la signora di shanghai regia di Orson Welles USA 1948
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la signora di shanghai (1948)

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locandina del film LA SIGNORA DI SHANGHAI

Titolo Originale: THE LADY FROM SHANGHAI

RegiaOrson Welles

InterpretiOrson Welles, Rita Hayworth, Everett Sloane

Durata: h 1.27
NazionalitàUSA 1948
Generedrammatico
Tratto dal libro "L'altalena della morte" di Sherwood King
Al cinema nell'Aprile 1948

•  Altri film di Orson Welles

Trama del film La signora di shanghai

Una sera d'estate, a Central Park, il marinaio Michael salva da un'aggressione Elsa, moglie di un celebre avvocato. Assunto nello yacht, il marinaio avverte subito una strana atmosfera. Durante il viaggio i due si innamorano. Per procurarsi i soldi necessari a fuggire insieme, l'uomo decide di accettare il losco affare propostogli da Grisby, un socio dell'avvocato. Confidando nel fatto che un assassino non può essere arrestato finché non viene trovato il cadavere, Michael mette per iscritto di avere ucciso accidentalmente Grisby in modo che quest'ultimo possa far perdere le proprie tracce. Ma Grisby viene poi trovato morto con il cappello del marinaio tra le mani. Per Michael è l'inizio di un incubo.

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Voto Visitatori:   8,00 / 10 (35 voti)8,00Grafico
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Voti e commenti su La signora di shanghai, 35 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Thorondir  @  25/07/2018 15:29:29
   8½ / 10
Uno dei noir che ha controbuito a codificare il genere. Splendida la regia di Orson Welles, un vero maestro del cinema e interessante (seppur meno) la storia, che è il classico intrigo multiplo stile noir classico anni '40 che poi deflagra nel finale.

Visto ora soffre i suoi anni (ma siamo a 70 anni fa, si può capire), ma è un esempio straordinario di cinema classico hollywoodiano in grado di definire i canoni stessi del noird insieme a pochi altri titoli come Il mistero del falco di John Huston e Il fuorilegge di Frank Tuttle.

topsecret  @  13/11/2014 22:10:06
   7 / 10
Un noir diretto con maestria da Welles di cui si ricordano alcune scene degne di apprezzamento come quella nel finale degli specchi, tanto per citarne una, ma che mostra qualche ingenuità nei particolari sulla costruzione del processo.
Welles ci aggiunge anche degli inserti pittoreschi, quasi da commedia, nel tentativo di stemperare un po' la cappa di tensione che aleggia per tutta la seconda parte del film.
Un film che ha nei suoi punti di forza, oltre alla già citata regia, la performance del cast e in particolare quella della Hayworth e di Sloane che riescono a risultare le più incisive.
Nel complesso non mi è dispiaciuto anche se, con sincerità, devo dire che mi aspettavo più cura a livello narrativo da parte del regista, ma nonostante tutto LA SIGNORA DI SHANGHAI rimane un discreto noir d'annata che merita la visione.

Dick  @  30/10/2014 21:15:59
   8 / 10
Bel noir che mette in mostra l' egoismo dell' animo umano alternando scene d' ambientazione urbana ad altre esotiche, contrasto visivo che fa il pari con quello interiore del protagonista. Purtroppo da come ho letto la produzione tagliò circa un' ora di film!

Dompi  @  25/10/2014 20:27:36
   9½ / 10
Capolavoro.
Solo la scena degli specchi vale l'intera visione del film.

Woodman  @  30/07/2014 22:06:07
   9½ / 10
Nonostante il distruttivo e impietoso scempio imposto dalla Columbia, timorosa di perdere una delle star di punta visto il ruolo non propriamente positivo della Hayworth, "The lady from Shanghai" si è rivelato longevo, una splendida vittoria sul tempo.
Un'accozzaglia di resti, non certo il film voluto dal titanico, prodigioso artista. Un'accozzaglia di frammenti di alta classe, di straordinaria coesione e simbiosi fra tutti i mezzi.
Un capolavoro, nonostante sia un minore di Welles, sopravvissuto e mantenutosi tale nonostante sia un dipinto sfregiato, una statua smembrata, una poesia graffiata dalla penna.
Un incrocio eccitato fra espressionismo tedesco di implicita deformazione individuale e ridicolizzazione sociale e le sovrapposizioni di piani dell'anima in tempesta di kandinskiana memoria.

Film costantemente e quasi totalmente double face, di un'ambiguità radicale e pura, emanata da un'invisibile ma sensoriale e tangibile essenza, da strani moti impliciti alla pellicola, non da escamotage esterni.
La doppiezza è lo scheletro dell'opera, riscontrabile tanto nel contenuto quanto nella forma.
Schematica ed emblematica metafora dell'implacabile e inconcepibile orrore umano.
E in quante sfumature viene proposta! Basti solo pensare alla Hayworth platinata con mise da pin-up, hollywoodiana a regola d'arte, inserita in un'atmosfera di suggestivo esoterismo, da Shaharazade, uno sconcerto e una stravaganza oscillante fra il ridicolo e lo sperimentale, quasi un esperimento pop ante litteram. Che genera ovviamente un'ulteriore ambivalenza, una straniante squisitezza, nientemeno che un'ossimorica sensazione.

