale che è marchio di fabbrica ed un tono che vacilla tra il comico ed il tragico. Seppur più estremizzato nell'emarginazione dei protagonisti, ricorda molto da vicino il precedente "Ombre nel Paradiso"; del resto i film di Kaurismaki si assomigliano un po' (quasi) tutti ma sanno sempre aprire il cuore a nuovi sentimenti.

DarkRareMirko  @  04/02/2015 00:15:49
   7 / 10
Stessi temi (persone disadattate e sfortunate), stessi attori (l'onnipresente Pellonpaa), stessi finali (almeno a volte, o come in questo caso), il cinema di Kaurismaki non è quindi improvvisato.

Breve, abbastanza intenso, continua bene la Trilogia dei perdenti, risultando sullo stesso piano di Ombre nel paradiso ma finendo per essere francamente inferiore a La fiammiferaia.

Discreto, meritorio di visione e poi il regista aveva voluto da sempre fare dei film sulla disoccupazione, altrimenti non si sarebbe sentito a posto con se stesso.




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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  08/07/2012 17:30:31
   7½ / 10
Aki Kaurismaki si conferma come Bergman un regista che riesce a usare gli stessi temi nei suoi film senza annoiare, anzi tirando fuori ogni volta una variazione che li rende più profondi o interessanti.
Il suo scopo è quello di ritrarre quello che resta nel periodo post-moderno dell'esistenza umana in condizioni di estraneità sociale. L'oggetto della sua visione è il mondo degli esclusi, cioè di quei ceti sociali che nascono ai margini del mondo capitalista e che il sistema non integra (o non vuole integrare) e che saranno sempre destinati a subire scacchi, punizioni e umiliazioni. Nascono senza speranza, vivono senza speranza, muoiono senza avere vissuto, anche perché loro stessi non sanno il come e il perché della vita.
In qualche maniera sono i diretti discendenti dei personaggi ritratti nei film di Bunuel e Pasolini ("I figli della violenza" e "Accattone"), con una profonda differenza però: l'ambiente a loro misura e somiglianza (le periferie popolari) è scomparso, adesso sono privi di qualunque retroterra e sopravvivono di espedienti nella parte anonima e degradata del mondo urbano. Sono degli sradicati, privi di qualunque cultura propria, che si limitano a scimmiottare i modelli che calano dall'alto (l'aspetto esteriore a gangster dandy da immaginario collettivo cinematografico, il frequentare chiassosi locali-discoteca di bassa lega tracannando birra da parte del protagonista).
L'essenza (anti)esistenzialista del vivere post-moderno è stata ritratta da Bresson con il suo "L'argent". Kaurismaki fa vivere il protagonista proprio in questo mondo, in cui non c'è scampo, si viene stritolati in meccanismi di cui non si ha il minimo controllo, tutti basati sul dominio incontrastato che ha il denaro e la sopraffazione del più forte sul più debole. Il tutto nella maniera più asettica e impersonale possibile. Infatti "Ariel" di Kaurismaki è il film che anche a livello formale si ispira di più al controverso film-testamento di Bresson. Le scene più drammatiche vengono rapresentate in maniera sincopata o simbolica, in molte scene la mdp attende dal di fuori che si compia un avvenimento drammatico (una rapina, un'uccisione) che si volge in un interno (come nei film di Haneke). Questo per comunicare allo spettatore la conseguenza e il valore del nudo fatto, senza distrarlo con gli aspetti drammatici esteriori. Del resto nel mondo post-moderno tutto è indifferente (come ad esempio nei film di Tarantino), niente ha valore se non in senso commerciale.
"Ariel" però in qualche maniera si discosta dai cupi e pessimisti "Delitto e castigo", "Ombre in paradiso", "Amleto si mette in affari". Infatti in maniera sottile, quasi inconsapevole, fa emergere dai personaggi un qualcosa che assume il valore della solidarietà, del senso di dedizione e sacrificio, di difesa della propria dignità, l'andare in fondo costi quel che costi. Eppure anche qui i personaggi sono come abulici, rinsecchiti, chiusi nella loro incomunicabilità vocale. Vocale, ecco! Il diluvio di parole, la drammatizzazione estrema degli atti (vedi Tarantino) sono i mezzi con cui il mondo post-moderno straborda e rappresenta se stesso. Kaurismaki introduce invece personaggi che fanno l'opposto, che usano un'altra via per esprimersi e rappresentarsi, in genere uno sguardo fisso, un sorriso accennato, un gesto banale come offrire un pacchetto di sigarette. Soprattutto la musica è l'unico mezzo che riesce a disvelare lo stato d'animo dei personaggi ed è sempre presente in quasi tutte le scene più importanti.
Questo sistema così minimalista di vivere dà estremo risalto allo scopo degli atti (aiutare la persona cara, sacrificarsi per qualcun'altro) al di là del modo con cui si esprime (mezzi fuori legge). In qualche maniera in "Ariel" fa capolino quasi uno spirito involontariamente religioso, qualcosa che sembra uscito da un romanzo di Dostojevskij (i puri di cuore sono esclusi, magari delinquenti, in ogni caso ai margini). Alcune piccole scene nella loro semplicità e povertà hanno una portata emotiva notevole (come quando il bimbo guarda per l'ultima volta il profilo delle gru del porto di Helsinki nel cielo della tarda sera).
Alla fine rimane nello spettatore tutta la disperazione dei personaggi, il loro piccolo grande eroismo quotidiano, il coraggio di sognare l'impossibile e di sacrificare tutto per cercare una nuova vita, magari impossibile e illusoria. Almeno ci hanno provato.

