Voto Visitatori: | 6,96 / 10 (13 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 8,00 / 10 | ||
François Ozon è un regista che si diverte a rappresentare l'improbabilità realistica di drammi possibili, con occhio tanto affettuoso quanto sarcastico nei confronti dei suoi personaggi. Il suo è un cinema ossimorico, che funziona con i corto circuiti morali e sentimentali personali e del pubblico a cui si rivolge non senza evidente provocazione.
Angel è una bella ragazza dei sobborghi londinesi di fine ottocento/primi del novecento. Orfana di padre e umile di origine, Angel evade dalla sua modesta realtà con la fervida e galoppante fantasia di cui dispone in abbondanza. Tutto il suo contesto sociale più prossimo (famiglia e scuola), esercitando la propria funzione educativa in atavica osservanza del ruolo "subalterno" che gli è stato predestinato, non può che frenare realisticamente gli slanci poco umili di Angel, che sogna di vivere nella lussuosa dimora aristocratica nella quale il destino le ha riservato un futuro da serva, come è stato per sua zia prima di lei.
Eppure la fantasia di Angel è così irrefrenabile da esprimersi materialmente in una scrittura fiume, che si traduce in un precoce quanto pruriginoso romanzo. Naturalmente d'appendice. Un acuto e distinto editore, da ottimo impresario, fiuta le enormi potenzialità economiche di questo genere letterario, cosicché Angel Deverell diventa ben presto una nota scrittrice di romanzi "rosa", precursore della letteratura di consumo propria del secondo novecento.
Angel realizza la sua nemesi trasfigurando se stessa nelle eroine dei romanzi che scrive, fino a coronare il sogno ossessivo della sua vita: acquisire quella lussuosa dimora dall'eloquente nome di "Paradise House" tanto agognata sin dall'infanzia. Il successo le permette di entrare nell'alta società londinese, ma non di perdere i tratti marcati di ragazza impertinente e dai gusti discutibili, riflusso inestinto delle proprie umili origini; le dà, soprattutto, un senso di potere che la donna con difficoltà riesce a dominare. Angel è sempre più arrogante e dispotica e Ozon, che in questo è maestro inarrivabile, ce la mostra per quel che è: una creatura adorabilmente antipatica e insopportabile.
Il romanzo che Angel ha scritto per sé prevede che in quel magnifico palazzo ci debba entrare, come un moderno principe azzurro, un uomo che incarni la passione delle sue eroine d'inchiostro. Il pittore fallito che la sedurrà sembra perfetto per il ruolo che dovrà ricoprire nel disegno letterario-esistenziale di Angel. Come ubriacone bohémien il pittore è l'uomo che Angel può dominare e manipolare col suo potere fatto esclusivamente di denaro. E l'uomo non deve certo farsi pregare per approfittare dell'occasione. A Ozon, invece, la figura di un fallito, pur se sotto le sembianze fascinose di un artista maledetto, o quasi, serve a minare dall'interno un impianto narrativo, morale e psicologico apparentemente sublime, ma strutturalmente marcio e perverso.
Con l'entrata in scena del pittore, Angel sembra aver completato il romanzo di se stessa; il coronamento del suo sogno (d'amore, ma piuttosto di eroina di un romanzo) avviene con uno zuccheroso e romantico bacio al tramonto - come sfondo dipinto - che rimanda, in una geniale e sarcastica citazione, al più famoso abbraccio della storia del cinema: quello tra Clark Gable e Vivian Leigh di "Via col vento". L'eccezionale carica di sensualità e di erotismo di cui sono pregne le pagine dei suoi romanzi può trovare finalmente piena espressione anche nella realtà.
E' l'apice della realizzazione del personaggio Angel/eroina letteraria e della crudeltà ideologica di Ozon. Tutto ciò che è stato creato è pura finzione, invenzione letteraria. L'esistenza di Angel è tanto falsa quanto improbabile, proprio come quella dei feuilleton da lei composti.