Un'orchestrazione a dir poco magica ci trasporta in un clima nero e glaciale, nel quale si dirige e si muove - con rassegnazione, apatia e malinconico terrore - il fascinoso Welles, uno stupido, un sognatore confuso, un ingenuo, fra trappole, rivelazioni, scenari tenebrosi.
Una polifonia e una miscela malsane e sempre sorprendenti e golose si susseguono e si accavallano minuto dopo minuto. Si procede assistendo a una mescolanza di grottesco e farsa, di fantastico e thriller, di melò e noir.
Il disegno efficacissimo dei personaggi è l'ennesima carta vincente, rifuggendo infatti il consueto (allora) binomio manicheista, che avrebbe snaturato e tradito la natura del film.
Il concetto illuminante e permeante l'intera vicenda è assolutamente pessimista e annichilente: Welles illustra attraverso i codici della fiaba e del nero la piccolezza e l'inettitudine umana, l'impossibilità di vincere in un duello fra uomini a meno che non sopraggiungano la resa o la morte.
E questo incrocio fra un doloroso e urente nichilismo e un aleggiato e risonante darwinismo è espresso infallibilmente dall'impossibilità di redimersi che nello storico e immortale finale mette in luce la sostanziale vacuità dell'essere umano, destinato a frantumarsi come uno specchio bidimensionale, ad andare in pezzi, annullandosi seguitamente alle proprie gesta, in un tripudio di corruzione, sadismo, opportunismo, immoralità, insicurezza, impotenza e anarchia.
Fra echi di scioccante e ironica antropologia dostoevskiana le forze del bene e del male perdono i propri tratti, i confini, si smarriscono assieme alle supposizioni create sui personaggi, che arrivano alla morte lasciandoci a malapena il tempo di accendere l'empatia, mentre dilaga la perversione più illogica, graffiante come artigli di predatori insaziabili e inavvertiti, diretti verso lo scivolo dell'inferno, inciampicanti e sempre meno lucidi verso l'epilogo della loro astrattezza.
E alla fine ancora non siamo certi che il marinaio abbia imparato la lezione. Non siam certi se delle esperienze si fa tesoro per abbandonarsi consapevolmente nelle braccia del male, anzichè scansarlo.
Se il consegnarsi volontariamente all'implacabile ferocia dei nostri simili sia una volontà, ancor prima che un'ineluttabilità.
Oppure un semplice, comune, leggerissimo errore. L'errore umano, un soffio di vento che provoca l'effetto domino, abbatte gli uomini come pedine. E che va accettato, con rassegnato silenzio, con sudditanza e approvazione, consci dell'inevitabilità (auto)distruttiva connaturata in noi, con lo sguardo invalicabile del poderoso Welles, diretto verso il caos, forse peggio dell'inferno vero e proprio.

L'inferno non può essere peggio della vita.

Miracoloso.

hghgg  @  05/02/2014 13:25:58
   8½ / 10
L'hanno osteggiato, ostacolato, gli hanno tagliato i fondi, gli hanno troncato intere scene, hanno continuamente tentato di tarpargli le ali e, in parte ci sono anche riusciti; tutto perché con il suo film d'esordio aveva cambiato, rivoluzionato e rinnovato il Cinema, aveva dato il via alla cinematografia moderna, si era spinto, per i cinefili "benpensanti" dell'epoca, fin troppo oltre. Eppure il genio cinematografico di Orson Welles era tanto da non poter mai essere completamente bloccato, trovava sempre il modo di venir fuori, prima o poi, durante un suo film. Anche qui, in questo gioiello che se fosse stato completamente gestito da Welles (a proposito, ecco un altro motivo per cui amo la "New Hollywood" l'auto-gestione totale delle proprie opere da parte dei registi) sarebbe stato un vero e proprio capolavoro.
Si tratta comunque di un grandissimo film, che pecca solo in una sceneggiatura per forza di cose a volte troppo confusa e traballante nella prima parte, che non riesce a rendere chiaramente la complessità e la raffinatezza dell'intreccio di base, e un montaggio raffazzonato e di pessimo gusto e qualità (certo, non ai livelli dello schifo perpetrato ai danni de "L'orgoglio degli Amberson") che spezza il ritmo e rende la visione non sempre chiara e liscia come l'olio. Ma nella parte finale il genio di Welles esce comunque, potente e preponderante, inarrestabile come uno tsunami. Tutta la sequenza del processo è eccellente e addirittura sublime è il finale con la celeberrima sequenza nella sala degli specchi, meraviglioso e luminoso esempio di pura arte cinematografica dove la tecnica registica di Welles tocca ancora una volta punte vertiginose, con una sequenza e uno stile di inquadrature che personalmente inserisco tra i più bei momenti e tra le più belle sequenze della storia del cinema (questa mia personale lista è a dire il vero bella piena di Orson Welles). Il tutto accompagnato anche dall'ottima performance degli attori, lo stesso Welles in primis ovviamente, completo ed eccellente come attore quasi quanto lo fosse come regista ci regala un'altra splendida interpretazione sotto la direzione di se stesso, dopo quella immensa in "Citizen Kane". E Rita Hayworth, all'epoca ancora sua compagna di vita (per poco)... sotto la sua direzione esplode tutto il suo talento e la divina bellezza degli anni '40 ci regala la sua più grande interpretazione, bionda algida, gelida e crudele calcolatrice, la Hayworth è semplicemente perfetta. Così come lo è Everett Sloane che chiude il terzetto degli attori e personaggi chiave del film.
Un film nero, di perdizione e meschinità, di inganno e crudeltà, senza luce in fondo al tunnel, senza redenzione e senza perdono è un film che mette in mostra tutta la freddezza dell'animo umano e si chiude con un finale cupo e pessimista, amaro e senza speranza. Un finale crudo e splendido in una freddezza che alla fine si trova a dover utilizzare anche lo stesso protagonista (Welles).
Un grandissimo film dunque, peccato solo per una prima parte solo più confusa e meno riuscita che abbassa parzialmente il valore del film, purtroppo vittima dei soliti problemi di Welles con le case di produzioni, pochi fondi, tanti tagli, ma fortunatamente, genio illimitato.

