l'eclisse regia di Michelangelo Antonioni Italia, Francia 1962
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l'eclisse (1962)

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locandina del film L'ECLISSE

Titolo Originale: L'ECLISSE

RegiaMichelangelo Antonioni

InterpretiAlain Delon, Monica Vitti, Francisco Rabal, Lilla Brignone, Rossana Rory, Mirella Ricciardi, Louis Seigner, Cyrus Elias, Alba Maiolini, Maria Tedeschi

Durata: h 1.58
NazionalitàItalia, Francia 1962
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1962

•  Altri film di Michelangelo Antonioni

Trama del film L'eclisse

Dopo aver passato una notte a litigare con Riccardo, il suo fidanzato, Vittoria conosce Piero, un agente di borsa. Gli appuntamenti tra i due ragazzi si infittiscono e Vittoria pensa di essere innamorata di Piero, fino al giorno in cui un ubriaco ruba l'auto del ragazzo e rimane ucciso in un incidente...

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Voto Visitatori:   8,38 / 10 (29 voti)8,38Grafico
Voto Recensore:   9,50 / 10  9,50
Premio speciale della giuria
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
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Voti e commenti su L'eclisse, 29 opinioni inserite

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The BluBus  @  02/11/2024 00:37:24
   8½ / 10
Gran gran film, Delon davvero bravo e la Vitti splendida as usual. Non per tutti, ma che eleganza.

Filman  @  03/08/2024 16:25:38
   7½ / 10
Sicuramente è un film sui tempi che correvano, però in L'ECLISSE manca un po' l'istinto che, oltre allo sguardo, esplorava la vita contemporanea nella sua inadeguatezza e insensatezza, mancando anche quindi di momenti esteticamente poetici ed enigmatici, sostituiti dalla fredda realtà.
Michelangelo Antonioni è comunque ancora dentro quella fase in cui il silenzio e l'assenza di musiche è sovrana e proietta direttamente sullo schermo la percezione dei suoi personaggi, e crea così una storia con della forza intrinseca notevole.

topsecret  @  05/10/2022 14:20:43
   5½ / 10
Fortunatamente Antonioni ne ha fatto una trilogia (con L'AVVENTURA e LA NOTTE), poichè il mio scroto non avrebbe retto a un'altra rottura di maroni come questa.
Qualcuno dovrebbe spiegare cosa cacchio frega allo spettatore assistere a un terzo del film ambientato alla Borsa di Roma, tra urla, gente che cita numeri a caso e personaggi in cerca di quattrini.
Il resto è una polpettina fatta di nulla o quasi, un gioco a rincorrersi tra i personaggi di una Vitti sfuggente e un Delon acchiappesco. Gli ultimi 5 minuti poi sono insopportabili.
Ribadisco la mia ineguatezza nei confronti di Antonioni, rimarco invece il plauso per i due protagonisti.

Thorondir  @  22/02/2022 23:46:37
   8½ / 10
Italia che cambia, che inizia ad assaporare sempre più il benessere del boom economico, che si da alla borsa. Ma anche un'Italia sempre più in crisi esistenziale e umana, persa, incerta, dubbiosa. Come i protagonisti del film, che restituiscono queste due facce dell'Italia. E nella storia tra la Vitti (sempre splendida) e Delon c'è sempre qualcosa a dividerli, anche fisicamente.
Un'alternanza tra caos (le scene impazzite nella Borsa) e quiete (le messe in quadro di scenari in cui l'uomo è semplice presenza di contorno e non soggetto) che pur apparentemente respingendo lo spettatore ha però una forza cinematografica immensa. Splendido il finale.

