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Quoto chi ha detto che è "solo un film spontaneo", nel bene e nel male.
Minimale, libero, leggero nel suo trattare temi pesanti, tratto da una storia vera, si lascia vedere e risulta pure piacevole, ma tutto 'sto successo in patria non lo capisco molto.
Un dramma raccontato in maniera solenne e riservata, lasciando da parte le sequenze strappalacrime. Complimenti agli attori, bravi nel mostrare i momenti di debolezza e di forza dei protagonisti.
"Perche è capitato a noi? " "Perché noi possiamo farcela".
Togliamo "je t'aime" , Giulietta e Romeo e solite canzoni ultra sdolcinate tipiche francesi... La battaglia è filmata bene e coinvolge tantissimo. Bellissima la canzone finale, devo scoprire come si chiama.
Io concedo a prescindere una visione a tutti i film tratti da storie vere. Questo non mi è piaciuto per i toni melodrammatici in cui scade (nella parte centrale) e per la colonna sonora quasi inascoltabile (tolti un paio di brani). Toni poetici e delicati in alcuni passaggi, ma secondo me non merita un voto altissimo.
Ok, la vicenda raccontata da Valerie Donzelli è realmente accaduta a lei e al suo compagno Jeremie Elkaim, anche lui protagonista del film. Ma questo non lo esime dalle critiche. Criticabile è come la regista abbia voluto imbastire questo film, passando da una inquietante leggerezza al totale sconforto in maniera quasi caotica, scandendo la storia con una brutta colonna sonora, a parte le due canzoni cantate dai protagonisti, un ritmo che accelera e frena a seconda dei momenti e dei dialoghi con alcuni atteggiamenti che i personaggi assumono che mi sono sembrati poco convincenti. Il tema trattato è indiscutibilmente serio ed attuale ed ognuno reagisce come si sente, specialmente quando si viene toccati da vicino, ma tutto è criticabile o condivisibile, perciò le sensazioni che ho provato non mi permettono di dare un voto più alto.
come ho letto nei commenti qui sotto e in alcune recensioni questo film è veramente un inno alla vita. Con una dolcezza, una tenerezza e una semplicità disarmante ci infonde tutta la voglia di vivere, non lasciarsi andare, di non essere sconfitti e di trovare la luce anche nei momenti più bui dei protagonisti, in una storia piacevolissima e toccante. La Francia ha fatto un altro grande colpo.
Davvero un inno alla vita! E' geniale sviluppare un tema così forte in un modo così intelligente. Tante idee e stili diversi sorprendenti per quest'opera di una regista/attrice giovane e molto brava! Questo è cinema! Prendiamo esempio da questi film francesi... è possibile che non siamo capaci in Italia di fare un film semplice ma curato come questo? Il cinema ce lo siamo scordati... pensiamo solo al botteghino (soldi!). Eppure di idee non ce ne mancano!!!