ZanoDenis  @  25/08/2013 12:27:08
   9 / 10
Un altro grandissimo film di welles, regia superba, interpretazioni favolose, e storia veramente intrigante.

Invia una mail all'autore del commento tnx_hitman  @  11/04/2013 20:33:47
   8½ / 10
Quattro personaggi che giocano al gatto e al topo,si rincorrono l'un l'altro per scannarsi e prevalere come individuo che sa stare al mondo.
Doppi-giochi,battute graffianti,intrighi articolati e colpi di coda in un triangolo particolare formato da un irlandese sognatore e romantico,un avvocato di incontestabile moralità e capacita di giudizio,la moglie di quest'ultimo vittima incompresa,e con l'aggiunta di un personaggio chiave burattinaio che tira le fila di tutti questi rapporti si susseguono in questo contorto costrutto di script a cura del grandioso Welles,che possiede ora nel suo mazzo di carte da giocare una Rita Hayworth impeccabile femme fatale di gran classe,che è agghiacciante quando sprigiona un lato oscuro inaspettato dopo essere stata inondata da una fotografia limpida e solenne e da intensi,dolci e calororsi primissimi piani che lo hanno accompagnata per quasi tutta la durata di film.

La pellicola è densa di metafore pregevoli che sottolineano il disordine che risiede nella apparentemente inattaccabile natura umana(non si può non citare il racconto diegetico da parte di Welles stesso ovvero l'episodio dei pescicani).

La suspence è ben calibrata(soprattutto nei dialoghi fra Michael e Grisby,tutto incentrato su uccisioni e soldi,soldi e uccisioni,disturbanti e al contempo intriganti che catturano l'attenzione dello spettatore sempre più coinvolto nella vicenda) per poi sfociare in un finale di tutto rispetto,un delirio visivo sconvolgente,un virtuosismo registico che valorizza un'ambientazione fantasiosa,spiazzante,che fa perdere la bussola ad uno spettatore(la stanza degli specchi)che si rende conto di non visionare solo un discreto noir... ha bisogno di elogio continuo.

La Signora di Shanghai è il solito geniale prodotto di un Orson Welles instancabile e che spazia da genere in genere senza perdere il suo tocco fascinoso.

Recensione dal vostro tnx di fiducia.

Goldust  @  30/07/2012 12:28:07
   8½ / 10
Ingarbugliato dramma-nero di spettacolosa forza visiva, un capolavoro sfiorato che ancora oggi mantiene un fascino eccezionale . I meriti sono da suddividere tra l'impareggiabile barocchismo estetico di Welles, che si conferma dopo Citizen kane e l'Orgoglio degli Amberson, e lo straordinario sex-appeal della Hayworth, che non risente minimamente della strasfigurazione di look ( capelli biondi, perdipiù corti ) pensata per lei dall' ( allora ) marito - regista.
Grande performance di Everett Sloane ed indimenticabili almeno un paio di scene ( il rendez - vous nell'acquario, la resa dei conti nella sala degli specchi ), oltre al bellissimo monologo sulla famelicità degli squali.
Unico rammarico, un plot che nella seconda parte si fa inutilmente complicato, tanto che le spiegazioni più importanti vengono lasciate alla voce fuori campo del protagonista.