Goldust  @  15/09/2021 15:33:47
   6½ / 10
Antonioni è abbastanza al limite per i miei canoni estetici e contenutistici: confermo che il film - l'ultimo della cosiddetta trilogia dell'incomunicabilità - non ha scaldato troppo i miei animi, tuttavia è innegabile riconoscere all'autore alcuni indubbi meriti come l'innata capacità di scandagliare la crisi esistenziale dell'allora società moderna e l'intuizione di specchiare la solitudine umana al centro del racconto nelle strade silenti e negli spazi vuoti di una grande città, amplificandone così a dismisura l'impatto. E segnando tra l'altro ( come nelle opere immediatamente precedenti ) una stagione cinematografica sempre più innovativa dal punto di vista del linguaggio e della narrazione filmica.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  02/06/2021 04:36:23
   8½ / 10
Gli ultimi 15 minuti di Evanescenza/dissolvenza sono grandiosi, a riprova che anche una Roma città può destare solitudine, e quanto i Maestri Nipponici (ma anche quelli arabi) devo aver studiato da Antonioni! In una Capitale del Boom dove si parla il "quotidiano" - senza più spazio per le ferite della guerra ma in pieno Boom Industriale, quasi fosse Milano, il personaggio di Vittoria si muove insicura, fragile nel suo istintivo bisogno di affrontare e cancellare i sentimenti. Mette in scena due figure maschili archetipi he, quella di Rabal (che allude quasi a uno stalker Contemporaneo) e di Delon, l'arrivista la cui bellezza "impura" oscura la sincerità morale. La frivolezze, il bisogno di festa, sono archetipi sfuggenti di un desiderio di evasione, di fuga, della stessa protagonista, che a volte ride ma spesso si intristisce. E questo è un altro film Importante, che scandisce un lasso temporale che ha l'amaro tocco della Quotidianità

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  19/02/2021 00:12:03
   8 / 10
L'incomunicabilita' di una coppia ma anche piu' in generale la difficolta' di comunicazione nella societa' contemporanea. Del resto non è solo il silenzio ad essere assordante ma anche la confusione all'interno della "borsa" dove malgrado le tante parole non se ne capisce una.
A mio avviso questo film è piu' completo del precedente "La notte" e chiude magistralmente questa trilogia sulla non-comunicazione.
Indimenticabili i primi 5 minuti nel silenzio di una stanza dove si ode solo il rumore del ventilatore e il finale dove tutto scompare, la storia d'amore protagonista sembra non esserci mai stata, mai esistita...
Un film difficile sicuramente, non per tutti...ma che grande idea pero', che classe!

Gruppo COLLABORATORI Compagneros  @  07/02/2021 01:39:50
   8½ / 10
L'alienazione, l'incomunicabilità, lo spleen, il male di vivere, il peso di esistere.
In una Roma distantissima dai fasti della dolce vita felliniana, una splendida Monica Vitti si muove qua e là, senza sapere perché. La coppia Vitti-Delon è immagine di una borghesia in crisi, persa tra cinismo e noia, che popola la giungla urbana di moderne città sempre più invivibili.
Una grande pellicola di un grande autore della storia del cinema italiano.

Invia una mail all'autore del commento marco986  @  23/05/2020 12:33:02
   8 / 10
Terzo e ultimo film della trilogia sull'incomunicabilitá diretto da Antonioni.
Protagonista un'ottima Monica Vitti(all'epoca anche compagna del regista) ed un bravo Alain Deloin.
Altri interpreti Rossana Rory( che nei soliti ignoti era doppiata proprio dalla Vitti), Lilla Brignone e Francisco Rabal(doppiato dal grande Aldo Giuffrè).
Curiosa la contrapposizione tra i lunghi silenzi (tipici del cinema del regista) ed il caos nelle scene della Borsa di Roma.
Sceneggiano Antonioni, Tonino Guerra,Ottiero Ottieri e Elio Bartolini.
Musiche ottime del collaboratore storico del Maestro Giovanni Fusco.

denial  @  20/03/2017 21:04:49
   10 / 10
Ho paura di non voler parlare del film, ma di me. Mentre sono a Parigi e dopo una quinta pinta ho rivisto questo film. Leggetevi le recensioni di, in ordine: Crimson, FrDiBenedetto, 1emozionedapoco. Ecco il mio pensiero.

Volevo solo solo dare 10 a questo film. Tant'è.

Dompi  @  05/05/2015 19:45:31
   10 / 10
E' magnifico. Ti bastano i primi 7 minuti e gli 11 finali il resto puoi anche non guardarlo, straordinario. E' fotografato in una maniera che forse solo due o tre film hanno ripreso Roma come l'ha mostrata Antonioni, Bava ad esempio nella "Ragazza che sapeva troppo".

Il titolo è di ambiguo significato: Antonioni aveva ripreso l'eclissi di Sole durante le riprese ma nel film tagliò quella parte per mostrarla metaforicamente nel primo piano del lampione alla fine, un secondo significato è riconducibile invece all'eclisse dei sentimenti dei rapporti umani rappresentati dalla giovane coppia protagonista.

E' uno dei più bei film di Antonioni e forse il mio preferito.

