kansas city regia di Robert Altman USA 1996
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kansas city (1996)

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locandina del film KANSAS CITY

Titolo Originale: KANSAS CITY

RegiaRobert Altman

InterpretiHarry Belafonte, Miranda Richardson, Jennifer Jason Leigh

Durata: h 1.58
NazionalitàUSA 1996
Generedrammatico
Al cinema nel Gennaio 1996

•  Altri film di Robert Altman

Trama del film Kansas city

Nel 1934 Kansas City è una delle poche città americane a non essere coinvolta nella crisi che opprime il paese. Favorevole ai giocatori d'azzardo e agli avventurieri, esercita un attrazione irresistibile su tutti quelli che hanno il gusto del rischio. Il jazz in questa città rappresenta un punto d'unione tra le classi. È in questo universo che si svolge la vicenda di Blondie, giovane telegrafista che intende salvare la vita di suo marito sequestrando la sposa di uno dei politici più influenti di Kansas City.

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Voto Visitatori:   6,83 / 10 (9 voti)6,83Grafico
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Voti e commenti su Kansas city, 9 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

DogDayAfternoon  @  13/03/2022 15:27:36
   5½ / 10
Ormai credo di aver capito che con Altman vai sul sicuro in quanto a regia, molta più incertezza invece sulla trama. Kansas City infatti è un film girato bene, con degli ottimi attori (Jennifer Jason Leigh sempre molto brava in queste parti, in cui avrei visto molto bene anche Juliette Lewis), però non mi ha per niente entusiasmato come storia. Il soggetto sarebbe anche interessante, ma il modo in cui viene narrata la vicenda è piuttosto confuso, poco coinvolgente, il film è pure lunghetto e in alcuni punti si percepisce una certa noia. Carini gli inframezzi musicali jazz, ma alla lunga stancano anche quelli.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  10/01/2022 18:26:41
   6½ / 10
Ruggenti anni 30 nella Kansas City di Robert Altman, fra l'altro città di nascita del regista americano. Una analisi impietosa di un'America corrotta e razzista con quel filo di ironia caustica tipica di questo cineata. Un affresco corale ben ricostruito a livello scenografico con delle belle session di jazz d'epoca, ma che non ha la compattezza dei suoi lavori migliori come America oggi o Nashville decisamente più solidi. Un Altman minore ma pur sempre meritevole di una visione.

Filman  @  30/07/2015 23:35:11
   6½ / 10
Il costante grottesco che caratterizza personaggi e situazioni, assieme alle atmosfere musicate, sono le uniche impronte Altmaniane presenti in KANSAS CITY, film a metà tra la commissione e l'ordinazione, i cui interessi finali risultano probabilmente legati alla riproposizione storica della stessa città natale del regista, con un successivo aggiustamento personalizzato ben visibile ma solo in pochi frammenti di pellicola, perlopiù racchiudenti una certa controversa drammaticità intrinseca anche se quasi mai presentata in chiave seriosa e fin troppo poco di esamina sociale se non per la fugace esplorazione nei meandri del contesto temporale, e per quanto risulti sia atipica che classicista, quest'opera scorre con sufficienza e con poca incisività narrando una storia informalmente tetra, ma retta su pochi elementi metaforici e non.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  13/11/2009 23:32:56
   6½ / 10
Non tutte le ciambelle riescono con il buco. Purtroppo questo film non convince in quanto è stilisticamente indefinito, a metà strada fra il comico e il serio, con una storia piuttosto sconnessa e strana. Non c’è un succedersi dei fatti o delle emozioni o delle riflessioni che coinvolga e colpisca lo spettatore. Addirittura ogni tanto scappa lo sbadiglio. Peccato, perché gli argomenti e gli spunti di riflessione sono tanti, solo che non sono adeguatamente comunicati e vengono danneggiati da una storia che non riesce ad appassionare.
La storia è ambientata a Kansas City negli anni ’30 alla vigilia di elezioni politiche (unico parallelo con Nashville). Bisogna dire che Altman ha fatto un grande lavoro di ricostruzione storica, un esercizio che frutterà poi nelle splendide ambientazioni di Gosford Park e nell’atmosfera nostalgica di Radio America. Una grande presenza che segna profondamente il film è la musica jazz, la colonna sonora dell’epoca. Si suona in pratica per tutto il film, accompagnando quasi ogni scena. Altman si affida al montaggio alternato fra le scene con i musicisti jazz e la gente che balla, e le altre scene del film. Solo che i due aspetti scorrono paralleli quasi ignorandosi e non si capisce il rapporto fra musica e storia rappresentata. Anche questo contribuisce all’incertezza stilistica del film, che potrebbe essere un film musicale ma non lo è. La solita tecnica a intreccio di Altman stavolta fa un po’ cilecca, perché non sempre le vicende sembrano ben temporizzate o emotivamente legate.
La storia racconta di un ladruncolo bianco che rapina un ricco nero, nella zona controllata dalla mafia dei neri. E’ così sbadato e approssimativo che si fa subito beccare. Il capo della cosca, interpretato da Harry Belafonte (senz’altro l’attore più bravo del film, l’unico che dà spessore e naturalezza al personaggio) gliela farà pagare cara. A tratti sembra di rivivere l’atmosfera di “C’era una volta in America”.
La protagonista del film è però la fidanzata del ladruncolo, la quale cerca di liberare in tutti i modi il suo uomo. Sceglie una strana strategia: sequestra la moglie di un importante politico locale per spingerlo ad intervenire. Il film si dilunga su questi due personaggi in scene in cui non avviene niente. Il loro carattere non è che venga chiarito o approfondito, sono poi così strane e sopra le righe che sfiorano quasi il ridicolo. Sono personaggi poco credibili e abbastanza mal recitati.
L’occasione però permette a Altman di fornire un quadro politico e sociale degli Stati Uniti dell’epoca a dir poco disastroso. La corruzione e il malaffare regnano sovrani (dopo gli italiani e gli ebrei di Leone ora anche i neri di Altman), le elezioni sono platealmente truccate e si uccide per pochissimo nell’indifferenza e nell’impunità generali. Va a finire che la sgangherata moglie del ladrucolo diventa la persona più sana e più umana del film.
Ne viene comunque fuori un quadro così desolante che fa effetto vedere i jazzisti che suonano, fanno arte fregandosene di quello che avviene intorno. Certo l’arte è l’unica attività che nobilita e lega in amicizia e in comunità le persone ma appare come chiusa in se stessa nella propria torre di avorio, ininfluente sulla vita e sulla realtà. Non ci vuole molto a fare un parallelo con il presente. Non è che anche noi siamo lì che ci divertiamo, ci distraiamo mentre tutto intorno si uccide, si ruba, tutto cade a rotoli?

