Recensione a christmas carol regia di Robert Zemeckis USA 2009
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Recensione a christmas carol (2009)

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locandina del film A CHRISTMAS CAROL

Immagine tratta dal film A CHRISTMAS CAROL

Immagine tratta dal film A CHRISTMAS CAROL

Immagine tratta dal film A CHRISTMAS CAROL

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Immagine tratta dal film A CHRISTMAS CAROL
 

Dopo aver rivoluzionato le tecniche cinematografice con "Back to the Future", "Who Framed Roger Rabbit" e "Forrest Gump", tutte pellicole che in qualche modo hanno contribuito allo sviluppo tecnico della settima arte, il premio Oscar Robert Zemeckis fa il suo ritorno sul grande schermo due anni dopo lo sfortunato "Beowulf" e cinque dopo il natalizio "The Polar Express", entrambi realizzati con l'innovativa tecnica della "performance capture" - basata sull'acquisizione digitale del movimento degli attori attraverso una serie di cineprese - riproponendo il grande classico di Charles Dickens del 1843 "A Christmas Carol".

La trama è nota ai più: viene narrato il percorso di redenzione dell'avaro Ebeneezer Scrooge il quale, la notte della vigilia di Natale, riceve la visita di tre spiriti che incarnano rispettivamente il Natale passato, quello presente e quello futuro. Attraverso dei veri e propri viaggi nel tempo (del resto Zemeckis è uno che se ne intende), il vecchio Scrooge ripercorre l'intera sua vita e gli intrecci con quelle degli altri: il difficile rapporto con il padre, l'affetto della sorellina Fan, l'apprendistato dal buon Fezziwig, fino all'incontro con Belle, l'amore della sua vita rigettato in nome del dio denaro.
Il presente, invece, ha le sembianze del buon Bob Cratchit, sfruttato da Scrooge, e del suo piccolo Tiny Tim, storpio dalla nascita, nonché del suo unico nipote, Fred.
Infine gli viene mostrato un futuro tetro e sinistro in cui il mondo si fa beffe della sua morte e il piccolo Tiny Tim viene a mancare di stenti. È la classica goccia che fa traboccare il vaso e che fa penetrare il messaggio fino al cuore dell'ormai redento Scrooge.

Era il lontano 1983 quando la Disney propose al pubblico la propria versione rivisitata del classico "dickensiano" "A Christmas Carol", regalandoci una perla di difficile emulazione, con Zio Paperone nei panni dello Scrooge perfetto. Ventisei lunghi anni dopo, la casa di Topolino torna sul luogo del "delitto", affidandosi al genio indiscusso di Zemeckis e alla sua amata "performance capture".
Cinque anni sono passati da "The Polar Express", eppure il lavoro su questo nuovo modo di fare e concepire il cinema, per quanto interessante, non convince appieno. Per carità, siamo su ben altri livelli rispetto alle due precedenti pellicole del regista dell'Illinois, ma è ancora troppo poco per poter parlare di una vera e propria tecnica rivoluzionaria.
Al lavoro certosino fatto sui personaggi impersonati da Jim Carrey (autore di una prestazione immensa), infatti, fa da contraltare la dozzinalità con cui sono stati realizzati tutti i vari comprimari, nonostante nomi del calibro di Colin Firth (il nipote di Scrooge, Fred), Gary Oldman (Bob Cratcith), Bob Hoskins (Mr. Fezziwig) e Robin Wright (Fan e Belle). Troppo ingessati nei movimenti, troppo inespressivi i loro volti, per poter parlare di prova superata. Basti pensare al piccolo Tim de "Il canto di Natale di Topolino", che con il suo zoppicare metteva una tenerezza capace di penetrare l'anima e farla urlare, mentre quello reso da Gary Oldman non trasmette alcuna compassione, e non certo per suo demerito. L'impressione è che la "performance capture", intesa come forza trainante, non abbia ancora raggiunto la maturità necessaria a poter seriamente reggere il fardello di un lungometraggio. Eppure Zemeckis pare tutt'altro che propenso a mettere da parte le sue sperimentazioni, tanto che voci di corridoio parlano già di un possibile suo utilizzo nel sequel del mitico "Who Framed Roger Rabbit", che tanto stupì il pubblico sul finire degli anni '80.
Andrebbe poi forse valutato il fatto che l'impiego di tale tecnologia, che comunque ha i suoi non risibili costi, non ha un grande ritorno economico: "The Polar Express" incassò intorno ai 278 milioni di dollari -cifra di tutto rispetto, ma non straordinaria - mentre "Beowulf" non arrivò nemmeno ai 200, nonostante un cast "all-stars".
Per "A Christmas Carol" sono stati investiti 200 milioni e, per il momento, il film ha portato a casa quasi 300 milioni worldwide. Si vedrà a fine corsa se l'investimento sarà stato ben ripagato.

