Il capitano Bob, dopo essersi congedato dalla moglie Sally, parte per la guerra del Vietnam insieme con l'amico sergente Dink Mobley. Sally, donna inquieta e incapace di aspettare in una dorata solitudine il ritorno del suo uomo, si offre come infermiera volontaria in un ospedale per reduci. Qui conosce Luke, un giovane paralizzato alle gambe e in breve tempo se ne innamora. Ma intanto, ferito in uno stupido incidente e frustrato per non essere diventato un eroe torna in patria.
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Personalmente "Coming home" mi ha leggermente deluso, non dico si tratti di un brutto film, tuttavia mi è sembrato essere il tipico film che spreca un grandissimo potenziale, dal soggetto stesso, che tratta di forti tematiche come quella della reintroduzione dei reduci del Vietnam nella società, con i dovuti problemi, sia fisici, dati dalle menomazioni, che psicologici, come conseguenza delle menomazioni stesse, che gli orrori della guerra, ma anche per la splendida confezione, e parlo delle interpretazioni, con tre grandi attori come Jane Fonda, Bruce Dern e John Voight, qui anche ispirati, umani, calibrati, forse su tutti se dovessi sceglierne uno direi John Voight, ma anche per i grandi pezzi utilizzati, forse addirittura, un po' troppo, praticamente non lasciando pause tra una canzone iconica del periodo e l'altra, e sono davvero tanti, Rolling Stones, Beatles, Dylan, Hendrix, Jefferson Airplane, Joplin, Steppenwolf, addirittura c'è "Once I was" di Tim Buckley sul finale, pezzo meraviglioso che mi fa sempre piangere, e con quel finale poetico ci sta splendidamente.
E allora, perché sono rimasto deluso? Per via di uno sviluppo narrativo che non mi ha soddisfatto, tutto questo grande contesto, intriso dell'America del periodo viene sprecato a favore di un melodramma sentimentale, anche abbastanza forzato, riducendosi al classico triangolo amoroso che presenta anche diversi punti morti e fin troppo stereotipato e prevedibile, con la solita solfa di loro due che si amano, ma lui è costretto a partire per il Vietnam perché vuole servire la patria, allo stesso tempo lei un po' per noia, un po' per senso di colpa di essere rimasta a casa, va ad aiutare in questo centro di riabilitazione pieno di reduci mutilati e si innamorerà di uno di loro che nel frattempo ha cambiato totalmente idea sulla guerra e diventa uno dei suoi più fermi oppositori, creando la dicotomia tra il marito, un Bruce Dern che rappresenta l'uomo tutto d'un pezzo, fin troppo formale, legato ai valori di famiglia e patria, e il reduce ribelle, dall'aspetto trasandato, ormai in sedia a rotelle ma che ha aperto gli occhi sulla propaganda bellica e dedica la sua vita a protestare contro la guerra in Vietnam e dissuadere i giovani che vogliono arruolarsi, encomiabile nelle intenzioni, purtroppo fin troppo didascalico lo stile con cui viene trattato, che privilegia la componente sentimentale e liquida quella sociale in qualche dialogo qua e là, rendendolo, anche per via di una durata corposa, alla stregua di un polpettone sentimentale, ma in ogni caso con una bella confezione.
Nonostante i 3 Oscar ai protagonisti (il secondo della Fonda) e alla sceneggiatura, per me la cosa più incredibile di questo film è la colonna sonora. E'un continuo passaggio da un pezzo leggendario all'altro: la colonna sonora di quei tempi (raccontati quando erano già passati). E' soprattutto un film sulla nostalgia dell'America per quel che ormai non era più: il Vietnam è da dove si parte ma il sentimento che pervade il film è il rimpianto, anche se è contrastato dalla storia d'amore, possibile, nonostante tutto, tra i due protagonisti. Magari in parte meno originale di quanto l'Oscar ha premiato, ma l'ho apprezzato soprattutto per la dimensione molto umana della storia. Molto bravo (come sempre) anche Bruce Dern..
Non riesco proprio a capire come si possano dare tre oscar così importanti a questo coso. Miglior sceneggiatura? E per cosa? Non è nè carne e nè pesce. Non si sa se si voglia parlare della storia d'amore tra un'infermiera volontaria e uno storpio oppure se si voglia parlare della guerra del Vietnam. In ogni caso non è riuscita nessuna delle due cose. Miglior attore a Voight per cosa? Gli utlimi cinque minuti pure pure ma fino a quel punto ci sono quasi due ore in cui non fa un bel niente. Stesso discorso per la Fonda che oltre a mettersi nuda e a farsela leccare dallo stesso Voight non è che faccia molto. Gli volevo dare un voto ancora più basso però il fatto che non è noioso e alcuni passaggi discreti salva un po' il voto.
