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Un tipo di cinema sofisticato che ha diversi punti di contatto con Ozon, Kieslowsky, Cayatte, Resnais, persino Bergman... beh se questi nomi vi lasciano indifferenti non è un film che fa per voi. La critica è andata in visibilio, il pubblico francese ha riempito le sale e... nessuno dubita della sincerità che invade questo microcosmo privato e autobiografico (vicenda realmente accaduta a V. Donzelli e consorte) resta il fatto che il film può essere un'esperienza tanto intensa quanto irritante, per chi ha scarsa dimistichezza con il minimalismo di questo tipo di film. Forse le intenzioni erano queste: alleggerire il peso della vicenda da una parte con una smodata ironia, o appesantirlo con un dramma nel dramma. Si capisce anche dalla musica, che sconfina nel punk, nella musica classica nel lounge e strappa consensi al pop francese à la Benjamin Biolay tanto in voga. Oltretutto questo diario privato con tanto di voci-fuori campo risulta - per quanto mi riguarda - del tutto superfluo. Fa pensare a certi bestsellers internazionali che vendono milioni di copie e di cui il film tenta di discostarsi come può. E' proprio l'epilogo, letteralmente splendido, a restituire un senso alla vicenda, o a questo modo anomalo, ora ortodosso ora bizzarro, di raccontarla