Invia una mail all'autore del commento Suskis  @  09/02/2011 00:06:05
   8 / 10
Vari i difetti che però non pregiudicano la bellezza di questo film. Magnifica fotografia, purtroppo montata a volte con una velocità esagerata che fa rimpiangere quel che si riesce a malapena a scorgere. Personaggi notevolissimi ma una trama che si intrica oltre ogni credibilità. Cambi di registro non sempre riusciti. Qualche sequenza eccezionale ed il finale immortale. Una voce narrante che (come tutte le voci narranti) trovo pedante, anche se forse all'epoca suonava diversa da ora. E pure bionda la Hayworth è notevole anche se troppo diva da non stonare. Da vedere in ogni caso.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  21/12/2010 16:29:43
   8 / 10
Se si parla di Orson Welles si parla di uno dei più grandi artisti di sempre,ma anche del più grande rammarico della storia del cinema; purtroppo è così,e non sapremmo mai cosa avrebbe potuto combinare con l'appoggio degli studios,budget almeno sufficienti e completa libertà artistica. Però quello che ci ha lasciato pur se spesso incompiuto è di una potenza sbalorditiva sublime sotto tutti gli aspetti.
Anche La signora di Shanghai ha avuto i suoi grossi problemi di tagli e distribuzione: si parla di una versione voluta da Welles della durata di due ore e mezza accorciate poi a nemmeno 90 minuti,di musiche sempre non scelte dal regista. Inutile dire che in un film così assurdo nel plot e nello stile visivo barocco un certo effetto deleterio queste scelte lo compiono,lasciando difatti un risultato finale non proprio omogeneo.
La trama è un esagerazione continua,fatta di intrecci amorosi e d'affari che si riesce a seguire con scioltezza fino alla seconda metà del film ma poi tutto diventa assurdo e confuso,si perdono passaggi importanti oppure vengono completamente saltati e si assiste ad un mezzo delirio in cui Welles gioca a fare il ciarlatano e l'artista. Basta assistere a due scene per rendersene conto,cioè il processo e il finale tra gli specchi: la prima è degna di una commedia con i personaggi che diventano buffoni,nella seconda tutti i nodi vengono al pettine con delle immagini suggestive che giocano con gli specchi,da annoverarsi tra le più famose di sempre. Davvero è difficile capire cosa Welles avrebbe fatto con la sua "versione",ma affrontare un noir in questa maniera giocando con elementi caratteristici del cinema (e pure della vita vera) è quantomeno ammirevole. La Hayworth diventa una femme fatale irriconoscibile coi capelli tagliati e biondi ma sempre dalla bellezza magnetica,pur se resa più umana rispetto al prototipo della donna traditrice (ma rimane sempre una traditrice). Welles si allontana dal tipico personaggio forte e furbo per interpretare un ingenuo romantico,anche lui magnetico con la sua prova attoriale e la voce fuori campo spesso presente.
Assurdo come sia rimasto congelato per due anni perché il capo della Columbia fu scioccato dal cambiamento apportato alla Hayworth.


In mezzo ad esagerazioni varie e passaggi non chiarissimi,il semplice (si fa per dire) senso finale de La Signora di Shanghai ce lo dice Michael O'Hara in una famosissima battuta:

"Sentite: un giorno, lungo le coste del Brasile, vidi l'oceano così pieno di sangue da sembrare quasi nero, mentre il sole tramontava in un cielo di fuoco. Ci ancorammo a Fortaleza, e alcuni di noi presero le lenze per pescare. Fui il primo ad afferrare qualcosa: era un pescecane, e poi ne venne un altro, e poi un altro ancora. In un momento, tutto il mare era pieno di pescicani, e ne venivano sempre altri, l'acqua ne era coperta. Quando il mio pescecane poté liberarsi dall'amo, aveva una larga ferita dalla quale perdeva sangue in abbondanza, e forse l'odore del sangue eccitò gli altri. Cominciarono a divorarsi fra di loro... e persino a mordere se stessi. Si sentiva nell'aria la follia del sangue che saliva fino a noi: un cupo alito di morte gravava tutt'intorno. Non ho visto mai cosa più orrenda, prima del picnic di questa sera... E badate bene, neanche uno dei pescicani di quel groviglio in furia sopravvisse."

paride_86  @  28/10/2010 21:48:25
   7 / 10
Affascinante noir di Orson Welles, "La Signora di Shanghai" è soprattutto un film che non può prescindere dalla diva che lo interpreta: Rita Hayworth.
La storia è intricata, conturbante, e conquista anche per le ambientazioni e le scenografie.
Certo, bisogna pur dire che oggi, "La Signora di Shanghai" - a differenza di altri film del Maestro - è invecchiato molto, soprattutto a livello narrativo: la voce fuori campo che accompagna continuamente il film è davvero obsoleta, anche perché anticipa fin da subito un intrigo legato ai protagonisti.
Da vedere soprattutto per Rita Hayworth, bella e brava.