Beefheart  @  02/02/2012 17:46:55
   7½ / 10
Tipica commedia drammatico-grottesca firmata Kaurismaki. Soliti contesti e presonaggi emarginati e mortificati, solite situazioni disagevoli, assurde e repulsive, solite icone americane musicali e non solo, solita sensazione di vuoto e vacuità; il tutto nell'inarrivabile poetica del regista. Attori per lo più sconosciuti, eccezion fatta per il fedelissimo e sempre bravo Matti Pellonpaa, ma azzeccati e convincenti. Trama semplicissima, sceneggiatura lineare anche se frammentata, ritmo scorrevole, solita ottima regia. Un po corto ma meritevole.

2 risposte al commento
Ultima risposta 02/02/2012 20.23.24
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Larry Filmaiolo  @  10/01/2012 18:11:03
   7 / 10
anche questo, non si può dire "è un bel film". si può dire "è un bel kaurismaki". Punto stop. Un mondo a sè stante di strane situazioni e strani personaggi, a volte carino, altre tranquillamente dimenticabile.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  03/12/2011 12:08:37
   7 / 10
Ariel ripercorre le medesime dinamiche di Ombre del paradiso, non solo per il finale pressochè identico, però c'è una marginalizzazione dell'individuo molto più accentuata. Se nella precedente pellicola i due protagonisti riuscivano a tenersi sulla linea di galleggiamento, in questo caso per il protagonista c'è una discesa, non voluta, verso il mondo della criminalità. Cacciato dalla miniera chiusa, cacciato dal ricovero per senzatetto, cacciato dalla società stessa.
Il tono è certamente più drammatico, però non manca quel pizzico di ironia surreale tipica del regista.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  28/06/2011 18:10:49
   7½ / 10
Alla fine Kaurismaki racconta sempre la stessa storia di vinti e disadattati che vogliono dare una svolta alla loro vita,e lo sa bene. Tanto che il finale è praticamente lo stesso di Ombre nel paradiso ma Ariel risulta più riuscito.
Kaurismaki conferma il suo stile grottesco e l'humor nero e dissacrante sin dalla prima,clamorosa scena; il resto è tutto spogliato fin nell'essenziale,dalla durata (appena un'ora e dieci) ai dialoghi.

Poi sarà perché è stato con Tassisti di notte che l'ho conosciuto e quindi con Jarmusch,ma ho trovato in questo film lievissime assonanze con il mitico Daunbailò: li accomuna la storia di un'amicizia particolare nata in prigione e la fuga ma il resto è agli antipodi. Grandissimo ruolo folle per l'attore feticcio del regista Pellonpaa.
Successivamente arriveranno due film grandiosi per il finlandese tra i migliori della sua produzione.

Bathory  @  24/06/2009 01:29:50
   8½ / 10
Un film magico.
Kaurismaki dimentica completamente lo humor nero del precedente Calamari Union e ci regala un film semplice, ma estremamente toccante e malinconico, dove le gelide e nuvolose atmosfere scandinave fanno da scenario alle varie (dis)avventure dello sfortunato Taisto.

Se in Ho affittato un killer o Calamari Union era sempre percepibile un aura ironica o quanto meno grottesca, con Ariel, il regista finlandese raggiunge un realismo e una serietà mai viste prima, descrivendo il destino di Taisto, un uomo come tanti in cui tutti noi potremmo immedesimarci.
Kaurismaki è il regista del fallimento e della solitudine umana, uno dei pochi che con leggerezza, un pizzico di ironia e tanta malinconia riesce a descrivere ed analizzare la triste situazione (prendendo anche spunto da esperienze personali) dell'uomo di fine millennio..

1 risposta al commento
Ultima risposta 06/11/2009 17.21.44
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