Il regista si diverte, irriverente, a mostrare il substrato concettuale della finzione rendendolo palese al limite del ridicolo: in questo senso l'uso degli sfondi, che scorrono dietro in sovrimpressione nelle scene delle passeggiate in carrozza, è un vero tocco di genio e di meravigliosa perfidia. Ozon ama i suoi personaggi, e si vede, ma al contempo adora anche distruggerli, caricaturalizzandoli con gustosa ironia. Ed ecco che vediamo (e apprezziamo) la splendida Angel, al culmine della sua felicità dopo una notte d'amore col suo uomo, scivolare giù dal letto nuda e andare a scrivere altre pagine del suo romanzo, in un impeto di ispirazione irrefrenabile: la macchina da presa la segue delicatamente e ci fa condividere la serenità e la soddisfazione di Angel, come in una vera e propria "pellicola dell'amore" (a proposito di citazioni, ve la ricordate l'espressione sognante di Tiziana Lodato nel tornatoriano "L'uomo delle stelle"?), come in una moderna soap-opera. Senza stacchi, in piano sequenza, la mdp si riallontana da lei, carrellando all'indientro fino a mostrarci Angel di spalle, seduta nuda alla sedia dello scrittoio. Lo schienale occulta parzialmente la sua schiena, ma nello scorrere indietro verso il totale la mdp ci rivela in tutto il suo splendore il bellissimo fondoschiena di Angel. È un quadretto tanto sensuale e delizioso, quanto significativo. In quel sedere c'è tutto il cinema e il pensiero di Ozon, oltre che la chiave di lettura di questo film: l'irriverenza come cifra stilistica e la demolizione di un genere letterario e cinematografico, popolare e fittizio, in auge da oltre un secolo. Mai un culo è stato così cinematograficamente simbolico e metaforico. Scoperte le carte - e non solo quelle...- Ozon punta dritto al suo obiettivo di distruggere il mondo (di carta) dei sogni e del romanticismo/sentimentalismo del feuilleton con gusto sadico di autentico guastafeste.
Il film prende ora una piega che vira decisamente sul melodrammatico e sul patetico: l'esistenza dorata e barocca che Angel ha costruito su di sé e intorno a sé inizia a sgretolarsi inesorabilmente. La giovane scrittrice di successo diventa la maschera del suo personaggio che si ostina a recitare contro ogni evidenza nefasta. Il marcio (o semplicemente il risvolto meno sentimentale) su cui si fonda strutturalmente la finzione e il romanzo d'appendice si rivela in tutta la sua devastante tragicità. Angel si avvolge nel suo delirio man mano che la sconfitta le si profila ineluttabile. E nella sconfitta sempre più pesante e imminente, Ozon smussa i suoi toni più irriverenti e concede alla protagonista una forma di compassione che vale quanto un riscatto morale sulla singolare parabola ascendente che ha visto arrivare alla fortuna questa donna. Perpetrando il proprio delirio (d'evasione, che è anche eversione, trasgressione al proprio destino sociale) Angel raggiunge un sorta di catarsi definitiva ed assomiglia, per paradosso, a qualcosa di più umanamente autentico: ha compiuto se stessa nel romanzo al quale ha potuto scrivere la parola fine così come ha sempre sognato. Ma con la fine delirante di Angel, Ozon ha ucciso - con grande sollievo - anche le tante Rossella O'Hara dei romanzi rosa e dei fotoromanzi, ha demolito Tara e irriso "Via col vento" come telenovela patinata e galleria di mostri e orrori dal volto romantico.
Per chi conosca sufficientemente la filmografia del regista non sarà difficile scorgere una sottotraccia "lesbo" (anch'essa irriverente) presente in questo e in altri suoi film. E' un uso concettuale dell'omosessualità come elemento eversivo rispetto ai canoni tradizionali - e spesso stereotipati - delle relazioni tra i protagonisti, funzionale a disvelarne ipocrisie e falsità spesso occultate dietro le maschere omologate e di successo delle trame perbeniste.
Romola Garaj presta il suo corpo e le sue smorfie alla sensuale eroina Angel, rendendosi antipatica e adorabile quanto necessario al suo personaggio così complesso e contraddittorio. Personaggio creato dalla penna di Elizabeth Taylor, che non è la Liz di Cleopatra, anche se alcune circostanze biografiche porterebbero a pensarlo...
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Recensione a cura di gerardo - aggiornata al 23/11/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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