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Jancso utilizza la repressione contro i ribelli ungheresi dopo le rivolte del 1868 per il suo spietato apologo sul potere,facendo un discorso valido per ogni epoca ed ad ogni latitudine. Dalla messa in scena sobria e scarna,carico di tensione drammatica che raggiunge il suo apice nel beffardo e crudele epilogo. Assolutamente da recuperare,uno dei migliori film del maestro ungherese.
Un contesto irreale, ampi spazi che annullerebbero qualsiasi dimensione spazio-temporale della storia se non fosse per i costumi d'epoca. Un sottile gioco psicologico dei carcerieri nei confronti dei prigionieri per catturare la primaula rossa della rivoluzione: Sandor. Una forte tensione psicologica che Jancso dirige con fredda spietatezza, gelida e senza speranza. Le ampie distese sono in mezzo ad un nulla che non offre paradossalmente alcuno spazio di libertà. Un bianco e nero livido che indaga e scava nei volti dei personaggi, condannati in un antinferno prima della morte. Da recuperare.