paura su manhattan (1984)

Thriller molto di routine privo di particolari guizzi e di elementi per cui valga la pena ricordarlo.
La mano di Ferrara si nota ovviamente nella cruda descrizione notturna della città e in alcune tematiche ricorrenti nella sua filmografia ( violenza,sensi di colpa,la droga).
Cast non eccellente e finale un po' ridicolo.
Nettamente inferiore rispetto a "Driller Killer"e a "L'angelo della vendetta",non da buttare ma si vede e si dimentica in fretta.

Nonostante sia uno dei film di Ferrara più convenzionali, "Fear City" si fa notare per l'ambientazione newyorchese notturna, tra locali di striptease, strade luccicanti e vicoli pericolosi. Una pellicola dalla sceneggiatura non brillantissima, comunque la visione è interessante soprattutto per i cultori di Ferrara e di quei film dall'ambientazione precedentemente descritta.
Visionata la versione "unrated" dove una giovane e bellissima Melanie Griffith mostra le sue grazie. Discreto il cast e l'accompagnamento musicale.

Pur nelle sue piccole varianti che lo rendono un neo-noir, ci si chiede quanto effettivamente FEAR CITY sia un film di genere interessante: sembra un poliziesco televisivo anche se gli eroi protagonisti sono mafiosi; c'è una femme fatale molto marginale e priva di tale funzione; c'è un pazzo assassino che domina la scena solo per raccontare il proprio modus operandi e la propria morale.
I veri pregi della pellicola vanno forse ricercati nel suo stile elettrogeno che accompagna l'ambientazione metropolitana, fonte di delinquenza, perversione, violenza, povertà e depressione che il cinema neorealista all'americana della New Hollywood ha voluto raccontare.
Alla stessa maniera i difetti non sono l'assoluta prevedibilità dello stesso film o il suo essere simile nell'estetica e nel carattere ad altri tantissimi film anni 80, ma l'essere poco più di tutto questo.

Come ogni buon thrillerazzo americano anni 80 che si rispetti é girato prevalentemente di notte, ci sono gli immancabili locali a luci rosse, l'epidermide femminile é esposta in abbondanza e canzoni synth-pop appaiono in gran quantità nel commento musicale. Il problema é la regia convenzionale di Ferrara, piuttosto e anzichenò, che é senza particolare originalità, come la trama e il doppiaggio. Il cast é pieno zeppo di volti noti, dai protagonisti ai personaggi di secondo piano, é mostra una Melanie Griffith davvero in forma. Le scene di sangue non sono impressionanti e la figura dell'assassino é stereotipata, meglio Scalia e Berenger nei panni di affiliati della mafia italo-americana che s'improvvisano giustizieri. Tutto sommato un discreto film che si lascia vedere senza annoiare.

Vale lo stesso discorso di Driller Killer e l'Angelo della vendetta. Per Ferrara non è tanto la trama, piuttosto semplice quasi da poliziesco televisivo, ma è il contesto in cui si svolge la vicenda l'elemento più importante. Non ci sono vie d'uscita da un mondo all'apparenza sfavillante, ma ricettacolo di vizi e violenza. Per quanto tu possa cercare di uscirne o cercare di avere una pur minima aurea di rispettabilità, questo mondo ti tiene dentro le sue spire, fa (ri)emergere dolori passati e riaprire vecchie ferite.