Più una love-story, comunque drammatica ed appassionante (ma fino ad un certo punto), che una riflessione sui veterani e ciò che la guerra gli ha lasciato (difatti tutta la questione Vietnam e reduci viene quasi lasciata sullo sfondo) e questo delude un pò. Ottimi gli attori, anche se i loro personaggi alla fine risultano poco approfonditi (forse fa eccezione quello della straordinaria Jane Fonda); la colonna sonora invece, stupenda ed appropriata come da regola (Rolling Stones, Steppenwolf, Jefferson Airplane, Buffalo Springfield etc.) l'ho trovata spesso e volentieri invadente.
Bel film, tuttavia l'argomento verrà affrontato in maniera più completa con il futuro "Nato il 4 Luglio" di Oliver Stone.
Oscar meritati per Jon Voight e Jane Fonda, molto espressivi e bravi a trasmettere le emozioni dei loro personaggi; complessivamente un film da vedere ma che non mi ha più di tanto appassionato sia per il tema visto e stravisto ma soprattutto per l'eccessivo sentimentalismo che permea per tutta la durata del film. Nonostante i ritmi lenti soprattutto all'inizio, il film scorre comunque bene grazie anche ad una buona sceneggiatura. Colonna sonora con le classiche musiche del periodo guerra del Vietnam che in alcuni casi però ho trovato completamente inadatte alle immagini associate (l'esempio più lampante "Sympathy for the devil" messa in una serie di scene molto drammatiche).
Guardato così, lasciandosi andare senza stare a pensare o a interpretare troppo, è proprio un bel film, quasi un capolavoro. E' emozionante, coinvolgente, bello nelle immagini e nei suoni. Non a caso ha vinto diversi Oscar. Ed è stata proprio questa anche la mia reazione a caldo: ho provato grande piacere ed emozione per tutto il film, che mi è rimasto molto impresso. A mente fredda, riflettendoci sopra, ci si rende invece conto che molto dell'effetto è dovuto a una studiata serie di congegni narrativi e visivi, ingegnati apposta per produrre questo effetto. Manca insomma l'imperfezione del vero e del reale. Gli attori sono fin troppo belli, i caratteri dei personaggi si sviluppano in maniera fin troppo lineare, le vicende si susseguono fino troppo ad arte, quasi prevedibili. C'è inoltre un messaggio ben preciso ed esposto chiaramente, quasi in maniera didattica. Le immagini e i suoni sono puliti e perfetti. E' insomma il congegno perfetto ed estremamente oliato del cinema classico americano che Ashby dimostra di padroneggiare con grande efficacia ed eleganza. Mi sento però di dire che, nonostante l'utilizzo di mezzi codificati, Ashby riesce a donare alle scene e alla recitazione un pathos che non può lasciare indifferenti. Soprattutto il personaggio di Bob (quello che dovrebbe essere il personaggio "negativo", il portatore di atteggiamenti e valori sbagliati), alla fine trasforma la sua storia in un dramma molto vero e intenso, ben recitato da un grande Bruce Dern. Più "accademiche" le storie e le recitazioni di Sally e Luke, anche se riescono bene a catturare lo spettatore con il fascino che emana la bellezza e lo sbocciare del sentimento. Un inpiù favorevole è dato anche dalla caratteristica costante di tutti i film di Ashby visti fino a ora, cioè quella di configurarsi come dei veri e propri percorsi di liberazione formativa da ambienti ed educazioni oppressive (non sempre felice e a lieto fine e molto spesso contrastata). Qui è soprattutto il personaggio di Sally che prende coscienza di sé, acquisisce nuove idee e nuova fiducia, ha idee più chiare su se stessa e sul mondo che la circonda. Questo grazie al personaggio di Luke (il tipico anticonformista ribelle, dotato di fascino e con animo ricco), il quale lui stesso subisce un cambiamento, passando dal cinismo, dalla contrapposizione dura, alla comprensione, all'accettazione, trovando un senso alla sua vita nella missione sensibilizzatrice delle coscienze contro la guerra. In effetti l'urgenza quasi didattica di trasmettere in maniera chiara e netta il messaggio di condanna contro la guerra nel Vietnam (e per estensione contro tutte le guerre), pur nella sua nobiltà e altezza, finisce per snaturare un po' la resa psicologica dei protagonisti, che passano in maniera forse un po' troppo repentina e netta da un atteggiamento ad un altro. Come detto, molto più sfumato e inaspettatamente complesso è il trattamento del personaggio di Bob, che alla fine diventa quello più vero e interessante, soprattutto quello più tragico. In fin dei conti un film davvero bello, che a me è rimasto a lungo in mente. Poi, basta un sorriso di John Voight a farmi sciogliere ...