JOKER1926  @  17/09/2010 16:56:11
   6 / 10
Orson Welles, famoso regista del Cinema americano di un tempo confeziona una pellicola molto famosa, "La signora di Shanghai", il film fu apprezzato, ancora oggi è apprezzato ma le pecche attenzione, sono dietro l'angolo.
Infatti "La signora di Shanghai" nonostante la confezione tecnica da applausi con una fotografia bellissima, attori in gamba e scenari magnifici, splendidamente fotografati il film mostra tutta la sua superficialità sul piano del contenuto.
Prima di tutto da specificare che il film di Welles è un prodotto Thriller/Drammatico molto comune e poco caratteristico, comunque ciò che lo rende scadente sul piano contenutistico e la trama più che intricata molto balorda e approssimativa.
Un giro pazzesco di passaggi bizzarri e privi di logica spiegazione portano lo spettatore ad un epilogo con un mezzo colpo di scena prima della scena onirica degli specchi che, seppur parzialmente, salva "La signora di Shanghai".

Il film robusto sul piano tecnico delude per via degli sviluppi, noia quasi sempre presente, insomma ritmo davvero basso per una pellicola troppo stimata ma degna di un abbondante ridimensionamento.

BlackNight90  @  09/09/2010 02:13:49
   8 / 10
Si dice che il capo della Columbia, società per la quale Welles girò questo film, non avesse capito nulla del film a tal punto da offrire 1000 dollari a chi gliel’avesse spiegato:e in effetti, oltre al fatto non trascurabile delle sforbiciate inflitte dalla produzione (oltre un’ora di pellicola), ennesimo danno alla genialità di Welles, è vero che questa storia risulta un po’ complicata e cavillosa, a volte pure stralunata, ma l’impressione è che sia un effetto in parte voluto dal regista per confondere e smarrire il suo protagonista e di conseguenza lo spettatore.
Ad esempio sono estranianti le scene nei luoghi esotici e nei bassifondi dei paesi del Centro America visitati dai naviganti, così diversi dal rassicurante contesto delle città americane, è quasi allucinante la bellissima sequenza nell’acquario con quel gioco di luci e di ombre, sono inquietanti i primi piani così ravvicinati dei volti sudati e sporchi, non certo belli a vedersi, dei luciferini Sloane e Anders.
Dalle scene del processo in poi comunque quest’intenzione è palese, sia nel tono farsesco e impotente verso il protagonista con cui si svolge (omaggio al Kafka che insieme a Shakespeare sono i veri maestri letterari di Welles), sia per le scenografie espressioniste del luna-park che anticipano quelle che metterà nel suo Processo.
La regia barocca di Welles è ancora una volta perfetta e perfettamente funzionale, e quando mai non lo è?
Rita Hayworth è meravigliosa nel ruolo della dark-lady, la sua chioma bionda e corta ha fatto scalpore e chissà forse c’è anche un pizzico di bastardaggine di Welles che le aveva imposto di tagliarseli dato che al tempo erano sposati ma sul punto di divorziare.
Welles attore invece sembra poco convincente e fuori ruolo, ma forse perché la sua megalomania me lo fa vedere sempre in maniera diversa.
E’ un noir anche molto personale visto che affondando piano piano (troppo piano comunque) nel torbido di questi personaggi malvagi e autodistruttivi, squali che si divorano tra di loro, Welles inserisce chiaramente l’invettiva contro quel sistema che ha rifiutato e disprezzato il suo genio e lo ha costretto ad emigrare.
Per fortuna rimane, ed è tanto contando che i tagli contribuiscono a non farne uno dei capolavori di Welles, quel finale fantastico e caleidoscopico degli specchi (finale tra l’altro omaggiato in maniera non proprio originale da Allen in Misterioso omicidio a Manhattan), in cui sembra che la malvagità si moltiplichi all’infinito così come le numerose identità dell’essere umano.

pinhead88  @  06/09/2010 00:17:25
   7 / 10
Discreto film di Welles, non tra i suoi migliori. Trama molto ingarbugliata, ma che non offre particolari momenti di suspance. Un noir poco avvincente nell'insieme, ma con un'ottima sequenza finale e una spettacolare, come sempre, Rita Hayworth.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento matteo200486  @  10/02/2010 09:49:26
   8 / 10
Buona pellicola di Orson Welles.
Un noir atipico e particolare che offre momenti di grande cinema (la scena finale è stupenda). Welles mi sorprende per la sua poliedricità artistica di livello assoluto: ottimo regista, grande sceneggiatore e ottimo attore (e a differenza di molte sue grande opere in questo caso non è scrittore del soggetto).
Trama intricata che coinvolge e appassiona. Bellissima e magnetica la Hayworth che rapisce con il suo sguardo.
Bello nonostante non tocchi le vette dei suoi capolavori.