Oskarsson88  @  25/03/2014 10:35:37
   7½ / 10
Antonioni, specialista in mattoni.. bel regista Antonioni.. io mè sò fatto una penichella!
No a parte gli scherzi, film profondo e vuoto allo stesso tempo, per la vuotezza della vita dei protagonisti. Bello ma a tratti estenuantemente lento. Bisogna essere in buona forma per vederlo, sennò l'eclisse dura per tutto il filmee

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  09/02/2014 20:35:41
   8½ / 10
Antonioni con "L'eclisse" continua la sua esposizione artistica dell'inautenticità e dell'alienazione che comporta il vivere nella società capitalista moderna. Con questo film analizza più dettagliatamente questo importante aspetto spirituale moderno (a cui noi ormai siamo assuefatti) e ne puntualizza le ragioni: queste sono individuate nella brama materiale (di sesso e di denaro) e nella piatta routine quotidiana, nei compiti impersonali, nei ruoli forzati, conflittuali e stressanti a cui la società capitalista moderna ci obbliga.
Non solo. Cerca anche di comunicare visivamente questo messaggio, giocando sui contrasti architettonici fra antichità e modernità, fra ambiente costruito e ambiente naturale; inoltre nel finale ci fa toccare con mano come sia opaca, inerte, ripetitiva, noiosa, senza significato, indifferente, visivamente brutta, la vita moderna.
Il film gira esclusivamente intorno a due protagonisti: Vittoria e Piero.
Vittoria (fino ad ora il personaggio meglio interpretato da Monica Vitti, tra l'altro insolitamente bella) riprende la tipologia, tipica di Antonioni, della donna delusa dagli uomini e dalla vita, combattuta fra desiderio sessuale e bisogno di condivisione amorosa interiore, profondamente incerta su se stessa e su le persone che la circondano. In più però possiede ironia, spensieratezza e anche un po' di pazza leggerezza (e qui la Vitti dimostra tutto il suo talento di attrice leggera e comica). Insomma è il personaggio più "umano" fra quelli proposti fino ad ora da Antonioni. Fa trapelare molto bene la sua esigenza di contatto profondo e complice con la persona amata, soprattutto non razionalizzato o inquadrato, qualcosa che viva fuori dagli schemi e fuori dal tempo. Molte scene sono visivamente eloquenti a proposito (visivamente perché tutto questo non viene spiegato "razionalmente").
Il personaggio maschile materiale, incerto e perdente appare nel primo quarto d'ora del film (Riccardo) e viene rapidamente fatto fuori. Viene introdotto invece un nuovo tipo di personaggio maschile: un giovane rampante, attivo, deciso, attaccato sì al materiale ma consapevole, sensibile e attento anche al significato e al valore ci ciò che fa. Piero (Alain Delon) è il prototipo del protagonista di "Blow Up". Anche lui sguazza come un pesce nelle occasioni fornite dalla caotica crescita economica degli anni '60. Però, grazie alla vicinanza di Vittoria, scopre qualcos'altro, dei sentimenti e dei modi di vivere diversi, alternativi. Il suo sguardo nella scena in cui si deve separate da Vittoria è eloquente a proposito, come pure quando esita e quasi rifiuta di rispondere ai telefoni squillanti. Vittoria stessa esita quasi a rientrare nel flusso caotico del quotidiano, perché è consapevole che è questo quello che rovina tutto.
Il finale vuole essere un esempio di arte moderna, espresso in forma cinematografica. Non comunica o esprime direttamente qualcosa, ma "provoca" la consapevolezza e il bagaglio emotivo e culturale dello spettatore a mettersi in modo e a "creare" un pensiero, una conclusione, un giudizio.
Un bagaglio che non tutti sanno di possedere o vogliono usare, e quindi anche "L'eclisse" è destinata a non essere capita, a passare come qualcosa di "riservato a pochi", se non addirittura un'aborto da rifiutare in toto.

vittorioM90  @  20/11/2013 10:36:36
   9 / 10
"Chissà perché si fanno tante domande...io credo che non bisogna conoscersi per volersi bene, o forse non bisogna volersi bene"


Ho sempre pensato che la potenza del cinema risieda essenzialmente nel suo racchiudere in sé varie forme di arte. Il cinema è innanzitutto arte figurativa, pittura, fotografia, capace di trasmettere emozioni soltanto attraverso le immagini...Ma è anche musica, capace di arrivare al cuore tramite le melodie, i suoni... Ed è filosofia, letteratura, capace di scuotere anima e mente con parole. Questa essenza del cinema, questa sua natura così poliedrica, questa sua completezza, emergono in maniera preponderante da un film come "L'eclisse" di Michelangelo Antonioni. Si, questo film è l'essenza del cinema. Punto.