Oltre alla "performance capture", a non convincere è il "balocco" del momento, quel 3D che finora non ha mostrato appieno le sue reali potenzialità - se non al botteghino - e che puntualmente anche nel lavoro di Zemeckis appare come poco funzionale alla storia, ma piuttosto come un mero espediente messo lì al fine di suscitare stupore nello spettatore, puntando tanto sull'aspetto visivo e sfiorando a tratti l'autocompiacimento, come nel caso delle interminabili sequenze di volo e degli inseguimenti frenetici e infiniti. La storia in questo caso fortunatamente non ne risente più di tanto, masolo perché alle spalle vi è una sceneggiatura capolavoro come quella di Dickens alla quale, tra l'altro, Zemeckis si è accostato in maniera quasi religiosa, tanto è fedele al testo del 1843.
Altra grave pecca del film è la sua natura fredda; certamente i bambini in sala troveranno divertente l'effetto ottovolante creato dal 3D ma, trattandosi di una pellicola natalizia, sorprende la quasi totale assenza di momenti che rievocano la magica atmosfera del Natale. Solo nel finale viene appena accennata, ma non a sufficienza da non far rimpiangere il già citato "Canto di Natale di Topolino" che a distanza di anni riesce ancora a scaldare e colpire i cuori di tutti, compresi gli Scrooge moderni, cosa che invece l'ultimo Zemeckis non è riuscito a fare. Da questo punto di vista "The Polar Express", seppure nella sua semplicità, aveva una marcia in più.

Visivamente è comunque innegabile che la pellicola sia impeccabile, capace a tratti di raggiungere vette davvero deliziose e sublimi; peccato abbia il non trascurabile difetto di specchiarsi troppo su se stessa.
Tra le note positive merita una menzione particolare l'interpretazione di un Jim Carrey davvero ispirato, la cui famosa mimica viene qui messa al servizio di ben quattro personaggi: oltre al protagonista Scrooge, impersonato in tutte le fasi della vita e gli spettri del Natale passato, presente e futuro, tutti resi in maniera impeccabile e convincente. Tra le tre parti dedicate alle visioni spazio-temporali, quella relativa al Natale futuro, senza dubbio alcuno pare essere quella più suggestiva: il silenzio inquietante dello spettro, l'angoscia e l'incognita delle visioni future e la visione dei due bambini, simboleggianti l'ignoranza e la miseria, tutto qui appare appare ben riuscito e convincente, sia a livello visivo che a livello emotivo. Così come è altrettanto convincente e di spessore la colona sonora composta e curata dal due volte candidato al premio Oscar Alan Silvestri, che riesce a combinare magistralmente sonorità inquietanti, che accompagnano le non poche sequenze dark, ad altre invece più rincuoranti e delicate. Il tutto impreziosito dalla traccia "God Bless Us Everyone", interpretata dal "nostro" Andrea Bocelli. Almeno dal punto di vista melodico, la magia del Natale è stata salvata.

God bless Christmas!

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Recensione a cura di Luke07 - aggiornata al 23/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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