MidnightMikko  @  21/01/2010 15:00:35
   8 / 10
Questo film è certamente un'opera minore di Welles,che non vuol dire che sia un brutto film,anzi! C'è sempre la grande regia "barocca" di Welles,una caratterizzazione notevole dei personaggi (peccato solo per il personaggio di Welles,un pò troppo debole nell'incarnare "l'agnello sacrificale" della situazione). Ottimo il soggetto,ma molto intricata la sceneggiatura,altro punto un pò debole del film. Devo dire che nella prima parte (quella della crociera) il film si perde un pò,ma nella seconda parte raggiunge un livello di suspense notevole,che sfocia nella scena finale degli specchi.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  04/11/2009 11:50:49
   8 / 10
Poca importa per la storia stramba e intricata; ma importa più per la bravura con cui essa viene raccontata.
La capacità di Welles di dipingere i suoi personaggi, calandoli in atmosfere che si trasferiscono dalle ambientazioni noir a quelle d’un incubo, è straordinaria.
Per ogni soggetto usa una tempera diversa. Le asfissianti conversazioni ravvicinate tra Grisby e Michael, concentrano tutta l’ambigua tensione che pervade la pellicola.
E’ curiosamente proprio Michael, il personaggio interpretato dallo stesso regista (che solitamente è quello più interessante), forse il meno riuscito.
I luoghi divengono cornici barocche e movimentate, bizzarri fondali che fanno d’accompagnamento alle azioni di queste persone-pescicani.
Suggestivo l’incontro all’acquario. Meraviglioso il finale tra gli specchi, con l’immagine moltiplicata dei due “diabolici” che si puntano le pistole. Una sequenza che da sola varrebbe senza dubbio l’intera visione.

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  23/08/2009 16:40:19
   8 / 10
Bello. Davvero un buon lavoro del grande Orson Welles.
Buona storia e grande cast. Alcune sequenze davvero memorabili.
Da vedere sicuramente.

DarkRareMirko  @  04/06/2009 23:12:39
   10 / 10
Ingiustamente considerato come tra i film soltanto buoni del grande Welles, questo THE LADY FROM SHANGHAI è invece un'altra dimostrazione della magia del buon Orson con la mdp, qui esprimibile sopratuttto riguardo al finale, originalissimo e girato da Dio, con gli specchi.

La storia è a dir poco complicatissima ma, insomma, meglio questo tipo di sceneggiature piuttosto che andarsi ariferire al banale.

Ottime anche le prove dei due attori protagonisti.

Binomio qualità tecnica/grandi contenuti ancora una volta pienamente centrati da Welles ed il suo cinema.

Un suo capolavoro "minore", passo solo questo termine riguardo a questo lungometraggio.

Visione imprescindibile.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  06/05/2009 22:09:19
   8½ / 10
-“Ma perché ride?”
-“Perché muoio”

Vedere Rita Hayworth trasfigurata da “dark-lady” fa un bell’effetto, ad onta dei timori e delle remore che all’epoca aveva manifestato la produzione. Ma i pregi de “La signora di Shanghai” vanno, ovviamente, oltre. E’ tutta l’aura che ammanta questa pellicola ad avere un impatto efficacissimo: un fascino oscuro che promana dalle caratterizzazioni dei personaggi e dalla costruzione scenica di gran parte delle ambientazioni.
Ogni primo piano rivela un dato peculiare del soggetto inquadrato: di Michael (un “adorabile sciocco”) l’ingenuità mista al disorientamento indotto dal progressivo (e imprevisto) disvelamento delle personalità; di George il suo essere luciferino; di Rita l’aspetto conflittuale tra la tensione al male e quella all’amore; di Arthur il contrasto tra un senso di sopraffazione e possessività e quello, opposto, di soggezione riveniente dal suo sentimento nei confronti della donna amata. Come funzionalmente collegate a queste articolate caratterizzazioni, si pongono talune sequenze: su tutte quella dell’acquario, dove i giochi di luci, ombre e rifrazioni contribuiscono a calare i 2 attori in un’atmosfera di ambiguità e vaghezza (con l’effetto suggestivo dei pesci e delle testuggini che si muovono dietro di loro); e poi quella celeberrima (omaggiata da Woody Allen in ”Misterioso omicidio a Manhattan”) degli specchi, dove la rocambolesca e spettacolare sparatoria assume una forte connotazione metaforica. Bellissime, inoltre, quelle inquadrature che, ora dal basso ora dall’alto, riprendono in certi frangenti i dialoghi tra Michael e George, mettendo in risalto sia l’ambiziosità sia la follia dei piani “diabolici” del secondo.
Un “noir” indimenticabile, giocato su un intreccio di intrighi che si risolvono in una serie di omicidi aventi per vittime gli stessi artefici, visti negativamente, nella similitudine degli squali, come animali famelici destinati ad un reciproco annientamento.
La chiusa, nella sua forma didascalica, è la giusta conclusione per un’opera dall’impianto narrativo imperniato sulla voce fuori-campo.