Un susseguirsi di immagini meravigliose, una più emozionante dell'altra. Dipinti in bianco, nero e grigio, capaci da soli di dire qualcosa. E poi i suoni...il rumore dei tacchi a spillo di Vittoria, mentre si aggira silenziosa e lenta nel suo appartamento, oppure mentre cammina senza meta per strade pressoché deserte, in mezzo agli alberi, ad una natura spoglia, indifesa nei confronti di una società proiettata verso il progresso industriale (siamo nell'Italia del boom economico). Il rumore del vento a fare da sottofondo...interrotto saltuariamente dal rombo di una macchina che attraversa l'incrocio... e poi di nuovo silenzio. Ed a rompere l'incantesimo, poi, il marasma del palazzo della borsa, le urla degli agenti finanziari.

I dialoghi, pochi, ma intensi... sono frecce che arrivano dritte al cuore, implacabili. La recitazione monumentale di Monica Vitti, che reggendosi tutto il film sulle spalle, è capace di trasmettere sempre quel senso di vuoto esistenziale, quella malinconia perenne, quella tristezza di fondo difficile da celare. Ed è capace di mostrarcela, in maniera sincera, più che credibile, anche quando sorride, anche quando si lascia andare a risate liberatorie insieme a Piero, mentre lo bacia, mentre gli parla, mentre gli fa capire che vorrebbe amarlo, ma non ne è capace.

La locandina del film farebbe pensare ad una storia di amore. In realtà è una storia di assenza dell'amore. L'amore se c'è mai stato, adesso non c'è più. Si riparte quindi da dove finisce "La notte", dalle tristi parole rivolte da Jeanne Moreau a Marcello Mastroianni in uno dei finali più belli della storia del cinema: "Se stasera ho voglia di morire è perché non ti amo più. Sono disperata per questo. Vorrei essere già vecchia per averti dedicato tutta la mia vita. Vorrei non esister più perché non posso più amarti."

"L'eclisse" riparte proprio da qui, da un'amore finito. La protagonista Vittoria (Monica Vitti), non ce la fa più...deve chiudere la propria storia con il fidanzato e provare a guardare avanti. Ma il suo, come ho già detto, altro non è che un vagare senza meta. Il suo desiderio di evasione appare evidente, la notte in cui viene invitata a casa di una vicina di casa, una donna nata in Kenya ed adesso trasferitasi in Italia. Nella scena della danza di Vittoria, truccata da negra, con tanto di cerchi dorati al collo, emerge in maniera preponderante quella sua voglia di fuggire. Da qualche altra parte, non importa, basta fuggire dal grigiore quotidiano della sua vita. "Forse laggiù si pensa meno alla felicità. Le cose devono andare avanti per conto loro. Qui invece è tutto una gran fatica. Anche l'amore."

Segue la sequenza del viaggio in aereo, in cui ancora una volta il primo piano sulla Vitti, ci mostra degli occhi sognanti, ma allo stesso tempo velati di malinconia. Nella seconda parte del film, invece, al palazzo della borsa, dove la madre ha perso un sacco di soldi, incontra un giovante agente finanziario (Alain Delon), un rampollo dell'alta borghesia romana, proiettato verso una carriera di successo. Insensibile, interessato soltanto al denaro. Piero è tutto ciò che non è Vittoria: spavaldo, sicuro di sé, orgoglioso, ambizioso, donnaiolo. I due cominciano a frequentarsi, stanno bene insieme, malgrado siano completamente diversi, ma è come se ci fosse un muro tra i due. Non c'è empatia, non c'è possibilità di comunicazione. C'è spazio soltanto per l'insoddisfazione, la noia. Vittoria vorrebbe innamorarsi, di nuovo, probabilmente per dimenticare la storia da cui è appena uscita, forse per svagarsi, forse per noia, forse per paura... Non lo sappiamo, perché nemmeno lei lo sa.

Si alternano così momenti molti intimi in cui sembra esserci più coinvolgimento, ad altri in cui quel muro di incomunicabilità tra i due sembra ancora più invalicabile, in cui appare evidente la mancanza di passione, l'assenza di trasporto emotivo, l'aridità dei sentimenti. Ed in questo i paesaggi del film, le stanze, il modo in cui sono arredate, i palazzi tutti uguali, bianchi, tristi...bastano a trasmettere quella freddezza, quel gelo che è il gelo dell'anima, più che della società.

"Chissà perché si fanno tante domande – si chiede Vittoria – io credo che non bisogna conoscersi per volersi bene. O forse non bisogna volersi bene."

