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Billy Brown esce di prigione con l'intento di togliere la vita all'ex giocatore dei Buffalo Bills che, truccando una partita su cui lui aveva scommesso, l'aveva costretto ad autoaccusarsi di un crimine non commesso perché impossibilitato a pagare la cifra che doveva all'allibratore.
Un film veramente molto particolare questo primo parto registico del grandissimo Vincent Gallo, attore ed autore davvero talentuoso e unico nel panorama cinematografico odierno. Allontanandosi anche con fare polemico dagli stilemi hollywoodiani, Gallo costruisce un film che fa dell'indipendentismo formale e tematico il suo stendardo. Traendo spunto da molte delle sue vicende personali, soprattutto quelle familiari, Gallo si concentra sul ritratto di questo straordinario personaggio, da lui stesso magistralmente interpretato, che attraverso le sue nevrosi, la sua incapacità a comunicare con le persone che ama, oltre ad amare in primis (perché in realtà mai veramente amato), ci offre un percorso formativo di forte presa emotiva e intellettiva che permette allo spettatore di intrattenersi piacevolmente non solo con l'evoluzione del personaggio e della storia che lo vede come protagonista, ma anche con lo stile con la quale questi due aspetti prendono vita sullo schermo.
Ecco che allora i vari split-screen, che quasi sempre partono proprio dal viso del ragazzo come dei piccoli quadratini sullo schermo per poi diventare sempre più grandi, mostrandoci i ricordi più o meno dolorosi oltre che l'immaginazione di Billy, costituiscono il tratto distintivo di questa pellicola, arricchita anche da un'ottima regia che scruta perfettamente non solo i personaggi ma anche gli asfissianti e stretti ambienti che li circondano.
Di notevole interesse anche la colonna sonora composta e ideata dallo stesso Gallo, che tra l'altro si è occupato anche della sceneggiatura.
Un film, "Buffalo '66", quasi interamente poggiante sulle spalle di Gallo, che offre un'impareggiabile opportunità di saziarsi di buon cinema senza assistere a facili espedienti narrativi o abusati orpelli stilistici, estetici e formali. Seguendo le orme di quest'uomo che si ritrova ad affrontare tutti i rapporti irrisolti della sua vita, facciamo la conoscenza di una serie di personaggi molto suggestivi oltre che emblematici, a partire dai due strambi e quasi deprecabili genitori (interpretati dai bravissimi e adeguatissimi Ben Gazzara e Anjelica Huston), che accolgono il figlio dopo cinque anni di assenza come se niente fosse, continuando ad ignorarlo e addirittura incolpandolo inconsciamente di un avvenimento assurdo come il fatto di essere nato proprio il giorno in cui i Buffalo hanno vinto una partita dopo anni e anni di sconfitte.
Completano il quadro l'amico "tonto" ma di buon cuore e seriamente affezionato a lui e una giovane ragazza incontrata per caso che scombussolerà tutti i suoi già precari e labili equilibri (una burrosa e dolce Christina Ricci), conducendolo inconsapevolmente a fare i conti con la sua esistenza e con l'inesistenza all'interno di essa di veri e genuini rapporti interpersonali.
Emblematiche a riguardo, oltre che singolarmente e straordinariamente girate e montate, due sequenze come quella a tavola coi genitori di Billy (la ragazza infatti deve fingere di essere la moglie del protagonista, perché questi ha sempre mentito circa la sua permanenza in carcere, facendo credere loro di avere un ottimo lavoro e una bella famiglia) e quella nella stanza d'albergo in cui il ragazzo prova timore e quasi "repulsione" a qualsiasi forma di contatto umano (in questo caso della ragazza che palesemente si è innamorata di lui), che sia uno sguardo, una carezza, un bacio, una tenera stretta di mano. A concludere questo percorso che, pur in maniera molto originale e apprezzabile, non fa altro che comunicare l'importanza dei sentimenti, in primis dell'amore per vivere appieno una vita felice e tranquilla, arriva la geniale sequenza all'interno del locale di spogliarelliste gestito dall'ex-giocatore dei Buffalo Bills, colui che per Billy è metafora del fallimento della sua vita (una sequenza che toglie letteralmente il fiato).
Impreziosito anche da camei di classe come quelli di Mickey Rourke (nel ruolo dell'allibratore) e Rosanna Arquette (in quello di una ex- compagna di scuola di Billy di cui lui è sempre stato innamorato ma mai ricambiato, anzi deriso), "Buffalo '66" rimane impresso perché riesce ad emozionare e a coinvolgere pur nella sua rigorosa e fiera posizione di allontanamento dagli stilemi del genere drammatico-biografico (che indubbiamente è composto da rappresentanti degni e in alcuni casi degnissimi di nota), dimostrazione apprezzabilissima del talento naturale e geniale del giovane cineasta Vincent Gallo.
Ecco che allora, grazie al suo stile inusuale e raro, può permettersi di concludere la pellicola con un happy-ending sancito da un idilliaco, semplice, emozionante e romantico fotogramma, dove tutti i succitati aggettivi sono utilizzati nella loro accezione positiva.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 03/03/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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