xxxgabryxxx0840  @  23/04/2008 01:01:43
   7½ / 10
Lo considero un film non pienamente riuscito di Welles. Si, ci sono alcuni particolari che lo elevano sopra le righe, ma per me è un Welles minore....che rimane comunque maggiore di un'infinità di moltissimi altri film!! :))

Invia una mail all'autore del commento wega  @  03/03/2008 12:23:50
   8 / 10
Difficile la valutazione di questo noir un pò atipico, tecnicamente è un rodaggio di una buona parte di tutto quello che ritroveremo un decennio più tardi in quel meraviglioso film che è "Touch of Evil", dai particolari piani sequenza iniziali, quella particolare miscela di chiaroscuro rappresentante il bene e il male che qui troviamo nella sequenza dell'acquario alle incredibili inquadrature dei primi piani, che oltre Leone, credo siano stati ripresi ancora prima, addirittura sì, da un certo Kurosawa.
Insomma Welles è stato il punto di riferimento di tutti i più grandi registi venuti dopo, da Kubrick ed anche appunto Kurosawa, oltre per alcune inquadrature anche per dei particolari effetti di carrellata.
La sceneggiatura di questa pellicola è francamente difficile da seguire, non c'è spazio per le disattenzioni, ma la sua particolarità, e il buon gioco di incastri alla fine ripaga lo sforzo.
A suo sfavore, per quanto mi riguarda è parte delle ambientazioni, non ho mai amato i "boat-movie", e Welles diciamocelo, in vesti di marinaio se non timoniere non ce lo vedo proprio.
Un noir atipico anche perhè Orson è stato costretto a non tralasciare il divismo della Rita Hayworth, una prerogativa non proprio appartenente a quel filone cinematografico, lo si capisce dai primi piani, lei è sempre ripresa attraverso lo charme che può dare un mezzo o quarto che sia, filtro nebbia, è stata anche costretta a cantare..non considero questa opera un capolavoro, perchè come nei minori di Hitchcock, ci sono in più punti, specifiche "trovate", ben distinte dal resto della pellicola, che anche se geniali e stupefacienti, appunto mi danno quel senso che mi fa valutare un minore l'opera di Hitch, sostanzialmente la differenza che c'è tra l'Hitchcock inglese e quello Hollywoodiano.
Deliziosa comunque la celebrazione ironica del Kafkiano processo alle parti, dove appunto c'è la diabolica e macchiavellica accusa dell'innocenza di un uomo, un gran film tutto sommato, si fotta l'8 come magnifico, io non ritengo questo film magnifico, ma ottimo sì quindi il voto è comunque 8.

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Ultima risposta 08/06/2008 21.51.38
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  30/01/2008 20:03:31
   7½ / 10
Non penso che "La Signora di Shangai" sia un film incompiuto, anzi, rimane però che non è al livello dell'Orson Welles di "Mr. Arkadin".
un pò difficile da seguire nella trama, questo film rappresenta più di tutti il rapporto complicato di Welles con le donne, bellissima è la figura della protagonista (e bellissima è l'attrice che la interpreta), quasi una sublimazione artistica di un concetto primordiale che vede la donna come ingannatrice ingannata dalla sua stessa passionalità.
Bravissimo Everett Sloane e ovviamente Orson Welles.
D'obbligo la menzione alla scena finale, ripresa da Woody Allen in "Misterioso Omicidio a Manhattan" e di una suggestione strordinaria.

Ch.Chaplin  @  06/10/2007 01:40:47
   8 / 10
ho preferito sicuramente Lo Straniero, ma anche questo secondo me non delude le aspettative, sapevo che non sarebbe stato un capolavoro, ma un buon film lo è. registicamente adoro welles, e su questo punto non transige..sul plot (un po' contorto) avrei già + problemi ad esprimermi, ma nulla da dire in generale.
la hayworth, che di solito è una bellezza che non considero tale e mi infastidisce mi ha sorpreso in positivo, sia x l'interpretazione che x l'eleganza.
concordo con emans, sequenza degli specchi favoloso,sicuramente presa dall'inizio de Il Circo di chaplin

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Ultima risposta 04/11/2007 23.02.03
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  01/09/2007 19:49:16
   8 / 10
Come altre pellicole di Welles, la furia dei produttori non ha fatto eccezione nemmeno in questo caso. Un primo montaggio (di Welles) durava oltre due ore e mezza. Forse, anche con Welles in possesso del final cut la durata non sarebbe stata quella, ma è indubbio che ridurlo a meno di un'ora e mezza, può aver influito sulla sua riuscita, specialmente nel racconto, a tratti piuttosto confusionario.
Malgrado questo deficit di linearità, il film, pur inquadrandosi nel noir, mostra alcune trovate piuttosto originali, o almeno inusuali per questo genere. Un certo tono grottesco, sia nelle inquadrature sia in alcune scene come quella del processo da raggiungere livelli comico-satirici. L'uso stesso di Rita Hayworth fatto da Welles in completa antitesi dalla sua immagine usuale, ma ugualmente efficace nel ruolo di dark lady suadente con voce da sirena. La scena finale degli specchi è da antologia.

Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  @  31/07/2007 09:56:25
   8 / 10
Non sono d'accordo con le critiche ad un film che continua ad affascinare grazie alla maestria di Welles nel giocare con le proprie pedine: ecco che la Hayworth viene stravolta nell'aspetto e nei modi, ed il suo fascino da ammaliante diventa pericoloso; ecco poi che l'intricata spirale del film va verso una conclusione roboante ed inattesa per i canoni del genere, ed ecco che l'abilità tecnica di Welles si esprime in scene memorabili come le già citate sequenze dell'acquario e del luna park.
Un noir atipico ma eccellente.

Wyrael  @  12/06/2007 11:35:50
   7 / 10
Film per me troppo vecchio.
Spettacolare la scena dell'acquario!
Se non fosse perchè l'ho analizzato a scuola in un test durato 4 ore forse non l'avrei neanche mai visto...

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  22/05/2007 23:17:05
   7 / 10
film ben fatto come al solito quando si parla di Wellles ma che non è riuscito a "prendermi"!
insomma la storia non mi ha affascinato piu di tanto e anche l'interpretazione del regista mi è sembrata un po troppo fredda...
la sequenza al luna park comunque da sola vale il sette!

Gruppo REDAZIONE maremare  @  08/02/2007 00:38:34
   7½ / 10
Film non riuscitissimo di Welles, contiene in sè la sequenza memorabile della sparatoria finale nella stanza degli specchi.

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Ultima risposta 19/03/2007 17.09.24
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  07/02/2007 23:48:52
   7½ / 10
Affascinante noir dalla trama intricatissima che oggi risulta pero' particolarmente datato e risibile... per appassionarsi totalmente, è importante liberarsi dall'improbabilità della poco persuasiva vicenda... verso il finale, chissà perchè sembra ricordare Hemigwai ("To have and to have not").
Memorabile comunque la sparatoia nella giostra degli specchi e soprattutto la grande abilità antidivistica di Welles di smontare il mito di Gilda nelle vesti dell'ex consorte Rita Hayworth, facendone un vetriolico ritratto di femminilità anti.-litteram

Gruppo REDAZIONE K.S.T.D.E.D.  @  15/07/2006 02:18:04
   6½ / 10
Dell'Orson Welles di "Touch of Evil", "Quarto Potere" e "Storia Immortale", ossia delle riflessioni sulla vita o sulle ragioni di fondo che hanno spinto i personaggi a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro (vedi Quinlan), non c'è molto..


Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER...pertanto il film è particolarmente diverso da quelli citati precedentemente.
Ciò detto.. il film parte bene..cattura immediatamente l'attenzione, che successivamente, però, inizia a scemare (per quello che mi riguarda ovviamente)..fino a raggiungere la parte finale .. particolarmente ingarbugliata(forse un pò forzata).Inoltre non mi è piaciuto la parte

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER.
Tuttavia il voto non è particolarmente negativo per 3 sostanziali motivi:

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

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Ultima risposta 23/09/2008 22.56.44
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Invia una mail all'autore del commento doncorleone  @  27/02/2006 17:22:58
   9 / 10
La signora di Shanghai è un altro tassello fondamentale per chi ama il cinema di Orson Welles. Opera spesso sottovalutata e bollata con l'ingrata etichetta di minore è invece un'ulteriore riprova della genialità del Grande Orson. Buona trama, interpreti eccellenti (a proposito basterebbe lo charme della Hayworth a giustificare la visione del film), ottimo ritmo, regia da urlo ma è soprattutto la parte finale del film che regala vere e proprie perle, con sequenze da antologia che trovano il loro acme nella stracitata scena degli specchi, prova incofutabile della grandezza del pioniere del cinema moderno. Intelligenti come al solito i dialoghi e mai banali i contenuti (tutt'altro) comprese le critiche avanzate nei confronti di una classe abbiente fagocitata dall'ipocrisia e funestata da congiure intestine.
Raffinatezza.

Mpo1  @  25/01/2006 01:26:28
   8½ / 10
Un altro bel noir di Welles, che per una volta non interpreta un mefistofelico "cattivone" ma un marinaio piuttusto ingenuo (anche troppo), che viene irretito, come nel più classico dei noir, dalla fascinosa donna fatale di turno, interpretata da Rita Hayworth, ex moglie di Welles, qui bionda e con i capelli corti.
La storia è totalmente inverosimile ed incredibilmente ingarbugliata, ma il film è memorabile per alcune grandi scene, come quella dell'acquario e soprattutto la famosa scena nella stanza degli specchi.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Antoniusblock  @  26/12/2005 11:08:59
   8½ / 10
Di sicuro non il capolavoro di Wells, ma resta un bellissimo film.
Rita Hayworth é spelendida!

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