Quel che si respira, quindi, è un'atmosfera di piena alienazione, quasi apocalittica, senz'altro cupa, priva di colore. Per questo è un film perfetto nel suo bianco e nero, nei toni di grigio così esplicativi. Non avrebbe potuto essere in altro modo. Così emerge soltanto la fragilità dell'uomo nella società moderna, la freddezza dei sentimenti, il senso di vuoto. Bastano i silenzi e le immagini a raccontarli. Eppure, in tutta questa sua freddezza è un film capace di arrivare al cuore. Ah, se solo avessi le parole per descriverlo. E' come se dallo schermo uscissero delle onde, invisibili, inascoltabili, che però riescono ad attraversarci. Un film dove domina il niente, che però non mi ha mai minimamente annoiato ed anzi, nel suo essere gelido, è riuscito a trasmettermi calore più della stragrande maggioranza dei film che mi sia capitato di vedere. Un film sincero...capace di mantenere intatto il suo fascino e la sua forza espressiva a più di cinquant'anni di distanza da quando è stato proiettato per la prima volta in sala. Menzione a parte merita il finale, misterioso e cupo, in cui i protagonisti escono di scena, in cui a quell'incrocio dove si erano dati appuntamento nessuno dei due si presenta, mentre sulla città cala il buio (Perenne o è solo un'eclisse?) beh... è davvero meraviglioso.

bagninobranda  @  04/06/2013 21:24:02
   9 / 10
Altro che Fellini, questo film è un toccasana per il cuore con quei lunghi silenzi.

2 risposte al commento
Ultima risposta 07/10/2013 19.20.59
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  11/02/2013 19:53:20
   8½ / 10
Saggio di regia e coraggio del grande Antonioni, una pietra tombale sui rapporti tra esseri umani, un eclisse inquietante.
Alternando le lunghe sequenze rumorose e quasi fastidiose all'interno della borsa, ad altre non meno angoscianti di riflessione e silenzio, il regista conclude la sua "trilogia" dell'incomunicabilità in perfetta coerenza con quanto fatto in precedenza. In realtà, anche se il voto è superiore, credo che tra i tre nessuno svetti più degli altri. Tornando indietro metterei lo stesso voto agli altri due.
"L'eclisse" ha un incipit di incredibile potenza ed angoscia, ma è il finale a confermare la grande maestria e maturità di Antonioni: svuotando i protagonisti, facendoli uscire di scena in modo non prevedibile, la telecamera ripercorre luoghi, figure ed oggetti del film. Una signora bionda viene ripresa da dietro, potrebbe essere Monica Vitti visto che spesso è stata ripresa cosi: ma si gira ed è un'altra persona. Una luce accecante conclude tutto. Siamo nel 1962, il cinema credo raramente si sia spinto cosi oltre, forse proprio con "L'avventura" ci è riuscito.
Grande prova della Vitti e di un Delon freddo e distante.


"Alle otto. Solito posto."

BulimicDream  @  25/03/2012 23:06:26
   8½ / 10
Rumore e silenzio, realismo e introspezione, ciò che domina i due estremi è il caos esteriore e interiore. Due attori magnifici che riescono a risaltare la propria interiorità solo attraverso il loro sguardo, il loro abbraccio, i loro baci. L'artificio si impone e aleggia sulla storia di una coppia. Splendida l'idea dei dieci minuti finali che sono di una bellezza artistica, ogni fotogramma potrebbe evocare un'emozione diversa. L'unica pecca è la lunghezza di alcune scene e il soffermarsi troppo su certe vicende (vedasi le scene caotiche della Borsa, che io ho trovato per certi versi insostenibili)

DarkRareMirko  @  21/01/2012 22:35:36
   9 / 10
Il film, tra i più famosi del maestro, è indubbiamente intrigante, avvincente, poetico, solo a tratti lento (il finale, ad esempio), potendo inoltre contare su due attori veramente al loro meglio (Delon poi qui assomiglia molto al Rossi Stuart odierno, e, davvero, il paragone non potrebbe essere migliore).

Molto acuto, critico in senso sociale (basta guardare la spietata e realistica descrizione dell'ambiente borsistico per convincersene), diretto in modo sublime, è tra le vette del cinema italiano di ieri e di oggi.

