Una casalinga americana negli anni '50 vive con il marito in una comunità ispirata da ideali utopistici, ma finisce con lo scoprire segreti disturbanti sui suoi compagni di avventura.
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Florence Pugh la conoscevo già (Midsommar) Styles si conferma perfetto per interpretare personaggi qualunque anonimi Olivia Wilde accenna un futuro da regista interessante, ma la storia è banalotta e inflazionata
Il film è risultato comunque utile: non sapevo che il modo di dire corretto fosse 'accesso d'ira' e non eccesso.
Mi viene il dubbio che nel mondo virtuale di Victory l'occupazione super segretissima dei mariti sia giocare a tennis…
Metaverso della realtà alternativa, il progetto Victory è poco chiaro, misterioso, forse pericoloso. Ennesima rilettura sul tema, quest'opera prima di Olivia Wilde utilizza la fantascienza per raccontarci del maschilismo e della violenza psicologica (e fisica) degli uomini. Inevitabilmente la figura di Florence Pugh incarnerà l'eroina che affronta il sistema di potere dominante. Tema importante e quanto mai attuale, resa cinematografica scarsa. La sceneggiatura non riesce nella prima parte a costruire tensione, rimane un film piatto sul lato thrilling e che si affida qua e là a qualche espediente onirico che non va a segno. Non riesce neanche a mascherare bene la sua ambiguità, dato che puntualmente non lascia solo degli indizi ma li spiega allo spettatore (perchè non giocare sulla pazzia invece di farci vedere cosa è successo a Margaret tramite gli occhi di Alice?) Se poi un film così arriva a doverti spiegare tutto significa che le cartucce precedenti non hanno svolto il loro mestiere, e ciò risulta chiaro dall'ingessatura che il film si auto-costruisce: poco sviluppata la coppia Pine/Chan, nebuloso il progetto Victory fino a quando tutto non viene spiattellato, praticamente assente una coerente build-up di violenza.
Un tema così interessante e politicamente attuale come quello dell'egoismo maschile e della volontà femminile di mettere in discussione i rapporti di forza è depotenziato all'interno di schemi e soluzioni già viste. E infatti il film si affida al massimo ad una messa in scena curata e imbellettata ma che puzza di riempitivo rispetto ad uno sci-fi che vorrebbe puntare alto e che invece non riesce ad offrire che bei visini e bei vestitini (ah, Harry Styles non recita, fa semplicemente imbarazzo).
Oltre l'ottima fotografia per il resto mi sembra nulla di trascendentale, tra l'altro anche poco chiaro in alcuni passaggi che lasciano senza risposta alcuni punti interrogativi che tali rimarranno per tutta la durata del film
Feste, festini, qualche accenno onirico-paranoico e dialoghi stucchevoli caratterizzano quasi tutto il film, che poi culmina in un finale un po' più animato ma che, comunque, non lascia soddisfatti, mancando di cura e di precisione. Cast e regia fanno la loro parte ma è la storia in sè che non prende, non coinvolge totalmente e non intriga, mostrando inoltre poca originalità e troppa ripetitività.
Per due terzi il film e' anche buono, pur non essendo esente da difetti. L'ultimo atto pero' diventa molto confuso e raffazzonato, la regia perde di focus e la narrazione si sfilaccia. Personaggi e temi che sembravano molto importanti (come per esempio Frank e tutto il tema del "a cosa lavorano i nostri mariti") si perde nel nulla, e francamente la cosa e' spiacevole giacche' si trattava dei punti di principale interesse del film. La risoluzione della vicenda poi e' parecchio approssimativa, e in generale il ritmo del film e' molto lento - nel senso deteriore, in quanto ripetitivo - e la noia spesso fa capolino. I primi due atti sono discreti, anche se i momenti di maggior drammaticita' (il "ballo" di Jack sul palco in primis) non sono gestiti al meglio - perche' la scena in contemporanea con Alice e Bunny nella toilette e' veramente insulsa e patetica. Per una lunga fase iniziale poi, si accumulano ossessivamente canzoni anni '60 una dietro l'altra senza un vero costrutto e senza reale corrispondenza con quanto vediamo in scena, solo per ricreare forzatamente l'atmosfera di quegli anni, ma sono talmente opprimenti che piu' volte mi sono chiesto se il film fosse in realta' un musical. Peccato perche' ancora una volta l'idea di base, pur non originalissima, era interessante e si prestava a sviluppi potenzialmente rimarchevoli, se fosse finita nelle mani di una regista meno ossessionata dalla sua visione distorta del femminismo, decisamente misandrica.
Qualcuno dovrebbe spiegare a "Tredici" la differenza tra società alternativa ("Westworld" [Crichton 1973], "La fuga di Logan" [Anderson 1976], "The Village" [Shyamalan 2004], "The Circle" [Ponsoldt 2017], "Midsommar" [Aster 2019], "Vivarium" [Finnegan 2019] ,ecc.) e realtà virtuale (il Putman di "Brains in a vat" [1981]) e dunque "The red or the blue pill?" da "The Truman Show" a "Pleasantville" e "Matrix"), nonché quella tra femminismo e propaganda "woke" misandrista. Ritagliandosi l'unico ruolo di carnefice secondo lei salvabile ("È stata una mia decisione da madre, per rivivere coi miei figli"), assieme alla fida sceneggiatrice Katie Silberman firma un 3° atto ignobile. https://www.cineforum.it/voti/film/Don_t_Worry_Darling