wallace'89  @  04/06/2009 13:28:53
   7 / 10
è una piacevole commedia gangster ambientata nei mitici(cinematograficamente parlando) anni '30 diretta da Mr Robert Altman, ma niente di troppo incisivo, si limita a non andar troppo oltre la fotografia d'epoca,di suo il regista ci mette la consueta ironia e una protagonista inconsueta nel genere.Vale soprattutto per il bel cast(Jennifer Jason Leigh,Miranda Richardson,Harry Bellafonte,Steve Buscemi) e la straordinaria colonna sonora Jazz, belli i duelli musicali a colpi di sax.

Invia una mail all'autore del commento wega  @  28/09/2008 13:05:56
   8 / 10
Be' io sono sempre succube al fascino delle fotografie anni '30. Non un capolavoro, da Altman ci si aspetta sempre una critica che metta il pepe al ****, invece oltre ad una foto dell' epoca -probabilmente sottesa da una personale percezione storica del regista, vedi il jazz come protagonista del cast- oltre ad uno spaccato d' America durante il proibizionismo, tanto non va.
Commedia drammatica con venature gangster, che propone comunque al pubblico gli schemi convenzionali con qualche variante: è la donna ad assumersi le vesti eroiche nei confronti dell' uomo e sono i neri a farla da padrone. Personalmente non avevo mai visto un' organizzazione di gangster di persone di colore. Esce un particolare rapporto tra vittima e "carnefice", un rapporto quasi di fiducia, la moglie del politico sarebbe potuta scappare in tante occasioni ma non lo farà mai; ed il finale nasconde tutta l' ambiguità della morale dell' essere umano. L' otto lo raggiunge la fotografia, molto bella.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  02/03/2008 14:34:07
   7½ / 10
Sorrido al pensiero di questo minuscolo gioiello nella carriera di Altman.
Sorrido poiché ne conservo un bel ricordo, dato da quell’attrice meravigliosa che è Jennifer Jason Leigh e quel personaggio umano e grottesco che possiamo accomunare benissimo a tanti altri dei film del regista.
Significativo il particolare dei denti marci di lei nonché dell’interesse anatomico che permea l’intera pellicola (il fegato per esempio). Un’abilità notevole quella del grottesco come metafora e proposta di risoluzione di una società che è ostentazione inconsapevole di marciume patinato.
Jazz come risposta al razzismo, rivendicazione che strumentalizza la Musica, l’arte delle Muse che in Altman assume sempre un aspetto sacrale prontamente corrotto dall’egocentrismo dei personaggi.
Ed ecco uscirne un romanzetto semplice, ma dignitoso soprattutto per il finale straordinario.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  25/09/2007 17:05:45
   7 / 10
E' indubbiamente meno accattivante e spettacolare di "Cotton club" di Coppola - a cui sembra fare involontariamente il verso, ma anche molto meno manierato.
Un film piacevole, con un'ottima colonna sonora e buoni interpreti (Jennifer Jason - Leigh, io l'adoro...), ma anche girato con una professionalità poco incisiva, quasi incompiuto pur nella notevole durata.
C'è l'impressione che poteva essere un capolavoro, e che Altman - come spesso accade - butti via in parte il suo enorme talento. 7 di stima.

Beefheart  @  26/03/2007 21:41:20
   7 / 10
Una commedia, tendente al gangster-movie, tipicamente altmaniana. In questo film il regista si concentra sulla malavita e la corruzione dell'America degli anni 30, parlandone con la consueta ironia che contraddistingue le sue sceneggiature ed i suoi personaggi. Tra gli interpreti più famosi spiccano Jennifer Jason Leigh, Harry Belafonte e Steve Buscemi, in un ruolo marginale ma azzeccatissimo. Gli eventi, fondamentalmente drammatici, si svolgono scanditi a ritmo di jazz ed il Be-Bop dei sax, impegnati in epici duelli sonori, corre rapido e fluido senza lasciare allo spettatore il tempo e la voglia di elucubrare e trascendere in tragedia. La struttura, al solito, è ricca di flashback e storie secondarie convergenti che, gradualmente, completano un quadro narrativo pungente, cattivello, fruibile ed efficace. Decisamente riuscito.

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