Fine di una trilogia sull'incomunicabilità (e mai in un film tale caratteristica è stata resa al meglio, ma il tocco del maestro rende approcciabile un'opera altrimenti insopportabile) che può contare su due rpecedenti film illustri e altrettanto riusciti.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  13/01/2011 21:46:11
   8 / 10
Vittoria e Riccardo rappresentano da un certo punto di vista l'ideale prosecuzione della coppia Mastr0ianni-Moreau. C'è infatti un legame molto forte con La Notte dove si evidenziava la crisi dei rapporti di coppia. Con l'Eclisse, Antonioni allarga il campo. All'orizzonte spunta il cosidetto "nuovo" che avanza, sorta di protoyuppismo d'aasalto dove i valori che contano veramente sono i soldi e l'apparenza rappresentato da Piero. Il dinamismo di Piero, la sua sfrontatezza, ma anche superficialità in un certo senso attraggono Vittoria che ne rimane affascinata, benchè consapevole dell'inconciliabilità tra loro due.
E' un film da non prendere a cuor leggere, estremamente impegnativo e a volte estenuante, tuttavia Antonioni analizza molto bene i mutamenti sociali in atto nella nostra società. E' una lettura amara.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  19/09/2009 12:39:13
   9½ / 10
Titoli di testa: al twist di Mina sopravviene una musica asettica, fredda, avanguardistica. Poi l'eclisse sonoro. Due corpi in una stanza, un ventilatore, nessuna parola. L'incomunicabilità che s'interpone tra il pianeta donna e il suo astro: dà fine a "l'avventura", cala nuovamente "la notte", i due corpi s'allontanano automaticamente.

Si passa da un nuovo silenzio - quello del brusio e della folla nella Borsa - a quello della notte desolata, in un'escursione verso l'esotico, nell'Africa dei souvenir, delle foto di un'amica, in una stanza.
Vittoria è una donna prosciugata, prova a colmare il proprio vuoto esistenziale con gli interessi e le occupazioni degli altri. La conoscenza in Borsa con un uomo dinamico, pratico, traffichino, le dà l'illusione d'una nuova passione che possiede in verità l'arsura d'un "deserto rosso". Il tempo di qualche incontro. Il gesto amoroso e il gesto indifferente si sovrappongono. Il sole che apre i petali ad una rosa, è lo stesso che fa roventi quelle dune. Un nuovo disamore. Un ultimo appuntamento al quale nessuno dei due si presenta.

Dopo la breve schiarita senza sollievo, fa ritorno l'eclisse, pertinace, irrisolvibile. Un collage di quartieri vuoti, architetture rigide, inquadrature inelastiche, rapidi squarci Hopperiani, impalcature, fronde inerti, balconi spopolati, gente che aspetta, solitudine degli individui, isolamento dei luoghi… Sino a notte: lampioni s'accendono in silenzio… strade vagano in zone di mistero…

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Silly  @  30/11/2008 20:28:07
   8½ / 10
Non credo ci sia molto da dire. Antonioni, sull'incomunicabilità tra le persone, ha fatto una chiara ideologia. Non c'è molta speranza evidentemente.
Il film racconta di Vittoria immersa in una realtà vuota, corrotta dal fanatismo del denaro, dell'apparenza, dei beni materiali. Oltre a ciò non v'è molto di più.
Vittoria è una giovane ragazza in cerca di rapporti veri, fatti di scambi, di condivisioni, di passioni. Col compagno, con la madre, con le amiche, con gli altri. Lei ce la mette tutta, soprattutto con Piero. Perchè Piero le piace, nonostante le oggettive differenze. Quello che scoprirà, alla fine, è che probabilmente tutti noi siamo vittime (colpevoli?) di noi stessi e, quindi, dei rapporti che viviamo. L'ombra dell'eclisse è sopra tutti noi.
Indubbiamente è un gran bel film. La Vitti è di una bellezza magica, davvero meravigliosa. Come sempre ottima fotografia. Ammetto che di Antonioni preferisco altri film, ma questo è comunque degno di nota. Da vedere quindi, con occhio cinico naturalmente.

paride_86  @  22/11/2008 01:30:01
   8½ / 10
Dei tre film girati da Antonioni sull'incomunicabilità è sicuramente il migliore. La storia parte con Vittoria che lascia il fidanzato perché, appunto, l'amore ormai si è eclissato. Cerca rifugio nella madre, che però si dimostra incapace di ascoltarla. Conosce poi Piero, sfrenato agente di borsa, e subito Antonioni rende evidenti le profonde differenze tra due persone che cercano di conoscersi e di amarsi; la scena più significativa è quella in cui i due si baciano attraverso un vetro. "L'Eclisse" è un film sincero e onesto e purtroppo, drammaticamente realista nella sua analisi dei sentimenti.