Un tipo di cinema sofisticato che ha diversi punti di contatto con Ozon, Kieslowsky, Cayatte, Resnais, persino Bergman... beh se questi nomi vi lasciano indifferenti non è un film che fa per voi. La critica è andata in visibilio, il pubblico francese ha riempito le sale e... nessuno dubita della sincerità che invade questo microcosmo privato e autobiografico (vicenda realmente accaduta a V. Donzelli e consorte) resta il fatto che il film può essere un'esperienza tanto intensa quanto irritante, per chi ha scarsa dimistichezza con il minimalismo di questo tipo di film. Forse le intenzioni erano queste: alleggerire il peso della vicenda da una parte con una smodata ironia, o appesantirlo con un dramma nel dramma. Si capisce anche dalla musica, che sconfina nel punk, nella musica classica nel lounge e strappa consensi al pop francese à la Benjamin Biolay tanto in voga. Oltretutto questo diario privato con tanto di voci-fuori campo risulta - per quanto mi riguarda - del tutto superfluo. Fa pensare a certi bestsellers internazionali che vendono milioni di copie e di cui il film tenta di discostarsi come può. E' proprio l'epilogo, letteralmente splendido, a restituire un senso alla vicenda, o a questo modo anomalo, ora ortodosso ora bizzarro, di raccontarla
Attesa spasmodica di conoscere un responso di vita o di morte, nell'incrinatura dell'incertezza che annienta tutto il marginale che c'è. Visioni laiche ma non troppo di fronte al ricorso ad un paragone eloquente tra guerra privata alla malattia e guerra in Iraq. I parametri del dolore intimo e collettivo si modificano inevitabilmente nel corso della vita, suscettibili al peso che attribuiamo all'evento che infrange gli equilibri canonici. Il film racconta l'importanza delle figure esterne ma di supporto come famigliari e amici nei momenti delicati. Il pudore e l'anticonvenzionalità della risposta emotiva agli eventi stressogeni che reputiamo di fondamentale importanza per la nostra vita possono essere vissuti e trasmessi agli altri anche con altre modalità, ovviamente, ma la regista non si arroga il diritto di decretare quale sia la strategia più funzionale. I due protagonisti vincono la loro guerra personale, guadagnano una vita sacrificando il resto. Perdono la propria unione. La Donzelli è ispirata, il tema le è caro, sembra, molto più che ad una regista e sceneggiatrice che intende raccontare "una" storia. Assieme a Jérémie Elkaïm ('Polisse') rappresenta la sua storia, con impeto, coraggio e un briciolo di nonsense. Lo stile tuttavia non conquista in toto, tra crudo esame di realtà, voci off che strizzano l'occhio a certi canovacci narrativi della Nouvelle Vague a cui si accompagnano stacchetti da videoclippone che fan tanto sprazzo di modernità. Insopportabile l'intermezzo cantato (devo ancora capire cosa significhi "adoro il tuo **** quando bevi") così come i movimenti sincronizzati dei protagonisti, tali da indicare modalità di reazione comune al peso di un'attesa. Se il tentativo è (e, dannazione, è!) di sprigionare compartecipazione, malgrado la sincera e a tratti travolgente spontaneità il film risulta dunque scarsamente empatico vittima probabilmente di un eccesso di volontà di discostarsi dalla retorica. Tutto ciò è paradossale, ma il film trabocca di forzata originalità che sa tanto di sconfinamento nell'ostentazione. Fin dall'inizio stride la scelta simbolica dei nomi, sorta di simbiosi etimologica tra chi ha scritto "nel sangue" del ricorso tragediografo che è destinato a soffrire perché può sopportarne il peso. Inoltre rispetto ma non condivido le reazioni al dramma e al sospiro di sollievo (tanto in un verso quanto nell'altro). Quando tre anni fa è uscito 'Lo spazio bianco' (che assomiglia molto al film in questione) la reazione di critica e pubblico è stata tiepida, eppure trovo la pellicola della Comencini più riuscita.
e dalla francia arriva l'ennesimo capolavoro,mentre noi rimandiamo garrone a settembre!! storia toccante,un pugno al fegato,raccontata con semplicita' e amore. assolutamente da vedere
Sconvolgente a dir poco. A lasciare straniati non è tanto la bieca follia del male in-curabile che colpisce un neonato, quanto l'accettazione e le conseguenti scelte comportamentali dei genitori, due monumenti d'integrità che lottano senza sosta in una guerra, questa sì, davvero spietata. Una rappresentazione pudica, delicatissima e rispettosa del dolore, senza piagnistei, piena di incrollabile spirito di sopravvivenza e di forza di volontà. La scelta di non mostrare i retroscena più angoscianti del calvario non è un semplice espediente per racimolare dell'ottimismo ruffiano ma il tramite per portare a fine un'avventura straordinaria affrontata sempre in maniera vitale, nonostante tutto. Un film fisico, profondamente vissuto dai due protagonisti che hanno portato sullo schermo la loro vera battaglia. Una vittoria, senza dubbio. Uno stile ardito e raffinato, musiche perfette; unica pecca: la voce narrante in stile "Amelie", un po' pedante, inutilmente favolistica. Resta uno dei film più intensi, emozionanti e toccanti dell'anno.