Senza particolari guizzi di originalità COMING HOME è un classico dramma di lieve denuncia contro la guerra che punta maggiormente sugli attori. Suggestiva regia di Ashby e perspicace anche nelle fasi più delicate destinate al sentimentalismo più facile e immediato. Del resto rimane ampiamente sfruttato da NATO IL QUATTRO LUGLIO uscito dieci anni dopo prendendosi il meglio.
Del Vietnam non si vede l'ombra se non per gli echi riflessi di chi è andato sul campo di battaglia e tornato a casa segnato nel fisico e nella mente, accompagnato da un fardello di disillusione il cui peso é pari alla rabbia di chi si sente ingannato. Il personaggio è testimone di questa andata e ritorno per l'inferno, un dramma vissuto con uno stile intimista, la ribellione collettiva della nazione è solo agli inizi. I brani che compongono la colonna sonora e che segneranno quell'epoca non sono per nulla invasivi, quasi a sottolineare l'embrione di una marea che sta montando. Splendidi senza dubbio gli attori, specialmente Voight, perfetto per equilibrio e misura. Tuttavia è un film che non mi ha mai convinto del tutto, seppuro ne riconosca l'importanza. La love story dei due protagonisti, il triangolo che ne consegue, la trovo artificiosa e forse anche un po' ruffiana.
Durante la guerra del Vietnam, mentre il marito parte per la guerra, una casalinga insoddisfatta e depressa decide di farsi assumere come volontaria presso un ospedale per reduci. qui conosce e si innamora di un veterano paraplegico ed attivista anti-militare che risveglia la sua coscienza e la sua passione. La pellicola, a differenza di altri film sul Vietnam, non mostra l'orrore del campo di battaglia o la paura che serpeggia tra i soldati, ma pone un punto di vista più intimo , focalizzando l'attenzione sul ritorno a casa dei reduci, sulla loro difficoltà a tornare alla vita civilee normale, alla quasi impossibilità di reinserirsi nella società (un lavoro, dei nuovi amici, ) e guarire totalmente dalle ferite fisiche e morali lasciate dalla guerra (una sporca guerra che ha lasciato sul campo una cifra vergognosa di morti). Da lodare l'intento di denuncia da parte del regista anche se a volte è un po' melodrammatico sopratutto nella parte finale Favolose le interpretazioni dei due protagonisti Voight e Fonda e bellissima colonna sonora (parliamo degli Stones, Beatles, Dylan, Hendriz, Aretha, vi pare poco?)
Ashby ,canadese spesso attivo in America ,fu un regista molto interessante che realizzò dei film spesso intensi e riusciti,come questo. La prova dell'attore di "Un uomo da marciapiede" è infatti ottima,il suo reduce tornato leso nel corpo dal conflitto vietnamita è uno dei personaggi più riusciti e belli del cinema post-Vietnam,il suo interagire con Jane Fonda, moglie di un militare, è una relazione resa con partecipazione,slancio e trepidazione.
Che fine aveva fatto "tornando a casa"? Eh sì perchè è caduto nel dimenticatoio un film che è stato decenni fa una vera e propria opera "faro" per più generazioni. Un film bello, importante, forse sopravvalutato più del dovuto, più volte imitato. Del resto il ruolo di Sally è emblematico: chi altro se non la liberal-progressista Jane Fonda poteva identificarsi meglio di tutte in una parte del genere? Profondissima la performance di Voight, cui ha sicuramente attinto Tom Cruise per il suo Ron K. di "Born on the fourth of July" di Stone. Eppure, antitetico alla storia e vinto dal ruolo che riveste, il migliore resta ancora oggi il capitano interpretato dal magnifico Bruce Dern, disilluso tradito e amareggiato (per una volta fuori dai consueti ruoli di carogna) cui Ashby consegnerà un finale forse esageratamente preannunciato e moralista
Un bel film, un pò d'annata, ma che presenta un insieme ben composto e con una colonna sonora caratterizzata da grandi capolavori della musica.Storia di denuncia, contro il Vietnam, e contro la guerra in generale, affronta decisamente bene la situazione psicologicamente tragica dei reduci nel reinserisi nella società dopo l'orrore della guerra. La produzione trova in Jon Voight un personaggio coinvolgente ed carismatico, affiancato da Jane Fonda che riesce a dare anche lei una buona prova di se rappresentando il lato buono e forte della gente, quello che si mette in prima linea e guarda oltre i pregiudizi.