Gruppo COLLABORATORI ULTRAVIOLENCE78  @  25/08/2008 17:19:35
   7½ / 10
Con questo film Antonioni chiude la cosiddetta "trilogia dell'incomunicabilità" ("L'avventura", "La notte", "L'eclisse"). In esso il pessimismo che connotava le due precedenti pellicole si fa più marcato, trovando espressione nella presenza/assenza di dialoghi freddi, che trasmettono un senso di vuoto quasi insopportabile, nonchè in silenzi prolungati che non fanno che acuire il malessere di Vittoria, che è il malessere di tutti. Ma il senso di vuoto si percepisce paradossalmente anche nei momenti convulsi all'interno dell'edificio della Borsa, dove il muoversi forsennato e dissenato dei brokers contribuisce a rendere più vivida la rappresentazione di un "mondo" (dis)animato dalla brama di illusioni fatue, con la quale si sancisce la definitiva morte dei rapporti umani: il denaro, il profitto, la carriera e i beni materiali sono i nuovi (dis)valori cui consacrarsi, sacrificando le relazioni interpersonali che, nella messa-in-scena di Antonioni, si presentano come deserti "eclissati" dal buio determinato dall'assenza di sentimenti sinceri e profondi. Anche l'ambientazione diventa, nella costruzione narrativo-visiva del regista, il riflesso di questa aridità umana: in questo senso la parte finale della pellicola, costituita da inquadrature che si soffermano su talune zone dell'EUR, è tesa ad evidenziare l'asetticità e l'artificiosità di luoghi ed edifici senza anima, così come sembrano senz'anima le relazioni tra gli individui, condannati, nel loro agire insensato e inutile, ad una distanza che li divide incolmabile. Di questa distanza soffre Vittoria, personaggio sensibile che percepisce la vanità di tutto, e che nel suo comportamento quasi catatonico denuncia, di fronte al cinismo dilagante, una rassegnazione e una arrendevolezza che non offrono vie di scampo.
Personalmente adoro L'Antonioni della fase "esterofila" ("Blow up", Zabriskie point" e "Professione reporter"), mentre non riesco ancora ad apprezzare appieno quello della trilogia in questione, trovando i film che la compongono caratterizzati da una lentezza a volte troppo pesante; per questo non me la sento di attribuirgli un voto altissimo, pur riconoscendone l'importanza nonchè il valore artistico.

quaker  @  07/11/2007 23:18:53
   9 / 10
C'è un Italia che non è più quella del neorealismo, del dopoguerra, ma del boom, delle nuove, smisurate periferie... questo Paese, questa società non possono più essere rappresentati e sono solo "raccontati" ma nella chiave della commedia all'italiana.
Antonioni inserisce in modo qui particolarmente riuscito una storia privata in un momento di cruciale trasformazione sociale. Non saprei dire se le vicende di Vittoria siano il pretesto per raccontare la trasformazione dell'Italia del boom, fuori dalla chiave della commedia, o se viceversa la vita privata dei due protagonisti sia davvero ciò che più premeva al regista... però il risultato è dei più sorprendenti, tanto che questa eclisse rimane una autentica perla nel cinema italiano.
Film difficile, certamente, ma come sempre opera veramente al di fuori del comune per sapienza di inquadrature: il ventilatore, il fungo, i palazzi moderni, colti nei particolari, i tubi Innocenti, perfino la tamburlana ... passando per il minuto di silenzio in cui però i telefoni continuano a squillare; e poi la Borsa con la sua concitazione, l'Africa, le nuvole, il volo, l'idrante, la macchina ripescata ... tutto in qualche modo collegato, senza che niente sia lasciato al caso: anzi ogni cosa sembra ritornare come il cavallo al trotto, che passa due volte.
Uno degli aspetti più interessanti ed attuali del film è proprio la capacità, girando prevalentemente in esterni, di sfruttare le possibilità della mdp per continuare a narrare solo con immagini le storie d'amore (una che finisce, una che comincia) inserendole in un contesto ed in un momento particolare della società.


1emozionedapoco  @  10/10/2007 19:54:49
   10 / 10
E' il film di Antonioni che amo di più: gli spazi parlano ci comunicano l'incomunicabilità, la Borsa dove tutti urlano, si appassionano per il soldi e Vittoria è stordita da tutto ciò, siamo a Roma ma non viene mostrata la solita Roma, è quandi svuotata di significato anche una realtà familiare. Siamo alle Piazze d'Italia di De Chirico, metafisiche che ci estraniano da qualcosa di amato, e, con l'eclisse di sole, diventano qualcosa di spaventoso, di minaccioso, qualcosa senza calore, senza luce e senza amore (splendida scena finale).
Siamo in pieno boom economico ( il film inizia con un twist di Mina) e Vittoria non sa come stare a dietro a questo progresso, a questa velocità a quest'uomo che pensa alla macchina, ai conti, al lavoro mentre lei sogna l'evasione (l'africa) la natura ( il viaggio nella nuvola) e l'amore ma invece non sa che fare, non sa cosa fare, non sa come stare in mezzo a questi prodotti della modernità borghese. la Vitti è una delle nostre migliori attrici ( dimenticata purtroppo) e qui si vede e l'accoppiata con delon funziona.

Vorrei non amarti o amarti molto meglio...

E' un peccato che questi film non vengon mai considerati ma li si bolla come mattoni...

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Ultima risposta 10/10/2007 20.42.09
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Gruppo STAFF, Moderatore priss  @  02/10/2007 13:50:14
   6½ / 10
Antonioni non mi ha mai fatto impazzire, non so neanche ben spiegare perchè ma la sua poetica non mi tocca. Forse troppo lontani sono i suoi voli pindarici, troppo remoti nel tempo e nello spazio, troppo ermetici i suoi paesaggi e troppo estetizzanti i suoi silenzi.
Non riesco a gridare al capolavoro (nè tanto meno ardo dal desiderio di rivederlo), ma riconosco il valore storico.
Di questo film, che sviluppa e completa il tema de "l'avventura" e "la notte" particolarmente interessante la scena di rottura fra i due amanti.

2 risposte al commento
Ultima risposta 02/10/2007 14.08.18
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  19/09/2007 14:17:41
   8 / 10
MONICA VITTI
La poesia di Michelangelo Antonioni

Figura eclissata.
nascosta dietro una nera entità:
Borsa materna nella solitudine eterna
Figura di luce con figura di buio
unione di baci, lontananza di menti
e poi,
luce di neon corrotta e dolente
in un disegno di labbra fremente
di pianto gemente.

FrDiBenedetto  @  26/11/2006 21:35:15
   9 / 10
Superbo l'inquieto e minaccioso finale; sembra fare il punto, tirare le somme, ideologicamente, di quanto si è rappresentato prima; momento parzialmente antinarrativo, si connota prima di tutto per l'assenza sulla scena dei due protagonisti; a parlare di un'angoscia muta sono le cose, il vento, i luoghi deserti dell'Eur, la notte incipiente, la rapprentazione dello spegnersi di ogni attività, filtrati da un montaggio più frenetico, dalla sperimentazione di inconsuete angolazioni della macchina da presa, da una direzione del dispositivo posta in maggiore evidenza. Per il resto però l'opera non mi sembra connotata da tanta negatività. Magnetica la carica fascinativa della Vitti (specialmente nella sequenza iniziale, gioco erotico muto con un amante-spettatore, seduto a contemplare), suadente, tenue, ipnotica, distensiva la contemplazione delle cose e degli ambienti in cui ci immergono le bellissime immagini

Crimson  @  21/05/2006 23:32:43
   9 / 10
Un film sostanzialmente in linea con i due predecessori, anche se con un finale che pur trasmettendo lo stesso senso di vuoto e di feroce malessere, esprime il messaggio in modo diverso e non-umano (ma di più non posso rivelare in merito).
Il titolo sembra proprio avere una doppia ambivalenza: è l'eclisse della società, vittima della schiavitù verso l'utile, e l'eclisse delle emozioni e delle relazioni umane. Un'indagine che coglie sia l'interno che l'esterno dei protagonisti. Piero è il simbolo di una classe emergente che ha un'attaccamento viscerale per il denaro che copre ogni sensibilità e in sostanza sembra disumanizzare l'uomo stesso (esemplificativo a tal proposito l'episodio dell'incidente: sembra importargli solo della carrozzeria; e poi basti pensare a come tratta l'uomo che ha perso tutti i propri risparmi in borsa). E ancora una volta sullo sfondo di questa realtà che già di per sè è alienante c'è il legame irrealizzabile, non solo tra Piero e Vittoria ma che si estende a qualunque essere umano (e da qui il richiamo al finale).

Piero: "poi uno che entra nel giro (della borsa) s'appassiona..."
Vittoria: "s'appassiona a che cosa??"

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